I morti delle Fosse Ardeatine devono farci ancora male

24 MARZO 1944 - L'eccidio delle Fosse Ardeatine ha segnato una delle pagine più terrificanti per il nostro Paese nel corso della Seconda guerra mondiale. La memoria di quella strage va tenuta viva contro la pratica dell'odio e i tentativi di revisionismo.

I morti delle Fosse Ardeatine devono farci ancora male
Istituto Luce - Manifestazione di protesta contro la liberazione di Kappler, 1976

Entrare coi piedi nella memoria è come entrare in farmacia: mettiamo un paio di cerotti sulle ferite, anestetizziamo il dolore, tamponiamo le lesioni con una benda. La memoria costa fatica, ma è necessaria. “Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo”, ci ricorda José Saramago. “Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

Si esercita poco la memoria, in questo Paese come in altri. Ma ancor di meno qui, perché ogni memoria si porta dietro uno strappo, una lacerazione in cui non tutti hanno voglia di guardare. E poi, la memoria presuppone sempre un tentativo di eclissarla, di insabbiarla. C'è una traccia di revisionismo che più passa il tempo più sgomita per venir fuori, si insinua nei pori della società e getta le radici per sentimenti distorti, imbruttiti.

Per questo la memoria va trattenuta e sorvegliata, qualche volta persino accudita.

Per questo i morti delle Fosse Ardeatine devono sconvolgerci oggi un po' di più dell'anno scorso e dell'anno prima e di quello ancora prima. Perché potremmo scivolare sul terreno sdrucciolevole dell'oblio e cascarci dentro dimenticando chi siamo e da quale strazio siamo venuti al mondo.

Il 24 marzo del 1944, un avviso affisso sui muri di Roma, ancora occupata dai Tedeschi, recitava:

Nel pomeriggio del 23 marzo, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bomba contro una colonna tedesca di Polizia in transito per Via Rasella. In seguito a questa imboscata, 32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. [...] Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato, dieci criminali comunisti saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito. In che proporzione si declina la vita quando fuori c'è la guerra?

Dieci per trentadue soldati morti fa trecentoventi. Ma quel giorno, alle Fosse Ardeatine, ad essere ammazzati furono in trecentotrentacinque: quindici in più del previsto, perché intanto un altro tedesco era morto in ospedale. E altre cinque persone furono prese per sbaglio, ma le fecero inginocchiare lo stesso e gli spararono un colpo alla nuca.

E non c'erano solo i “comunisti badogliani” tra la gente ammazzata alle Fosse Ardeatine. C'erano antifascisti, ebrei, civili e persino un prete.

Si è detto – e c'è chi continua ancora a dirlo, come se guardare in faccia la verità fosse troppo doloroso – che quella gente morì perché i veri responsabili dell'attentato al reggimento Bozen non si fecero mai avanti. Si è detto che il comando tedesco avesse diramato un comunicato per scovare i veri colpevoli e giustiziare loro piuttosto che persone che non c'entravano nulla. Non è vero niente, naturalmente, come hanno appurato i processi successivi. La bomba in via Rasella scoppiò il 23 marzo, il 24 l'ordine era già stato eseguito.

Pare che Adolf Hitler, alla notizia della morte di soldati tedeschi nel centro della capitale, fosse andato su tutte le furie. Aveva dato l'ordine di giustiziare cinquanta persone per ogni tedesco caduto nell'imboscata e radere al suolo tutto il quartiere. Cinquanta persone per ogni tedesco. Il peso inconsistente dell'esistenza sotto il giogo della mostruosità più indicibile.

L'eccidio delle Fosse Ardeatine fu per il comando tedesco anche una questione di pedante burocrazia, una faccenda di numeri da sbrigare nel più breve tempo possibile. Si cercarono le vittime da sacrificare tra i condannati a morte, ma il numero da raggiungere era talmente esorbitante che qualsiasi carcere romano ne era sprovvisto. Così vennero buttate nella mischia persone che non erano ancora state condannate o che sarebbero tornate libere di lì a poco o che erano semplicemente state fermate dalla polizia e parcheggiate nelle carceri per essere sottoposte a botte e torture. Ma toccò anche a settantacinque ebrei e a dieci persone arrestate in via Rasella senza alcuna prova di un coinvolgimento nell'attentato. Gente che ha pagato per la follia degli uomini.

Ma mentre le guerre passano, la follia resta. Sosta nelle pause della storia e prolifera nell'indifferenza dei più, che quando poi se la ritrovano davanti stentano a riconoscerla.

La memoria va usata come argine contro la pratica dell'odio e il proliferare di negazionismi. L'amore bruciante per la libertà va tenuto vivo col ricordo. I morti delle Fosse Ardeatine devono farci ancora male, ogni anno di più.

 

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