Ardita: «Cosa nostra non è sconfitta»

INTERVISTA/2^ parte. Parla il magistrato antimafia Sebastiano Ardita, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e autore di «Cosa Nostra SpA» su mafie, colletti bianchi, economia e finanza.

Ardita: «Cosa nostra non è sconfitta»
Sebastiano Ardita e la copertina del libro Cosa Nostra SpA

«Una grande impresa che incrocia il suo enorme fatturato con gli interessi dei colletti bianchi che governano multinazionali, enti e istituzioni pubbliche. Un sodalizio che si fonda in modo sistemico su corruzione e collusione e contro il quale sono sempre meno efficaci gli strumenti di contrasto legislativi». Così il giudice antimafia Sebastiano Ardita ha riassunto quella che ha chiamato «Cosa Nostra SpA», il patto economico tra criminalità organizzata e colletti bianchi. Le mafie, come documenta da diversi anni la Direzione Investigativa Antimafia nelle sue relazioni, è diventata definitivamente impresa e devia «per puro scopo utilitaristico» interi settori economici.

Interloquiscono con pezzi delle istituzioni e della politica, sono diventate multinazionali che agiscono in reti intercontinentali, investono nell’alta finanza. È la borghesia mafiosa, che abbiamo descritto in vari articoli, nell’epoca della globalizzazione e dei mercati mondiali. Eppure l’Italia - lo Stato dove più le mafie agiscono e devastano, che ha visto molti dei suoi migliori rappresentanti morire combattendole e che è riuscita a realizzare alcuni dei più importanti passi in avanti persino a livello legislativo – vive un assurdo paradosso: oggi la sensibilità anti mafia appare sempre più flebile e avanzano istanze diametralmente opposte. Ammantate a volte anche di (presunti) nobili aspirazioni politiche e sociali o di roboanti paroloni, molto più spesso etero dirette da ottusi ideologismi fuori dalla realtà, da interessi particolari di chi è al servizio permanente o è parte integrante della moderna borghesia, politica e finanza mafiosa. Istanze sui reati per la repressione delle mafie che vorrebbero arrivare persino alla cancellazione di leggi come il codice antimafia, quello degli appalti e altre leggi in nome dello «sviluppo economico» e della sburocratizzazione.

stanze che ci stanno trascinando indietro di decenni per far credere che le mafie non esistono più o sono inoffensive e quindi non devono rappresentare un’emergenza prioritaria da affrontare. Avanza addirittura l’idea che sia così perché non ci sono più stragi, perché i clan non ammazzano più.

Nulla di più falso, perché omicidi di mafia esistono ancora e di attentati ne contiamo ogni anno, sono tanti i magistrati, i giornalisti e gli attivisti di associazioni, movimenti, comitati nel mirino delle organizzazioni criminali. Così come ogni anno centinaia, se non forse migliaia, di persone muoiono per i veleni dei traffici di rifiuti o altri crimini ambientali delle moderne ecomafie che, come già anni fa ha chiarito la Direzione Investigativa Antimafia, non sono «bande» ma multinazionali, imprese economiche di altissimo livello.

Tra i frutti avvelenati della confusione e di negazionismo e riduzionismo del pericolo mafioso ci sono campagne mediatiche e politiche contro chi s’impegna in prima linea e denuncia, contro le voci sempre più isolate che lanciano allarmi e analizzano e documentano quel che sta accadendo nell’universo criminale.

Sebastiano Ardita è magistrato da quasi trent’anni impegnandosi contro mafie e colletti bianchi, a cui ha accompagnato la pubblicazione di alcuni acuti e approfonditi libri (prima di «Cosa Nostra SpA» ha già pubblicato altri tre libri), ed è quindi un importante interlocutore con cui riflettere e analizzare la situazione attuale e la sua evoluzione negli anni. 

