La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/32

Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 32^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/32

«Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

Angela Manca, WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

Hanno ammazzato una persona perbene perchè aveva riconosciuto il boss latitante di Cosa nostra. Lo hanno fatto nella totale impunità, grazie alle coperture istituzionali. Le stesse coperture che hanno utilizzato per versare fiumi di sangue. Da Portella della Ginestra (1947) in poi.

- Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

LA MORTE VIOLENTA DI ATTILIO MANCA. La famiglia Manca, come tante altre famiglie italiane, merita uno spazio fisso sugli organi di informazione. Su queste vicende vergognose bisognerebbe aprire una "finestra" fino alla definitiva risoluzione del caso. Noi, insieme a pochi altri, ci siamo. E facciamo nostra la convinzione del poeta Pasolini. Continueremo a battere sempre sullo stesso chiodo. E, sicuramente, non ci fermeranno per stanchezza.

WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

 

- IL MASSACRO MAFIA-STATO: Attilio Manca è stato ucciso per coprire una latitanza

 

9. LE DICHIARAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

9.2 Carmelo D’Amico

Carmelo D’Amico è forse il più attendibile collaboratore di giustizia della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto. Killer e mafioso di alto rango nella sua cosca, dopo aver iniziato la collaborazione nel luglio del 2014, D’Amico ha testimoniato in diversi processi, la maggior parte dei quali vedevano imputati affiliati, concorrenti e/o favoreggiatori della mafia barcellonese.

Sulla genuinità della sua collaborazione si esprimeranno, da ultimi, i giudici della Corte d’appello che il 7 ottobre 2021 condanneranno il barcellonese Rosario Cattafi per il reato di associazione mafiosa: « ...non può che ritenersi il medesimo [D’Amico, nda] certamente attendibile, sia in sé, e per il numero delle dichiarazioni che ha compiuto anche a suo carico, sia proprio per la logicità e linearità del suo narrato che completa e fa da cornice, in via globale, a tutte le già esaminate altrui dichiarazioni accusatorie che si incastonano in modo armonico nel contesto associativo, riferito da D’Amico. A questo riguardo, giova rilevare che costui, oltre a rappresentare la sua carriera (di sangue) associativa, non ha esitato ad addossarsi, in prima persona, numerosi ed efferati omicidi, alcuni dei quali assolutamente sconosciuti alla Giustizia, inquadrandosi, nel gruppo in esame, come uno dei killer più feroci, all’inizio facente parte del braccio armato della cosca, per poi, come visto, divenirne a capo. (...) Da questo punto di vista, appare evidente l’esistenza di un autentico ravvedimento, compiuto da D’Amico che dimostra di avere, tra l’altro, un peso sulla coscienza per il gran numero di efferatezze compiute. Ancora, il narrato di costui risulta del tutto asettico, privo di esasperazioni, limitan­ dosi il medesimo a riferire le cose come le ha vissute dal di dentro, in quanto personaggio di spessore, per anni, dell’ala militare della potente cosca di Barcellona».

Il 28 aprile 2015, pochi mesi dopo lo scadere del termine di centottanta giorni entro il quale un collaboratore deve operare le sue rivelazioni, Carmelo D’Amico, davanti ai pubblici ministeri messinesi, riferiva notizie utili sulla morte di Attilio Manca, così come narrategli da Antonino Rotolo, noto esponente di Cosa Nostra palermitana, in un periodo di comune detenzione presso il carcere Opera di Milano.

D’Amico spiegava come Rotolo gli avesse confidato che Attilio Manca era stato ucciso dai Servizi segreti per coprire la latitanza di Bernardo Provenzano, della cui operazione alla prostata si era «interessato» il medico siciliano.

