Dietro il fuoco ci sono terroristi mafiosi ma in Abruzzo non si può dire (e per questo lo gridiamo ancora più forte)

INCENDI. Anche a settembre è proseguita la devastante stagione degli incendi. Dietro interessi sporchi, criminali, da Sicilia e Calabria all’Abruzzo. Ma in quest’ultima ci si continua vigliaccamente a nascondere dietro balle, frasi fatte e negazionismi.

Dietro il fuoco ci sono terroristi mafiosi ma in Abruzzo non si può dire (e per questo lo gridiamo ancora più forte)
La caldissima estate 2021, con temperature intorno ai 50 gradi da Catania al Canada ad altre latitudini, sono state segnate da vasti incendi in larghe parti del mondo e dell’Italia.
Uno dei più drammatici ha colpito persino la freddissima Siberia. Il 20 luglio il Guardian https://www.theguardian.com/world/2021/jul/20/everything-is-on-fire-siberia-hit-by-unprecedented-burning ha sottolineato che gli incendi stavano bruciando un milione e mezzo di ettari nel nord est della Siberia causando una cappa asfissiante di smog nella regione della Yakutia nell’estate più secca degli ultimi 150 anni.
Il quotidiano britannico ha pubblicato alcune testimonianze degli abitanti che hanno lanciato accuse contro la crisi climatica, i tagli alle guardie forestali, la corruzione e il dolo umano. È la Russia post sovietica di Vladimir Putin ma sembra l’Italia in cui, anche quest’estate, di fronte i terribili incendi che hanno devastato Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise, Abruzzo e altre regioni l’attenzione è tornata sulla soppressione del Corpo Forestale dello Stato stabilito dal governo Renzi, la privatizzazione del servizio anti-incendio con la cronica carenza di canadair (mentre invece le spese per F35 e altri aerei militari ha goduto sempre di incrementi) e la mano criminale dell’uomo.
Secondo i dati dell’European Forest Fire Information System al 10 agosto in Italia gli incendi avevano bruciato 102.933 ettari, un’area vasta come 140mila campi da calcio, nelle stesse settimane Coldiretti ha stimato un aumento del 120% degli incendi.
L’Unione Sindacale di Base di Catania dopo un’assemblea pubblica a Ponte Barca (Paternò), a seguito degli incendi che stavano colpendo il territorio distruggendo intere aziende agricole, ha denunciato «la presenza sempre più aggressiva della mafia nei territori tradizionalmente agricoli». Il sindaco di Grotteria Vincenzo Loiero ha definito al giornalista di Avvenire Toni Mira gli incendi in Calabria «un attacco terroristico al territorio, alla comunità, allo Stato». https://www.avvenire.it/attualita/pagine/attacco-terroristico?utm_medium=Social&utm_source=Twitter#Echobox=1629471418-1
«Abbiamo avuto dieci focolai, sicuramente dolosi, a grande distanza l’uno dall’altro, anche 5-6 chilometri. Così i vigili del fuoco dovevano correre da una parte all’altra. Spegnevano un incendio e ne partiva un altro» il racconto del primo cittadino che ha individuato diversi possibili moventi «dal pascolo agli interessi sull’antincendio». 
Tra le regioni più colpite c’è stata anche l’Abruzzo dove quanto accaduto il 1° agosto - con incendi contemporanei lungo quasi tutta la costa tra Pescara, Ortona, Rocca San Giovanni, Casalbordino e Vasto che hanno colpito soprattutto aree protette, alcune ogni anno nel mirino dei piromani – e la domenica successiva https://www.wordnews.it/incendi-vasto-bruciata-anche-discarica-abusiva-in-via-salce-ripetutamente-documentata-e-denunciata  in cui è stata colpita soprattutto un’area tra Vasto e San Salvo già attaccata negli anni scorsi.
Un inferno di fuoco https://www.wordnews.it/abruzzo-un-inferno-militarmente-pianificato  che abbiamo denunciato da subito come organizzato quasi in maniera militare, di terrorismo ambientale dalle fosche tinte di “menti raffinatissime” mafiose.  Il 1° agosto è stato ripetuto un copione purtroppo consolidato negli anni, per esempio nel 2013 furono incendiate quasi tutte le stesse aree protette come denunciarono https://www.peacelink.it/abruzzo/a/38874.html  l’Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo, mentre l’8 agosto sono state devastate le abitazioni di un intero quartiere tra Vasto e San Salvo e sono bruciati  anche i rifiuti di una discarica abusiva in via Salce a Vasto. Da noi ripetutamente documentata e denunciata.
 Eppure basta scorrere le dichiarazioni di politici locali o supposti «esperti» per evidenziare la differenza tra le reazioni in Sicilia e Calabria e quelle abruzzesi. Anche sulla nostra pagina facebook la citazione di Falcone - «menti raffinatissime» - ha registrato critiche e contestazioni, nessuna voce oltre la nostra ha chiaramente indicato le possibili matrici criminali nonostante già il 1° agosto inneschi erano stati trovati a Pescara (secondo dichiarazioni del comandante provinciale dei Vigili del Fuoco) e, dopo l’incendio dell’8 agosto, nei pressi di Vasto.
Intanto un episodio ad Ortona di un agricoltore è stato quasi fatto passare come unica causa scatenante e a Pescara addirittura c’è chi ha messo nel mirino e accusato (parole facilmente smontabili con una lettura anche veloce del Piano di Assetto Naturalistico) dell’incendio il fatto che la Pineta Dannunziana è Riserva Naturale.
La solita storiella, strumentale e inesistente, delle aree tutelate dove non si potrebbe far nulla, neanche la normale manutenzione e gestione. Non è così, non è assolutamente vero e atti e fatti lo documentano in maniera incontrovertibile. Ma fermare i ventilatori in servizio permanente resta impresa ardua che appare quasi impossibile.
Una delle ultime aree colpite in queste settimane, in pieno Settembre, ancora una volta quelle del Parco della Majella. Oltre 100 gli ettari devastati dalle fiamme nella settimana tra il 13 e il 19 settembre.
La Provincia aquilana già l’anno scorso registrò un drammatico criminale inizio di Agosto – in quei giorni persino il Corriere della Sera scrisse di possibili «interessi speculativi» - e rimane incancellabile nella memoria l’estate 2017, quella degli incendi sul Morrone. Già in quelle settimane ci fu chi ebbe il coraggio di indicare i probabili moventi mafiosi, gli interessi delle «mafie dei pascoli» e gli affari sporchi e loschi di clan e mafiosi di varia provenienza, soprattutto pugliesi.
Riscontri su soggetti organici ai sistemi criminali pugliesi sono riportati in una ricerca coordinata dalla professoressa Lina Calandra dell’Università aquilana che ha evidenziato la presenza della mafia dei pascoli nell’Abruzzo interno anche in relazione ai devastanti incendi sul Morrone dell’estate 2017. Riportiamo ancora una volta alcuni stralci per ricordare e sottolineare ancora una volta, nel silenzio e nei negazionismi omertosi, la realtà reale dei fatti. 

