Processo Agostino, sentito in aula Bruno Contrada

Nell'udienza dell'8 febbraio, è stato ascoltato in qualità di testimone al processo per l'omicidio dell'agente Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, l'ex dirigente del SISDE Bruno Contrada, protagonista di una stagione di misteri. Contrada si è sfilato dai fatti oggetto del processo e ha difeso Guido Paolilli, rispondendo anche alle domande su Giovanni Aiello "faccia da mostro" e Arnaldo La Barbera.

Processo Agostino, sentito in aula Bruno Contrada
Bruno Contrada

Minimizza, Bruno Contrada, sui fatti oggetto del processo per l'omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio. Minimizza e ridimensiona, a partire dal gruppo di lavoro messo su con la Criminalpol per catturare Bernardo Provenzano, che per lui non ha niente a che fare con i gruppi interforze che in quegli anni miravano alla cattura dei latitanti. Non ha mai sentito parlare, Bruno Contrada, del GIRL (Gruppo interforze per la ricerca dei latitanti), né di un prezzario accanto ai nomi dei mafiosi più ricercati d'Italia. Esistevano solo delle ricompense per gli agenti che mettevano a segno degli arresti, anche se Massimo Grignani, ex capocentro dei servizi di Palermo, tra i cui collaboratori c'era l'agente ucciso Emanuele Piazza, in una sua testimonianza aveva parlato dell'esistenza del documento: “Grignani era un funzionario di livello inferiore, non rappresenta niente nell'ambito del SISDE”.

E cerca anche di sfilarsi immediatamente dal caso: “non ho mai sentito parlare di un agente di nome Nino Agostino fino al 5 agosto 1989”, giorno del delitto. Giorno nel quale in un primo momento aveva detto di trovarsi a Roma, ma poi dalle sue agende è emerso che aveva invece fissato un incontro a Mondello.

Bruno Contrada conosceva bene Guido Paolilli, sentito nella scorsa udienza come testimone, che “era uno dei migliori agenti mai avuti, molto bravo a procurarsi confidenti”. Paolilli gli parlò per la prima volta di Nino Agostino nel 1996, dicendogli di essere un amico di famiglia. In quell'occasione, Paolilli gli disse che Nino gli aveva confidato che "se gli fosse successo qualcosa, aveva degli appunti conservati a casa". Particolari che l'ex agente di polizia avrebbe riferito ad Arnaldo La Barbera che a quel punto avrebbe deciso di richiamarlo a Palermo per aggregarlo alle indagini. Dichiarazioni che per altro contrastano con quanto affermato dallo stesso Paolilli, che aveva detto davanti alla Corte di essere tornato nel capoluogo siciliano perché il padre della vittima, Vincenzo Agostino, aveva fatto pressioni per averlo nella squadra che indagava sulla morte del figlio. 

Paolilli avrebbe anche detto a Contrada che c'erano delle persone nella famiglia della fidanzata (e poi anche in quella della futura moglie) di Nino in odor di mafia. “Paolilli me lo fece intuire che era una questione di donne”.

Ma ad essere sminuita dalle parole di Contrada è anche la figura di Giovanni Aiello. In un verbale del 2008, lo stesso ex dirigente del SISDE aveva spontaneamente parlato di un uomo con la faccia da mostro (ci si sarebbe riferiti ad Aiello con questa espressione solo a partire dal 2009) che, secondo un pentito, poteva aver sparato a Nino Agostino da una motocicletta. In quell'occasione, ha confessato Contrada, non pensò assolutamente a Giovanni Aiello, anche perché “alla Mobile era solo un numero”, uno che contava poco.

Paolilli non mi ha mai fatto riferimento ad Aiello”, ma qui la domanda sulla telefonata del 2014, in seguito all'intervista rilasciata al giornalista Walter Molino, era scontata: perché Paolilli sentì il bisogno di chiamare proprio Contrada per raccontargli della conversazione con il giornalista, che aveva toccato, tra gli altri argomenti, proprio Giovanni Aiello? “Perché mi chiamava spesso, aveva fiducia in me. Io lo rimproverai per aver detto tutte quelle cose a un giornalista”. Ma era vero che “Aiello portava fuori le notizie”? “Forse lo pensava Paolilli, ma no”.

Come sarebbe stata una ricostruzione assolutamente priva di fondamento anche quella secondo cui Paolilli avrebbe arruolato Nino Agostino proprio tramite Contrada.

Per quanto riguarda invece i suoi rapporti con Arnaldo La Barbera, il testimone ha detto di non averne mai avuti, né di aver svolto con lui lavori di collaborazione. “Ci saremmo visti due o tre volte”. E quando il pm Nico Gozzo gli ha chiesto se sapesse dei rapporti di collaborazione di La Barbera con il SISDE, Contrada è scattato: “è inconcepibile per un funzionario di polizia”, forse percepiva delle “retribuzioni”, cosa che si usava fare nell'ambito dei servizi di sicurezza, ma “non era un collaboratore”.

L'unico momento in cui il testimone ha un po' perso le staffe è stato quando l'avvocato dell'imputato Gaetano Scotto, Pino Scozzola, gli ha chiesto se fosse mai stato in vicolo Pipitone, come riferito da Galatolo e come riportato anche da Francesco Onorato nella sua testimonianza: “sarei stato un imbecille, un idiota, un incapace”. Contrada ha detto di aver querelato Galatolo per la grave diffamazione e ha specificato di non aver mai conosciuto Gaetano Scotto

Inoltre, non avrebbe mai incontrato Alberto Volo e mai indagato sull'attentato all'Addaura. E sulla possibilità che ci fosse stata una sede del SISDE a Castello Utveggio (il palazzo ubicato su Monte Pellegrino da cui si ha una visuale perfetta di via D'Amelio) ha convintamente negato. 

Ma chi c'era invece all'agenzia SISDE di Trapani negli anni in cui pare vi si recasse di frequente Agostino? Sul punto Contrada si è trincerato dietro il silenzio: “non sono autorizzato a fare i nomi”. 

 

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