«Ho già riferito in altri verbali che con il passare del tempo io mi ero guadagnato la piena fiducia di Rotolo Antonino, tanto che una volta uscito mi sarei anche dovuto occupare del sostentamento dei suoi familiari. In una circostanza, mentre io e Rotolo ci trovavamo detenuti insieme a Milano Opera in regime di 41 bis, verso la fine del 2013 circa, un telegiornale, forse su Rai 3, trasmise la notizia che Provenzano e Angelo Porcino, erano imputati per la morte di Attilio Manca. (...) io iniziai a commentarla con Rotolo Antonino. In particolare, io gli riferii che per me quella notizia, ossia il coinvolgimento di Provenzano ad Angelo Porcino non c’entrava niente. (...) Quando io dissi quelle cose a Rotolo sul coinvolgimento di Provenzano e Angelo Porcino nella morte di Attilio Manca, e cioè che si trattava di una “cazzata”, io già sapevo qualcosa di quella storia, infatti ne avevo parlato fuori quando mi trovavo a Barcellona ed ero ancora libero. Attilio Manca fu ucciso nel 2004, se non sbaglio, ed io ed i miei associati commentammo quella morte e già in quel periodo sostenevamo come Porcino non c’entrasse niente in quella storia. In quel periodo fu lo stesso Porcino Angelo a dirmi che lui non c’entrava niente con la morte di Attilio Manca. Per questo motivo, quando sentii quella notizia al telegiornale, dissi al Rotolo che Attilio Manca era morto per overdose, come del resto si diceva anche nei giornali. Quando io disse quelle cose al Rotolo, costui mi rispose: “vedi che ti sbagli, i tuoi paesani di Barcellona non c’entrano effettivamente, ma a Manca lo ammazzarono davvero”. (...) In quella stessa circostanza Rotolo mi disse che Attilio Manca si era interessato per l’intervento chirurgico che Provenzano aveva subito; il Rotolo non mi specificò in quale località della Francia si svolse quell’operazione chirurgica.

ADR: Voglio precisare che Rotolo Antonino mi disse espressa­mente che Attilio Manca “si era interessato” per quell’operazione chirur­gica nei confronti di Provenzano, mentre non mi specificò se fosse stato il Manca ad operare Provenzano. Nino Rotolo, sempre in quella circostanza, mi disse espressamente che non era stata “Cosa Nostra” a rivolgersi al Manca ma erano stati invece i servizi segreti. (...) mi disse espressamente che i servizi segreti, dopo essersi rivolti al Manca per quella operazione, lo avevano eliminato simulando un omicidio o comunque un’overdose di eroina. Sempre per quello che mi riferì il Rotolo, i servizi segreti, dopo essersi rivolti al Manca per quella operazione, non si fidavano del Manca stesso e per questo lo uccisero.

Il motivo per cui in definitiva il Manca fu eliminato era che costui aveva in qualche modo visto in faccia Provenzano, soggetto quest’ultimo che non era stato più visto in faccia da almeno quarant’anni e dunque per quel motivo Manca morì. (...)

Rotolo mi disse che la fonte delle sue conoscenze sull’omicidio di Manca era lo stesso Provenzano. (...) Quando Rotolo mi disse che erano stati i servizi segreti ad eliminare Attilio Manca, voglio specificare che costui mi disse che i servizi segreti agirono in quel modo perché in quel periodo la latitanza di Provenzano era protetta dagli stessi servizi segreti e dal ROS. Dunque i servizi agirono in quel modo per fare un favore a Provenzano e per proteggerlo. (...) Un’altra circostanza che mi riferì Rotolo Antonino in quell’occasione fu che di questa vicenda, ossia della morte di Attilio Manca, sono a conoscenza tutti i più importanti collaboratori di giustizia, i quali però, sempre per come mi riferì il Rotolo, hanno deciso di non rilevare nulla dal momento che sono ben consapevoli del fatto che verrebbero altrimenti eliminati o “distrutti”, nel senso che verrebbe attaccata la loro credibilità».

Il 13 ottobre 2015, Carmelo D’Amico completava la sua narrazione di quanto a lui noto in merito alla morte di Attilio Manca, aggiungendo anche alcuni fatti appresi da Salvatore Rugolo, cognato dell’attuale capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Gullotti, e figlio dell’ex capomafia barcellonese, Francesco «Ciccio» Rugolo. D’Amico spiegava come Ru­golo avesse accusato Rosario Cattafi di aver avuto un ruolo nella vicenda dell’omicidio dell’urologo Attilio Manca, avendo indicato il medico al latitante Bernardo Provenzano, che necessitava di cure alla prostata. Il collaborante aggiungeva, inoltre, ulteriori dettagli raccontatigli da Antonino Rotolo.

