Scarpinato: «le stragi si depistano perchè non sono solo di mafia»

STRAGI DI MAFIA. Il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, è intervenuto alla Festa de Il Fatto Quotidiano, tracciando un quadro inquietante dello stragismo nel nostro Paese. Perché si depistano le stragi di mafia? "Perché non sono solo stragi di mafia".

Scarpinato: «le stragi si depistano perchè non sono solo di mafia»
Roberto Scarpinato alla Festa de Il Fatto Quotidiano (ilfattoquotidiano.it)

È nel "Gioco grande" che il potere riesce a conservare se stesso. Quello stesso "gioco grande" di cui parlava Giovanni Falcone trent'anni fa e che il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha rievocato nel suo intervento alla Festa de Il Fatto Quotidiano, intervistato da Marco Lillo e Antonio Padellaro. Un "gioco" dalle regole complesse, nel quale si rintracciano quelle zone d'ombra in cui mafia e apparati di potere dialogano e trattano. Non da ieri, non dal '92, ma sin dalla nascita della Repubblica. La strage di Portella della Ginestra del 1947 rappresenta la prima di una lunga serie di delitti in cui la matrice mafiosa è solo una delle tante in gioco. Una serie di attentati che, ha sottolineato il procuratore, "non ha eguali in nessuno dei Paesi europei".

La nostra è una "Repubblica delle stragi", come rievoca il titolo di un libro a cura di Salvatore Borsellino. Una Repubblica la cui storia è attraversata da un filo insanguinato alle cui estremità mafia, massoneria, eversione nera e apparati dello Stato si sono aggrappati nel corso degli anni. E queste stragi hanno tutte un denominatore comune: i depistaggi.

(foto Rita Rossi, Agende Rosse)

Ma la domanda del procuratore è proprio questa: perché si depista?

Per "nascondere delle verità inconfessabili". Per "occultare i mandanti politici" che sono dietro a quelle stragi. Per "celare la causale politica sottostante la causale apparente". 
Nella stagione delle bombe del 1992-93 si è ripetuto lo stesso copione: sono stati sottratti documenti essenziali alla ricostruzione della verità e si è cercato di sviare le indagini per salvare segreti indicibili. È successo per la perquisizione del covo di Riina, per l'omicidio Agostino, per l'assassinio del collaboratore Luigi Ilardo, per il "suicidio" di Antonino Gioè in carcere, per la strage di via D'Amelio. Un quadro che, a leggerlo nel suo insieme, fa davvero impressione. E Scarpinato arriva dritto al punto: "perché si depistano le stragi di mafia? Perché non sono solo stragi di mafia".

Dietro quegli attentati c'è il braccio armato della criminalità organizzata, ma ci sono anche altre mani. Mani che miravano a destabilizzare il sistema. Con la solita lucidità di analisi, il procuratore traccia il profilo di quella stagione storica che ha portato al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.  Il governo Ciampi si insedia alla fine di aprile del 1993. Di pochi giorni dopo, il 14 maggio, è l'attentato di via Fauro ai danni di Maurizio Costanzo. Neanche due settimane più tardi arriva la strage dei Georgofili di Firenze. Il 2 giugno, nei pressi di Palazzo Chigi, viene trovata una bomba, fortunatamente mai esplosa. E di questo episodio, ricorda Scarpinato, "nessun collaboratore ha mai parlato".

Il 27 luglio arrivano le bombe di Roma e Milano e il black-out a Palazzo Chigi che fa temere a Ciampi il tentativo di colpo di Stato. Un evento eccezionale che è rimasto ancora oggi senza risposta e che lascia spazio a più di qualche interrogativo. Perché quel black-out poteva essere realizzato "solo da una centrale telefonica nazionale dove operava una struttura del SISMI". E le epurazioni successive nel Servizio per le informazioni e la sicurezza militare non possono essere un caso. L'intervento degli apparati dello Stato nelle stragi eccellenti finisce però per essere semplice dietrologia. Questo Paese non riesce ancora a fare i conti con il proprio passato. Perché il Gioco grande è ancora in corso

"Esistono due storie - diceva Balzac, come ha ricordato il procuratore - la storia che leggiamo sui libri, che è una storia menzognera, e la storia reale, che non si può raccontare perché chiama in causa il potere e la criminalità del potere." E l'Italia, sottolinea Scarpinato, "è un Paese unico in questo senso".

Ci si è serviti di stragi, omicidi eccellenti, suicidi misteriosi, per "falsare il gioco politico". E questo meccanismo "rimarrà ignoto alla maggior parte dei cittadini, perché il sapere non è innocente". Perché non si riescono a fare i processi? "Perché per fare i processi ci vogliono le prove e le prove non ci sono perché le fanno sparire".

Perché Graviano non collabora? "Perché lo ammazzano dentro la cella, come gli altri. Oppure uccidono uno dei suoi figli". La storia di questo Paese insegna che non bisogna mai mettersi contro il potere vero, che è come l'araba fenice che risorge dalle sue ceneri.

Il Gioco grande non si è interrotto. E finché politica e società civile non ne prenderanno coscienza, sarà difficile invertire la rotta. Più che dinanzi ad un cortocircuito del sistema, siamo difronte a un "dramma della democrazia". Che attraversa la nostra epoca lasciandoci del tutto indifferenti.

 

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