Sevel di Atessa, stop produttivo fino al 29 marzo

Dopo una conferenza online con i sindacati l’azienda ha comunicato il prolungamento di una settimana dello stop produttivo. Intanto cresce la mobilitazione per chiedere l’immediato fermo di tutte le attività produttive non essenziali, tra cui le fabbriche.

Sevel di Atessa, stop produttivo fino al 29 marzo
la petizione dell'USB rivolta alla Regione, alle Asl e alle prefetture

Sospensione delle attività lavorative fino al 29 marzo con il ricorso alla cassa integrazione. Questa la comunicazione ufficiale giunta in tarda mattinata dalla proprietà di Sevel, la più grande fabbrica metalmeccanica della zona industriale in Val di Sangro. Ieri l’azienda aveva fatto richiesta di cassa integrazione straordinaria per 9 settimane, il massimo previsto dal recente decreto «Cura Italia».

Ieri l’azienda si è garantita la possibilità di accedervi, ma sarà solo col passare delle settimane che verranno prese decisioni, non è automatico che tutte le 9 settimane verranno effettivamente attivate. Attualmente la scelta è stata di prolungare solo di una settimana lo stop già stabilito fino a domenica prossima (https://www.wordnews.it/coronavirus-fermo-produttivo-alla-sevel-di-atessa) con la cassa integrazione straordinaria che ha partenza retroattiva dal 12 marzo.

Giordano Spoltore dello Slai Cobas, sindacato che ha anche inviato una diffida (https://www.wordnews.it/tutela-dei-lavoratori-arriva-la-diffida-di-slai-cobas) a tutela della salute dei lavoratori di fronte l’emergenza coronavirus, ci ha confermato l’attenzione del sindacato di base alla situazione in Sevel e alla priorità per salute e sicurezza da parte loro. Il 30 marzo alla ripresa produttiva se non ci saranno le giuste garanzie lo Slai Cobas «provvederà come nella giornata del 17 marzo a mettere in pratica opportune misure a tutela nell' interesse dei lavoratori e dei cittadini» quando, all’annuncio della ripresa, Slai Cobas e Usb proclamarono lo sciopero immediato con un’altissima adesione tra i lavoratori che in poche ore ha portato la proprietà ad un nuovo stop. Per ora prolungato fino al 30 marzo ma con possibilità successive.

L’Unione Sindacale di Base «considera positivo questo nuovo post chiesto con forza – ha dichiarato Romeo Pasquarelli, dipendente della Sevel e componente regionale del sindacato – per cercare di arginare la diffusione della pandemia coronavirus anche perché vediamo che la sanità abruzzese non è in grado di rispondere».

Prima della ripartenza dell’attività produttiva prosegue Pasquarelli «la Asl e tutti gli enti competenti dovranno fare tutti i controlli preventivi necessari» e da subito il Presidente della Regione Marsilio, che nei giorni scorsi ha firmato il decreto che ha istituito nella vallata del fino tra le province di Teramo e Pescara la prima «zona rossa» in Abruzzo, deve assumersi «le proprie responsabilità in materia» visto che la vastità degli agglomerati industriali espone a forti pericolosi di diffusione del covid19.

In conclusione della dichiarazione rilasciata a Wordnews il rappresentante sindacale dell’Usb ha ricordato con la forza «tutti i lavoratori che vivono il ricatto implicito della precarietà» e la petizione lanciata nella giornata di ieri dal sindacato.

Un’iniziativa online (https://www.change.org/p/presidenza-del-consiglio-dei-ministri-governo-italiano-emergenza-coronavirus-chiudere-le-aziende-in-val-di-sangro?recruiter=471224522&utm_source=share_petition&utm_campaign=share_for_starters_page&utm_medium=whatsapp&recruited_by_id=4bc18d60-bfe5-11e5-a3ea-d3dd6f5958d0) che in poche ore ha registrato centinaia di adesioni rivolta al presidente Marsilio, alle quattro prefetture e alle asl abruzzesi per chiedere «la chiusura immediata di tutte le aziende che non producono beni di prima necessità, con copertura salariale attraverso gli ammortizzatori sociali», alle Asl di effettuare « controlli preventivi prima della riapertura di ogni azienda per verificare il rispetto delle norme di sicurezza previste» e  i necessari «controlli sanitari rigorosi, al fine di accertare l'applicazione delle nuove misure di prevenzione per il contenimento del contagio» nelle aziende che producono beni di prima necessità e che quindi non si possono chiudere. Una proposta nella stessa direzione è arrivata ieri, dopo che la richiesta di Sevel della cassa integrazione straordinaria, dai segretari nazionali e regionali di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo e Marco Fars con la richiesta a Marsilio di dichiarare «zona rossa anche la Val di Sangro e i poli industriali» perché «Migliaia di lavoratori che tutti i giorni si muovono, si recano a lavoro, tornano a casa dopo aver condiviso luoghi a rischio, mettono palesemente in contraddizione il principio di dover stare tutti a casa per tutelarci dal virus» e «ogni giorno perso è un giorno in più che si concede al virus per riprodursi e diffondersi».  

La situazione è in via di evoluzione anche in altre fabbriche della zona industriale di Atessa, alla Hydro Building System Fim Cisl e Fiom Cgil hanno proclamato 8 ore di sciopero per ciascun turno lavorativo e 4 ore previste per domenica 22 marzo chiedendo di «ridurre o evitare la presenza del personale in azienda al fine di scongiurare il rischio di contagio». Lo stabilimento della Honda chiuderà i cancelli lunedì 23 prevedendo per ora la riapertura venerdì 3 aprile.

Anche la politica regionale si sta interrogando sulla situazione. Oltre la presa di posizione del sindaco di Atessa Giulio Borrelli, riportata nel nostro precedente articolo, una forte richiesta con una lettera al Presidente del Consiglio Conte e al presidente della Regione Marsilio è partita da ben 41 sindaci del comprensorio. Una richiesta che Cgil, Cisl e Uil in un comunicato hanno dichiarato di sostenere. I consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle Sara Marcozzi, Pietro Smargiassi e Francesco Taglieri considerano lo stop di Sevel ed Honda «un primo passo fondamentale» e che dopo la chiusura ci dovrà essere l’avvio di «un nuovo modo di concepire la vita dei lavoratori all’interno dell’azienda», migliaia di cittadini che senza le condizioni di sicurezza si esporrebbero al rischio di contagio che potrebbe essere poi importato nei territori di provenienza.

Lo stesso presidente Marsilio, a cui in diversi si stanno rivolgendo per chiedere di intervenire, ha dichiarato che davanti l’avanzare del contagio da covid19 «cresce l’esigenza di fermare tutto ciò non sia indispensabile» e quindi chiederà al governo un nuovo decreto per «imporre la chiusura delle attività non indispensabili».