« A.D.R. Poco tempo dopo la morte di Attilio Manca, avvenuta intorno all’anno 2004, incontrai Salvatore Rugolo, fratello di Venerina e cognato di Pippo Gullotti. (...) Rugolo mi disse che ce l’aveva a morte con l’avvocato Saro Cattafi perche' “aveva fatto ammazzare” Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della “Cordafratres”, aveva chiesto a Cattafi di mettere in contatto Provenzano, che aveva bisogno urgente di cure mediche alla prostata, con l’urologo Attilio Manca, cosa che Cattafi aveva fatto.

A.D.R. Rugolo non mi specificò se l’urologo Manca era già stato indivi­duato come medico che doveva curare il Provenzano ed il compito del Cattafi era soltanto quello di entrare in contatto con il Manca, o se invece fu lo stesso Cattafi che scelse ed individuò il Manca come medico in grado di curare il Provenzano.

A.D.R. Rugolo Salvatore ce l’aveva a morte con Cattafi perché, proprio alla luce di quel compito da lui svolto, lo riteneva responsabile della morte di Ugo Manca che riteneva sicuramente essere un omicidio e non certo un caso di overdose. Rugolo non mi disse espressa mente che Cattafi aveva partecipato all’omicidio di Manca ma lo riteneva responsabile della sua morte per i motivi che ho sopra detto. (...) Successivamente ho parlato di queste vicende quando sono stato detenuto presso il carcere di Milano Opera in regime di 41bis O.P. insieme a Rotolo Antonino. Rotolo Antonino mi confidò che erano stati i “Servizi segreti” ad individuare Attilio Manca come il medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano. Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicatami dal Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle istituzioni. (...) [Rotolo Antonino] mi disse che Attilio Manca era stato eliminato proprio perché aveva curato Provenzano e che ad uccidere quel medico erano stati i servizi segreti. In quella circostanza Rotolo mi aggiunse che di quell’omicidio si era occupato, in particolare, un soggetto che egli definì “u calabrisi”; costui, per come mi disse Rotolo, era un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origine calabrese, che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi. Rotolo Antonino mi fece anche un altro nome coinvolto nell’omicidio di Attilio Manca, in particolare mi parlò del “Direttore del SISDE”, che egli chiamava “U Diretturi”.

A.D.R. Rotolo non mi disse come era stato ammazzato Manca, ne' mi fece il nome e cognome del “calabrese” e del “Direttore del SISDE”, ne' io glielo chiesi espressamente. In questo momento mi sono ricordato che Rotolo, se non ricordo male, indicava il calabrese come “U Bruttu”, ma non so dire il motivo, e che era “un curnutu”, nel senso che era molto bravo a commettere questo tipo di omicidi».

Di un killer calabrese «brutto» al servizio di mafia e apparati deviati dello Stato, con il soprannome «Faccia da mostro», avevano e avrebbero parlato innumerevoli collaboratori di giustizia, come Luigi Ilardo, Vito Lo Forte, Francesco Marullo, Vito Galatolo, Giovanna Galatolo, Giuseppe Maria Di Giacomo, Antonino Lo Giudice e Consolato Villani; venne identificato nella persona di Giovanni Aiello, ex poliziotto, in servizio alla Squadra Mobile di Palermo fino al 1977 e poi ufficialmente posto in quiescenza per motivi fisici.

Il 27 gennaio 2016, nell’ambito delle indagini della Procura di Roma sulla morte di Attilio Manca, Carmelo D’Amico veniva interrogato dai pubblici ministeri romani. Si ritiene necessario riportare, nelle parti d’interesse, la trascrizione integrale dell’interrogatorio: «D’AMICO Carmelo: a Cosa Nostra, sia messinese e sia quella siciliana. Praticamente tutti i giorni, quasi tutti i giorni avevo sempre interrogatori, poi ho avuto tanti problemi a Bicocca, ero molto spaventato per questo, infatti tante cose, non volevo parlare dei Servizi Segreti, di questi personaggi perche' avevo paura e specialmente a parlare della Corda Fratres perche' la Corda Fratres per me... la Corda Fratres è una loggia massonica dalla facciata pulita, ci sono anche personaggi che non c’entrano assolutissimamente niente e ci sono persone che praticamente, invece, sanno tanto e hanno fatto parte di associazioni, hanno fatto parte, diciamo, attorno a questa loggia massonica girano tante figure molto potenti fra cui generali di carabinieri e tante altre e tante altre persone.

