Anniversario della strage di Capaci, il precedente di quattordici anni fa

Il 23 maggio 2009 fu strappato uno striscione dei Cobas contro la distruzione della scuola pubblica, una denuncia che «disturbava» la presenza sul palco dei ministri Alfano e Gelmini.

Anniversario della strage di Capaci, il precedente di quattordici anni fa
fonte Wikipedia

Ha avuto un’ampia risonanza pubblica, suscitando molte prese di posizione di sdegno e condanna, quanto accaduto il 23 maggio contro il corteo «Non siete Stato voi, ma siete stati voi».

Fatti che hanno avuto negli anni dei precedenti, in nome di passerelle di Stato e di una narrazione ufficiale che non è consentito «disturbare»: nel 2009, cancellato dalla smemorata memoria di molti e nel silenzio di tanti allora, fu strappato uno striscione dei Cobas Scuola esattamente nello stesso luogo e sempre il 23 maggio. Quell’anno sul palco salirono gli allora ministri Alfano e Gelmini e i Cobas esposero uno striscione di contestazione della distruzione della scuola pubblica e che ricordava un principio di un’antimafia sociale e reale: come disse anche Antonino Caponnetto la mafia «teme» la scuola, una scuola che formi coscienze e costruisce percorsi sociali e di rispetto dei più fondamentali diritti umani. Alcuni esponenti dei Cobas quell’anno furono fermati dalla polizia per ore e rilasciati solo in serata.

Questi i comunicati dei Cobas su quanto accadde.

Oggi pomeriggio intorno alle 17, mentre si svolgevano le celebrazioni per l’anniversario della strage di Capaci in via Notarbartolo a Palermo, è avvenuto un grave attacco alla libertà di espressione, confermando il tragico rafforzamento del regimo autoritario berlusconiano.
Un gruppo nutrito di aderenti ai Cobas era sceso in piazza collacando davanti al palco montato vicino all’albero Falcone uno striscione che recitava: LA MAFIA RINGRAZIA LO STATO PER LA MORTE DELLA SCUOLA”. Uno slogan che sottolinea come la lotta alla mafia deve essere condotta, oltre che sul livello repressivo, anche su quello del miglioramento delle condizioni socio-economiche di una larga parte di popolazione che diviene il bacino di arruolamento e di consenso all’agire malavitoso. Da questo assunto la necessità di un intervento dello Stato verso la garanzia di dignitose condizioni di vita per tutti i cittadini da garantire con un’offerta di servizi sociali (scuola, sanità, trasporti, ecc.), di lavoro o di un reddito minimo garantito.
Gli organizzatori della manifestazione, coloro che hanno portato a celebrare la giornata di oggi i ministri Alfano e Gelmini (diretti responsabili del degrado italiano e, in particolare, del collasso della scuola pubblica) non hanno gradito il punto di vista dei Cobas e di tante altre persone che in piazza hanno solidarizzato con noi, mandando un manipolo di solerti poliziotti a strapparci con la forza dalle mani il nostro striscione scaraventando a terra diverse persone.
Non paga di ciò la polizia ha fermato tre docenti, componenti dell’esecutivo provinciale dei Cobas di Palermo (che secondo le affermazioni del funzionario Digos responsabile dovrebbero essere rilasciati dopo la stesura di un verbale di fermo in questura, perché come tanti altri si erano opposti pacificamente alla rimozione dello striscione).
Con ciò si dimostra vera la nostra idea che le celebrazioni di oggi hanno un carattere meramente formale, che i richiami all’intervento sul sociale per combattere la mafia disturbano, che non è vero che lo Stato è compattamente schierato contro la mafia perche – come ci dicono i media in questi giorni – diversi politici siciliani di alto livello sono indagati per aver comprato i voti che li hanno fatto eleggere da Cosa Nostra.