«Nella zona del chietino per il pascolo ci sono grossi problemi: lì ci sono allevatori di Foggia e San Severo e fanno veramente un casino, al confine con il Molise. Ci sono degli allevatori poco avvezzi al rispetto delle regole e vanno su con animali malati. Più di una volta ci sono stati problemi di brucellosi e tubercolosi» è una delle testimonianze riportate. https://www.wordnews.it/incendi-in-abruzzo-interessi-forti-ed-esterni-hanno-portato-ad-accendere-i-fuochi

Queste invece altre tre testimonianze riportate nella ricerca: https://www.wordnews.it/labruzzo-e-terra-di-conquista-della-criminalita-organizzata  

«Il furto di bestiame «c’è sempre stato, è una piaga che è sempre esistita, ha un canale finale che è la macellazione clandestina ciò significa che ci sono dei mattatoi clandestini che operano tranquillamente, questo nel pugliese: nell’area garganica e sanseverina, quella è la zona più difficile questi furti sono sempre su commissione. Sono persone esperte perché non è una cosa facile rubare 30 mucche in una notte, sono animali indocili e pericolosi. Quindi chi lo fa sa bene come farlo, ha i mezzi e sa dove portarli per la macellazione, quindi c’è un canale attraverso il quale smistare gli animali».

«Qua vengono da Latina e da Foggia, portano gli animali alla montagna e a fine settembre lasciano gli animali incustoditi, abbandonati e vengono a fare i danni. Non c’è un controllo dei pascoli, il proprietario dovrebbe controllare, ma i proprietari si fanno vedere ogni tanto, e vengono e fanno danni, distruggono gli ortaggi. Siamo riusciti un giorno a rintracciare i proprietari e ci hanno aggredito dicendo che eravamo noi che dovevamo recintare l’orto. Soprattutto quando inizia il freddo, settembre-ottobre. Sono tutti di fuori gli allevamenti, noi non li conosciamo neanche. È una piaga grande».

«Prima venivano i foggiani e le aziende hanno tutte chiuso per la brucellosi e la tubercolosi. Io nel 2000 ho dovuto abbattere 138 capi, per un danno di 11mila euro.»

 

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