Piani di emergenza esterna, chi li ha visti?

ABRUZZO. Dopo l’esplosione che ha ucciso tre operai a Casalbordino si torna a parlare dell’applicazione delle Direttive Seveso. Che prevedono massima partecipazione e pubblicità dei Piani di Emergenza Esterna. Acerbo (PRC): «non si trova piano dello stabilimento sul web, la pagina apposita sul sito della Prefettura di Chieti è ferma al 2008.»

Piani di emergenza esterna, chi li ha visti?
La pagina del sito web della Prefettura di Chieti dedicata ai piani di emergenza esterna

Ci sono momenti che pesano più di una vita intera, secondi in cui l’esistenza di comunità intere trovano una curva in cui svolta per sempre. Basta un secondo e tutto cambia, nulla rimarrà come prima. La storia d’Italia è piena di questi momenti, la storia industriale e ambientale abbondano di stabilimenti, discariche, impianti, fiumi, mari e tanto altro che hanno spazzato via e avvelenato comunità e continueranno a farlo per secoli.

Uno dei luoghi simbolo è Seveso, poco più di ventimila abitanti nell’attuale provincia di Monza e Brianza. Un comune ricco sicuramente di storia, bellezze, vite ma che è passato alla storia per il 10 luglio di quarantaquattro anni fa: quel giorno una nube della diossina più pericolosa conosciuta, fuoriuscita dalla Icmesa, investì una vastissima area. In una città spettrale, raccontano le cronache dell’epoca, chi raccoglieva campioni da analizzare vagava tra le case vuote ed esposte alla diossina, tra animali morti, il silenzio rotto solo dalle comunicazioni radio.

Sei anni più tardi i governi europei, dopo il disastro di quel giorno, vararono la prima direttiva che impone l’identificazione e una speciale regolamentazione e controllo degli «impianti a rischio di incidente rilevante». Direttive, alla prima ne seguirono altre due, che prevedono il coinvolgimento di tutti gli enti locali (Comuni, Regioni, Province), dei Vigili del fuoco e delle Prefetture.

La classificazione degli «impianti a rischio di incidente rilevante» fu introdotta in Italia con decreto del presidente della Repubblica n.175 del 17 maggio 1988, che recepiva nell’ordinamento italiano la direttiva 82/501/CEE, la prima «Direttiva Seveso». Prevede che la popolazione sia consultata e informata, a conoscenza dei rischi e ci siano appositi piani a disposizione in caso appunto di «incidente rilevante», «il prefetto, d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa consultazione della popolazione e nell’ambito della disponibilità finanziarie previste dalla legislazione vigente, predispone il piano di emergenza esterno allo stabilimento e ne coordina l’attuazione».

L’articolo 2 del decreto n.139/2009 prevede che «il prefetto, ai fini di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 334 del 1999, nel corso della predisposizione del piano di emergenza esterno e comunque prima della sua adozione procede, d’intesa con il comune, alla consultazione della popolazione per mezzo di assemblee pubbliche, sondaggi, questionario, altre modalità idonee, compreso l’utilizzo di mezzi informatici e telematici».

Dopo una settimana non si registra nessuna reazione o replica dalle istituzioni, in primis la Prefettura, chiamate in causa dall’ex parlamentare ed ex consigliere regionale.

L’elenco degli stabilimenti a rischio in ogni regione è pubblico, disponibile sul sito del Ministero dell’Ambiente: qualsiasi cittadino può accedere alla pagina dedicata, cliccare sulla propria regione e consultare l’elenco. In Abruzzo gli impianti classificati sono, attualmente, 23, un elenco aggiornato al 30 settembre di quest’anno.  

Tra questi c’è lo stabilimento per la «produzione, distruzione e stoccaggio di esplosivi» della «Esplodenti Sabino» a Casalbordino dove un’esplosione una settimana fa ha ucciso tre operai. All’indomani della morte dei tre operai il segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo ha riacceso i riflettori sull’applicazione delle direttive Seveso in Abruzzo. «In Abruzzo – sottolinea il comunicato di Acerbo - negli anni sono emerse gravissime falle nell'applicazione della Direttiva Seveso e delle norme italiane di recepimento (in ultimo il D.lgs.105/2015). Penso al caso dei laboratori di fisica del Gran Sasso e, nel chietino, a quelli dello stoccaggio Stogit di Cupello, vicino a Vasto, per i quali i Piani di Emergenza Esterni sono stati predisposti dalle prefetture solo dopo gli esposti delle associazioni e dopo anni di omissioni».

Acerbo sottolinea di aver consultato il sito web del Comune ma di non aver trovato il Piano di Emergenza Esterno dello stabilimento, «neanche con il motore di ricerca in google» eppure «dovrebbe essere facilmente reperibile da qualsiasi cittadino anche non esperto di internet», e che sul sito web della Prefettura di Chieti «la pagina sui Piani di Emergenza Esterni è ferma al 2008».  «Ritengo – conclude il segretario nazionale di Rifondazione Comunista - che in Abruzzo la questione della direttiva Seveso sulla prevenzione degli incidenti sia assolutamente sottovalutata da parte di prefetture, comuni e altri organi della pubblica amministrazione quando vi dovrebbe essere non solo un'applicazione ferrea degli obblighi, delle tempistiche ecc ma anche una gestione pro-attiva del rischio assieme a cittadini e lavoratori».

Gli anni passano e la situazione appare immobile, tutto passa e nulla cambia. Sei anni fa, nel luglio 2014, furono l’Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo ad accendere i riflettori e portare avanti un monitoraggio delle pubblicazioni dei Piani di Emergenza Esterna sui siti web istituzionali abruzzesi, all’indomani del secondo incidente grave in uno stabilimento di fuochi d’artificio in meno di un anno. «Su decine di siti web di Enti coinvolti solo 5 – scrissero le Associazioni - hanno pubblicato Piani di Emergenza Esterni di stabilimenti presenti nel proprio territorio per un totale di soli 8 piani a disposizione della cittadinanza. Da notare che la quasi totalità delle pubblicazioni è avvenuta su siti web della prefettura e di comuni della Provincia de L’Aquila».

Quattro anni prima, ricordarono Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink, accessi agli atti «presso la Regione, i Comandi Provinciali e Regionale dei Vigili del Fuoco, le Province, le Prefetture e i Comuni ebbe pochissime risposte, in alcuni casi fu alquanto laborioso (in un caso per avere un documento che la normativa impone sia di dominio pubblico si è dovuto arrivare quasi a minacciare di adire le vie legali) e in un Comune, addirittura, gli stessi uffici comunali non conoscevano la normativa e che uno stabilimento a rischio di incidente rilevante fosse presente nel proprio Comune». «Anche la sola circostanza che, per avere copia dei Piani di Emergenza Esterna, per quasi tutti gli stabilimenti sia stato necessario un accesso agli atti (quando, invece, la legge stabilisce che essi devono essere facilmente reperibili in ogni momento e a totale disposizione dei cittadini) – la conclusione - è esemplare della situazione».

 

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