PM: chi? Scusi un attimo, cerchi di capire, noi siamo un pochettino, come dire, con i paletti stretti sulla competenza, cioè noi non vogliamo entrare ...

D’AMICO Carmelo: ma c’entra la loggia massonica perchè per quanto riguarda l’omicidio MANCA c’e'... fattore ricollegato (...). (...)

D’AMICO Carmelo: (...) Io a ROTOLO non gliel’ho dette determinate cose perche' io lo sapevo, lo sapevo praticamente già... sapevo che il dottore RUGOLO.. che l’Avvocato Saro CATTAFI, praticamente si era interessato, tramite un generale dei carabinieri che girava attorno alla Corda Fratres, praticamente si erano interessati per trovare un medico chirurgo per curare PROVENZANO, l’ho saputo tramite il medico Salvatore RUGOLO che sarebbe il cognato di GULLOTTI Giuseppe il nostro capo... diciamo io vengo dalla famiglia GULLOTTI. E praticamente con Salvatore GULLOTTI avevamo un certo rapporto perchè lui faceva parte del nostro gruppo, aveva sistemato estorsioni, abbiamo sistemato processi con magistrati, magistrati di cui ho fatto già dichiarazioni, processi che mi competevano personalmente a me, processi .. comunque tante e tante cose. Siccome io già praticamente incontro il Salvatore RUGOLO al bar dopo la morte di Attilio MANCA... etc. (...)

P.M.: quindi RUGOLO è incazzato...

D’AMICO Carmelo: con CATTAFI perche' gli attribuiva la morte di Attilio MANCA, gli attribuiva la morte di Attilio MANCA perche' diceva, tramite un generale dei carabinieri, che ho capito io girava attorno alla Corda Fratres e che era amico del CATTAFI, a incaricare CATTAFI di contattare Attilio MANCA e di fargli curare PROVENZANO e per questo motivo, mi ha detto il Salvatore RUGOLO, che l’avevano ucciso, dice: «fece ammazzare a..(incompr.)?»

Dice: «prima lo hanno usato e poi l’hanno fatto ammazzare solo che ha fatto una cortesia di curare questo signore qua» e ce l’aveva con lui e io pensavo che volesse, come ripeto a dirlo, che volesse che lo uccidessi. Tutto qua. So che la responsabilità ricade su per quanto riguarda... «intermediario è stato Saro CATTAFI a trovare il chirurgo che era Attilio MANCA e, tramite questo generale dei carabinieri. Per quanto riguarda i nomi delle persone, io so solo, a quelle dichiarazioni che non c’è aggiunto, queste dichiarazioni, io poi ne ho parlato con Antonino ROTOLO di queste cose e lui m’ha detto.. (...)

P.M.: e che poi, dopo questo, sostanzialmente, attraverso lo stesso circuito...

D’AMICO Carmelo: l’hanno ucciso, sì, perche' mi disse che il dottore MANCA non c’entrava niente completamente con la droga, dice non era un tossicodipendente, niente e l’avevano ucciso, gliel’avevano fatto ammaz­ zare.(...)

P.M.: nella ricostruzione di RUGOLO chi è il responsabile?

D’AMICO Carmelo: CATTAFI.

P.M.: quindi CATTAFI.

D’AMICO Carmelo: sì.

P.M.: CATTAFI nel senso che CATTAFI con i suoi che va a Viterbo e fa questa operazione...

D' AMICO Carmelo: CATTAFI, tramite questa cosa, l’ha fatto... dice il responsabile era CATTAFI che l’aveva fatto uccidere, incolpava CAT­TAFI che l’aveva fatto uccidere.

P.M.: no perche' lei qui nel verbale aveva detto sostanzialmente, aveva fatto una ricostruzione dicendo che l’esecuzione, come se l’esecuzione materiale fosse stata curata non da Cosa Nostra ma da pezzi dei Servizi, se ho capito bene.

D’AMICO Carmelo: sì, sì, ora ci arriviamo dottore. Per quanto riguarda lui attribuisce la cosa a CATTAFI, attribuisce la cosa a CATTAFI perchè è stato CATTAFI praticamente ad interpellare Attilio MANCA, diciamo, a portarlo in questa strada, quindi il RUGOLO attribuisce la sua morte all’Avvocato Saro CATTAFI. (...)