Sabato 23 maggio 2009 in via Notarbartolo a Palermo, durante la commemorazione del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci, proprio davanti all’albero Falcone decine di agenti di polizia hanno aggredito i lavoratori dei COBAS che mostravano lo storico striscione che da sedici anni viene portato a tutte le manifestazioni antimafia con su scritto: “LA MAFIA RINGRAZIA LO STATO PER LA MORTE DELLA SCUOLA”.
Uno slogan che evidentemente vuole sottolineare come la lotta alla mafia deve essere condotta, oltre che sul livello repressivo, anche su quello del miglioramento delle condizioni socio-economiche di una larga parte di popolazione che diviene il bacino di arruolamento e di consenso all'agire malavitoso. Da questo assunto la necessità di un intervento dello Stato verso la garanzia di dignitose condizioni di vita per tutti i cittadini da garantire con un'offerta di servizi sociali (scuola, sanità, trasporti, ecc.), di lavoro o di un reddito minimo garantito.
L’azione esemplare di Peppino Impastato è alla base del movimento di lotta antimafia, che confligge con l’antimafia di maniera che vede con simpatia lo sventolio delle bandiere di Azione Giovani d’avanti all’albero Falcone e aborrisce lo striscione dei COBAS.
Ben sappiamo che antimafia è lotta sociale e non può scendere a compromessi con le forze più retrive della società che da sempre sostengono e foraggiano il sistema clientelare e mafioso.
Impastato, Pio La Torre, Terranova, Placido Rizzotto e le tante decine di martiri antimafia ci hanno insegnato questo.
Presumiamo che ai notabili dell’antimafia di facciata questo possa dare fastidio perché mette in evidenza l’uso opportunista e di facciata della bandiera antimafia da parte di costoro.
Le forze del disordine nel sequestrare violentemente lo storico striscione antimafia hanno fermato e condotto in questura tre esponenti dei COBAS, i quali sono stati rilasciati in tarda serata.
La violenta reazione delle “forze del disordine” è in perfetta linea con i comportamenti dettati dal “pacchetto sicurezza” già sperimentati contro gli operai di Pomigliano d’Arco in lotta per il lavoro e contro gli studenti dell’Onda a Torino in lotta per la difesa dell’istruzione pubblica.
Mettere l’accento sul fatto che il taglio delle classi, l’aumento degli alunni per classe e il licenziamento di quasi sessantamila insegnati dequalifica la scuola, crea disagio sociale e fornisce sempre nuovi argomenti alla mafia per conquistare i giovani emarginati del meridione per le “forze del disordine” è un atto non tollerabile.
Questo Governo ha bisogno di mettere a tacere la vera opposizione sociale per fare digerire il costo della crisi ai ceti popolari.
Criminalizzare i COBAS, il sindacalismo di base, l’opposizione sociale serve per fare digerire in modo indolore le amare pillole della recessione e lo spostamento dei capitali pubblici dal sociale alle banche e alle imprese.
Infatti, imprese come la FIAT impiegano i capitali pubblici per fondare un impero dell’auto facendone pagare il costo agli italiani ed agli operai di Termini e di Pomigliano.

Per l’Esecutivo Nazionale della Confederazione COBAS Renato Franzitta

L’Associazione Antimafie Rita Atria nei giorni successivi espresse con un comunicato stampa solidarietà ai Cobas, una presa di posizione che denuncia quanto già stava accadendo e su cui in questi giorni si dovrebbe finalmente riflettere e agire di conseguenza. «Non c'eravamo ancora espressi sui fatti accaduti sotto l'albero Falcone il 23 maggio di quest’anno a Palermo [per i dettagli ci affidiamo all’articolo di Repubblica Palermo del 24/05/2009] poiché non eravamo presenti e abbiamo voluto approfondire quanto accaduto. Non c’eravamo perché da anni non condividiamo il mancato coinvolgimento nell'organizzazione delle iniziative di quelle persone storiche dell'antimafia (e non parliamo di noi) mobilitate da decenni nella lotta contro le mafie. Non c'eravamo perché molto spesso la presenza di alcune persone delle istituzioni/politici su quel palco ci ha offeso.
Infatti, troppo spesso sotto l'albero Falcone, un tempo simbolo di riscatto sociale e simbolo di quel periodo indimenticabile in cui i siciliani alzarono la testa, abbiamo visto sfilare politici, tanto di centro destra quanto di centrosinistra, che in questi anni non hanno brillato di certo per coerenza e per volontà politica di fornire mezzi concreti per lottare contro le mafie.
Noi condividiamo la frase sullo striscione dei Cobas in cui c'era scritto: "la mafia ringrazia lo Stato per la morte della scuola" perchè le politiche della ministra Gelmini di fatto svuotano l'impianto scuola. Come negare che una scuola debole e senza mezzi indebolisce l'impianto culturale fondamentale per una vera lotta alle mentalità mafiose. Quindi abbiamo vissuto la notizia della presenza della ministra Gelmini alle commemorazioni del 23 maggio come una provocazione. E che dire della presenza del ministro Alfano (quello del lodo per intenderci). Non c'è scritto da nessuna parte che le commemorazioni si debbano fare necessariamente con le parate istituzionali

«Ci dispiace che da quel palco non si sia levata una voce per fermare tutto questo, avallando quindi quello che stava succedendo. Noi non c'eravamo quel 23 maggio sotto l'albero Falcone perché negli occhi e nella mente abbiamo un ricordo ben diverso che dura fino alla fine degli anni '90... poi tutto si è istituzionalizzato e ci permettiamo di dire che non basta un cognome famoso per ignorare i diritti di quella gente che dell'antimafia ha fatto e fa ragione di vita indipendentemente da quello che gli accade». Questi alcuni passaggi del comunicato dell’Associazione Antimafie Rita Atria che concluse sottolineando che «Memoria non è mero ricordo ma è analisi storica».