Sembra crescere sempre più ostilità sociale e mediatica nei confronti di chi è impegnato in prima linea contro le mafie da parte di una certa stampa e di settori della politica. Condivide queste sensazioni? Quale spiegazione possiamo dare? Scarsa sensibilità sui temi della legalità e della lotta alla mafia? Interessi altri che deviano il sentire comune? 

Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. I nemici di Falcone uniti dall’invidia e dalla viltà sono stati tanti. In questi anni abbiamo assistito a tanti bei discorsi nelle celebrazioni ufficiali ma nella sostanza dell’agire la linea dei nemici di Falcone ha fatto proseliti e dunque non è cambiato nulla rispetto al passato. Per certi versi la sensibilità culturale, grazie al sacrificio di Falcone e Borsellino, era anche un po’ migliorata. Quella che è diminuita è l’autonomia della magistratura che per colpa anche di alcuni magistrati e di chi li ha rappresentati, rischia adesso di subire ulteriori consistenti limitazioni.

Politica e «opinionisti» più o meno improbabili affermano sempre più che mafie e corruzione non sono pericolose come un tempo, che le mafie sono sconfitte o quasi. Eppure dati, fatti e atti oggettivi documentano il contrario. Quale spiegazione potremmo dare a questo? Quanto può essere pericoloso questo? Quanto favoriscono le mafie? Sono istanze solo ideologiche o ambienti mafiosi possono star manovrando e soffiando dietro le quinte?

Le organizzazioni mafiose oggi operano su molti fronti. Dobbiamo immaginare che coloro che hanno investito, nell’economia reale o nella finanza, gli ingenti patrimoni ricavati da traffici illeciti hanno il potere di interloquire a livelli che consentono loro di influenzare il dibattito su riforme strategiche. Oggi assistiamo ad un forte condizionamento istituzionale da parte dei poteri economici e finanziari, non possiamo dunque ritenere una ipotesi astratta quella del condizionamento che giunge dall’impresa mafiosa che rappresenta una quota importante di PIL nazionale. Gli ambienti mafiosi, una volta entrati nei salotti della finanza o della industria si occuperanno di quella parte di influenza che riguarda i loro interessi, ma potranno giocare mille altre partite per mettere in crisi le istituzioni.

Lei ha recentemente lanciato un video appello per un fronte comune anti mafia su facebook, per chi non ha visto il video ci può raccontare il contenuto di quest'appello e le motivazioni che l'hanno spinta a farlo?

Credo che in un momento come questo, che può preludere ad una riorganizzazione anche militare di cosa nostra, tutti coloro che si occupano di questi problemi devono farlo in modo unitario ed attento per ottenere risultati. Non mi sembra il momento di stabilire chi è più bravo.

Ci sono forti preoccupazioni, l'abbiamo riportato anche noi in vari articoli ed interviste, che le mafie cercheranno di sfruttare i fondi pubblici per fronteggiare la crisi economica e sociale che ci attende. Come si è rafforzata negli anni Cosa Nostra Spa e quali le sue dinamiche? Come potrebbe muoversi quando arriveranno questi fondi e nel post pandemia? Nel libro si fa riferimento a strumenti legislativi sempre meno efficaci, perché e come potrebbero essere migliorati e resi efficaci?

Cosa nostra vuole compiere il salto di qualità e trasferire la sua influenza nel mondo politico ed economico. Siamo ad una fase tre della sua evoluzione. Dopo la fase parassitaria in cui ha drenato dalla economia sana attraverso le estorsioni, e quella in cui ha partecipato ai subappalti, adesso vuole gestire in prima persona iniziative economiche in concorrenza o in accordo con altri soggetti a se estranei. Questo ho raccontato in Cosa Nostra Spa. È chiaro che la gestione diretta comporterà la pretesa di mettere le mani sui fondi pubblici. Ma molto dipenderà dalla compiacenza o meno dei soggetti economici tradizionali. Se questi ultimi per quieto vivere vi si alleeranno, o taceranno sulla presenza inquinante di cosa nostra, come è già avvenuto ed ho raccontato nel mio libro, la partita sarà persa. 

2/fine