D’AMICO Carmelo: (...) [Rotolo] mi ha detto che poi avevano ucciso praticamente questo dottore perche' non avevano fiducia, perche' si erano interessati praticamente i Servizi e lui attribuiva la cosa a 'u direttore de lo chiamavano 'u direttore de u SISDE (?), e un certo, praticamente, quello che ha eseguito il fatto era un calabrese e lo chiamava 'u brutto. Ora dico, di questo calabrese io.. purtroppo non mi posso ricordare tante e tante cose, ho ricordato, però vi sto dicendo non ne sono certo, non ne sono certo praticamente se questo soggetto fosse di Catanzaro, della provincia di Catanzaro. 

P.M.: questo sempre ROTOLO gliel’ha detto?

D’AMICO Carmelo: ROTOLO. Dalla provincia di Catanzaro perche' mi ha detto che questo era un cornuto.. queste cose già l’ho dichiarate, guardi, nel verbale... (...)

D’AMICO Carmelo: però il fatto praticamente di Catanzaro me lo sto ricordando, pensandoci sempre, infatti non ne sono sicuro, non do la certezza, non ne sono sicuro che questo soggetto era di Catanzaro e faceva parte delle... praticamente delle Forze dell’Ordine, Forze dell’Ordine e dei Servizi Segreti praticamente, faceva parte dei Servizi.

P.M.: e questo glielo dice ROTOLO.

D’AMICO Carmelo: sì. Che chiamavano praticamente che avevano questo signore, lo incaricavano di questi fatti più delicati, lo incaricavano per eseguire.. infatti questo qua ha fatto questo omicidio per quanto riguarda questo omicidio ed altri omicidi di cui ho parlato anche. (...)

P.M.: ma il ROTOLO dell’avvocato di cui le diceva, invece, il dottore.. non le disse nulla ?

D’AMICO Carmelo: non lo conosce, no, Saro CATTAFI io gliel’ho nominato Saro CATTAFI e onestamente non lo conosce.. il Saro CATTAFI non lo conosce. Il ROTOLO sa che abbiamo avuto anche un ruolo nella strage...

P.M.: e il ROTOLO perchè sa di tutta questa storia che le ha raccontato ? Perche' l’ha organizzata lui, gliel’hanno raccontata?

D’AMICO Carmelo: PROVENZANO, perchè a contatti ce l’aveva lui con PROVENZANO e col dottore...

P.M.: quindi l’ha saputo direttamente da PROVENZANO?

D’AMICO Carmelo: questi erano gli uomini stretti di Provenzano, praticamente PROVENZANO si sentiva, quand’era fuori, glielo dico io, si sentiva con Salvatore LO PICCOLO, con Nino ROTOLO, dottore SCINA' e Diego DI TRAPANI, questi erano i cristiani che si sentiva, almeno da quello che so io, quello che si sentiva stretti stretti e che si scrivevano con i codici.

P.M.: ma questo lei lo sa per esperienza o...

D’AMICO Carmelo: no, lo so perché me l’ha detto ROTOLO Anto­nino.

P.M.: gliel’ha detto ROTOLO.

D’AMICO Carmelo: sì e ogni volta che quello dice... quando il ROTOLO, perché ROTOLO all’epoca era uscito in detenzione domiciliare, è giusto? Aveva l’ergastolo ed è uscito come detenzione...

P.M.: stava male.

D’AMICO Carmelo: stava male... male stava... tanto male non stava, guardi, stava benissimo! E niente... potrei parlare di tante e tante cose che ora non sto ricordando in questo momento ma... (...)

D’AMICO Carmelo: l’ordine me l’aveva dato suo cognato [di Sal­vatore RUGOLO, ndr], stiamo parlando del dottore.. del dottore RUGOLO che è figlio del capobastone Ciccio RUGOLO, non so se lei... uomo d’onore fatto da Michele GRECO direttamente...

P.M.: che è deceduto questo dottore, vero?

D’AMICO Carmelo: deceduto l’ha ammazzato .(incompr.) del capo­ bastone proprio quello che era il responsabile di tutta la provincia di Messina, il Ciccio RUGOLO, perche' lui era uomo d’onore fatto da Michele GRECO diret­ tamente. Di questo ne ho parlato. Stiamo parlando di uno... il dottore RUGOLO aveva agganci dappertutto, Calabria, cose...

P.M.: altre cose ulteriori non ne dobbiamo raccogliere, queste che già ci ha detto sono quelle che sarebbero in quel verbale che ci manca?

Avv. PUGLIESE: sì, sicuramente pensavano che aveste... perché ne avevano parlato tutti i giornali... lì sarà nato l’inghippo.

D’AMICO Carmelo: sì, avevo detto queste cose... c’e' questo verbale.. come le ripeto questi soggetti hanno fatto altri omicidi in carcere.

P.M. Dott.ssa PALAIA: se non l’hanno fatto a Rebibbia o a Regina Coeli non ci interessano, non ne possiamo...

D’AMICO Carmelo: le posso dire che praticamente in questo c’e' una catena di.. per quanto riguarda, penso che hanno anche una cosa qua a Roma.

Avv. PUGLIESE: che vuoi dire, non ho capito?

D’AMICO Carmelo: una sede qua a Roma.

P.M.: chi?

D’AMICO Carmelo: mi sembra la Calcestruzzi S.p.A. che ha sede qua, qualche sede... la sede non è qua a Roma, ma alcune.. qua a Roma..

Avv. PUGLIESE: pero, aspetti, come arriviamo alla Calcestruzzi ? Perche' non conoscono...

D’AMICO Carmelo: perche' e' tutto collegato, c’è un collegamento sempre di questi signori e per quanto riguarda la morte di coso.. di GARDINI.

P.M.: ne ha parlato con i colleghi di Messina.

D’AMICO Carmelo: sì.

P.M.: va bene.

P.M.: se eventualmente ci sono altre cose che ci riguardano ci mandano i verbali.

D’AMICO Carmelo: io ripeto a dire che sono gli stessi, praticamente, quelli che hanno commesso l’omicidio del dottore...

P.M.: sarebbero le stesse due persone.

D’AMICO Carmelo: sono sempre loro. 

P.M.: quindi 'u direttore e..

D’AMICO Carmelo: 'u direttore, però in questo c’è praticamente anche l’ex direttore del DAP.

P.M.: in quest’altro, va bene.

D’AMICO Carmelo: sì.

P.M.: aspettiamo gli sviluppi se no ci accavalliamo. (...)

D’AMICO Carmelo: comunque che è stato ucciso lo posso ribadire, che è stato ucciso il dottore Manca è stato ucciso al 101%, prendete questa cosa a cuore perche' sicuramente, mi scusate, scusate se ho detto cosi, già lo so voi volete la verità, quindi vi dico solo che al 101% questa cosa il dottore MANCA è stato ucciso, perche' il dottore RUGOLO era una persona molto seria e Nino ROTOLO per me è una persona altrettanto seria nell’ambito, stiamo parlando, malavitoso, non sono quaquaraqua oppure persone che dicono cavolate, diciamo».

Carmelo D’Amico rendeva le sue dichiarazioni in merito alla morte di Attilio Manca ad aprile 2015, poco più di due mesi dopo il decorso del termine di 180 giorni di cui si è detto. Il collaboratore spiegava le motivazioni del ritardo dichiarativo già nel primo verbale: «Confermo di avervi inviato una lettera con cui chiedevo di essere sentito da voi con urgenza perché avevo tantissime cose da riferirvi che non avevo esposto nel termine dei 180 giorni, termine che per me è troppo breve, anche perché la scelta di collaborare costituisce un impatto troppo forte, che richiede necessariamente dei momenti di riflessione.

Ribadisco ancora una volta la mia ferma decisione di collaborare e di dire tutta la verità. Fino a quando non vi ho inviato quella lettera, avevo deciso di non dire per intero tutto quello che sapevo dal momento che ero fortemente spaventato, anche alla luce di alcuni “imprevisti” che si erano verificati al carcere di Bicocca, ad anche perché la mia famiglia non si era ancora del tutto allontanata dalla zona di Barcellona.

Ribadisco, in ogni caso, che sono tuttora molto spaventato a causa dei soggetti e delle situazioni che andrò ora ad esporre. Quando ho detto che a Bicocca si erano verificati alcuni inconvenienti che non mi facevano sentire sicuro per niente, mi riferisco ad alcune perquisizioni che ho subito in quel carcere, cosa che non è avvenuta neanche quando mi trovavo al 41 bis; in quelle occasioni hanno sicuramente letto le mie carte, e non pochi appuntati, o comunque guardie penitenziarie, mi andavano riferendo che fuori si sapeva tutto della mia collaborazione; ricordo che uno di questi agenti di Polizia Penitenziaria di Catania, una persona molto seria che noi avevamo soprannominato amichevolmente “bibbia” per la sua abitudine di leggere sempre quel testo, mi aveva consigliato di andare via dal carcere di “Bicocca”, perché lì mi trovavo in pericolo. Per questi motivi ero notevolmente spaventato e siccome in quel momento avrei dovuto accusare anche persone molto importanti ed influenti, ho pensato che queste persone sarebbero potute arrivare anche dentro il carcere di Bicocca. Temevo non soltanto per me ma, anche e soprattutto, per la mia famiglia e per questi motivi, come ho già detto, avevo deciso di non rilevare tutto ciò che sapevo e, in particolare, le situazioni che andrò ora ad esporre. Voglio aggiungere che in quel periodo, sempre quando mi trovavo nel carcere di Catania, non poche notizie venivano pubblicate sulla Gazzetta del Sud. Ribadisco ancora una volta che ho piena fiducia in voi e voglio collaborare con la giustizia.

Nel processo in cui ho deposto a Palermo ho effettivamente reso delle dichiarazioni su argomenti sui quali prima non avevo parlato, ma è anche vero che io, prima di fare quelle dichiarazioni nell’ambito di quel processo, vi avevo mandato una lettera con cui chiedevo di parlarvi con urgenza; avevo fatto quella richiesta proprio perché volevo specificarvi quelle cose e dirle prima a voi, ma purtroppo non c’è stato il tempo ed ho deciso dunque di riferirle in quel processo. Ora comunque sono più tranquillo anche perché sono stato trasferito in altra località anche se ribadisco che “queste persone”, ossia le persone che andrò ora a menzionare, possono arrivare ovunque e a tutto.

Uno degli argomenti di cui voglio parlare ora e che finora ho volontariamente taciuto è quello che riguarda la vicenda di Attilio Manca».

Si dovrebbe tentare di individuare l’agente della Polizia penitenziaria soprannominato « Bibbia », nel 2014 in servizio nel carcere catanese « Bicocca », per verificare le dichiarazioni di Carmelo D’Amico. Le spiegazioni con cui egli ha giustificato il ritardo nel riferire le informazioni in suo possesso in merito alla morte di Attilio Manca appaiono alla Commissione ragionevoli risultando avvalorate dal fatto che il primo interrogatorio è intervenuto appena due mesi dopo il trasferimento di D’Amico dal carcere catanese a quello di Vicenza, avvenuto il 28 febbraio 2015.

Non si colgono, d’altra parte, possibili ragioni che potrebbero avere indotto il collaboratore a riferire fatti inventati e false accuse, atteso che le dichiarazioni da lui fatte nelle decine di interrogatori a cui si era in precedenza sottoposto erano state già ampiamente riscontrate e che nessun vantaggio sarebbe a lui derivato dal fornire informazioni su un omicidio (non da lui commesso) avvenuto nel Lazio e connesso a personaggi dei Servizi segreti o comunque delle istituzioni, da lui stesso definiti molto potenti. In definitiva D’Amico correva dei rischi nel raccontare quei due episodi de relato, con contenuti che sapeva sarebbe stato difficile riscon­ trare, diversamente da tutti gli altri omicidi da lui confessati e/o riferiti.

Sulla attendibilità di D’Amico, proprio con riguardo alla morte di Attilio Manca e al ritardo con il quale il collaboratore ha reso le sue dichiarazioni, si sono pronunciati i giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria che hanno condannato Rosario Cattafi per il reato di associazione mafiosa: « In ordine all’omicidio Manca (...), si deve rilevare che “le cose”, come sempre, sono assai più complesse di quanto appaiono prima facie, laddove, sempre per stare al narrato di D’Amico, nella vicenda sono intervenuti personaggi di spessore delle Istituzioni (un generale dei cara­ binieri) deviate, che hanno richiesto a Cattafi di rintracciare il medico, poi individuato in Manca, che avrebbe dovuto curare, con urgenza, Provenzano in Francia, cosa che ha sancito la morte del medesimo medico, per opera dei servizi segreti, secondo la duplice (e distinta) fonte, da cui D’Amico ha appreso, in contesti diversi, l’accaduto. Ed allora, in questo contesto, D’Amico stesso non ha timore alcuno di rappresentare che, dopo essersi addossato decine di omicidi, ha avuto paura, all’inizio della sua Colla­ borazione, essendo ancora “un principiante”, di riferire anche sul caso Manca, in relazione al quale, come visto, la vicenda era certamente più complessa e pericolosa, con l’intervento dei servizi deviati e di personaggi, del calibro di Bernardo Provenzano, senza mancare di rilevare che, dopo, una volta preso coraggio e fiducia, si è tolto anche questo peso dalla coscienza, con dichiarazioni del tutto comprensibili e congruenti, alla luce dei fatti assunti (cfr. par. 29 verb. Ud. 29.09.21).

In merito, la difesa obietta un secondo profilo, questa volta inerente allo svolgersi del “caso Manca”, in quanto tale, producendo la relativa Relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta nella quale si propende, quale ipotesi ritenuta più plausibile, che il predetto medico sia morto per overdose di eroina, con ciò mettendosi in dubbio proprio la veridicità del racconto riferito da D’Amico. Anche tale obiezione non è pertinente rispetto alla presente tratta­ zione, per più di una ragione: in primo luogo, sul “caso Manca”, nella stessa Relazione Parlamentare prodotta, si afferma, senza mezzi termini, che le indagini, compiute in merito dalle autorità investigative, sono state non precise e puntuali, essendo presenti non poche falle che hanno dato adito a sospetti e non poche perplessità. Ma vi è di più, poiché proprio sul finire della Relazione (cfr. p. 28/29 della stessa), si prendono in conside­ razione le dichiarazioni di un camorrista (Setola) che, durante la sua detenzione, ha appreso dal boss Giuseppe Gullotti che un oncologo di Barcellona P.G. è stato ucciso dai suoi sodali dopo aver visitato Provenzano, senza che la suddetta vicenda sia stata ulteriormente sviluppata nella stessa Relazione Parlamentare.

E, nondimeno, il dato è assolutamente in linea e/o perlomeno non si discosta da quanto riferito de relato a riguardo proprio da Carmelo D’Amico». Infine, quanto ai riscontri alle dichiarazioni di Carmelo D’amico, in merito al generale dei Carabinieri gravitante attorno alla Corda Fratres e che sarebbe stato il tramite, insieme a Rosario Pio Cattafi, per il reperi­ mento del medico urologo che avrebbe provveduto alle esigenze sanitarie di Bernardo Provenzano, appare rilevante ciò che ha evidenziato in merito, il difensore della famiglia Manca nell’opposizione alla richiesta di archi­ viazione presentata dalla Procura di Roma nel procedimento aperto per la morte di Attilio Manca: « (...) risulta essere stato collegato al sodalizio Corda Fratres, tra gli altri, il generale dei carabinieri Giuseppe Siracusano, gia' iscritto anche alla loggia massonica deviata P2.

Invero, cio' risulta dall’elenco dei soci onorari del circolo Corda Fratres. (...) [Carmelo D’Amico] ha riferito di aver appreso da Rotolo del coinvolgimento nell’omicidio di Attilio Manca sia di un personaggio identificabile nell’ex poliziotto Giovanni Aiello, sia di un soggetto indicato come “diretturi del Sisde”.

Com’e' noto, al momento dell’omicidio di Attilio Manca, il Direttore del Sisde era il generale Mario Mori ed e' altrettanto noto il legame intercorrente fra il generale Mori e il generale Siracusano, fin dal marzo 1978, allorche' l’allora capitano Mario Mori fu destinato, nell’immediatezza del sequestro di Aldo Moro, alla sezione antiterrorismo dell’Arma a Roma, trovandosi cosi' subordinato all’allora colonnello Giuseppe Siracusano.»

 

 

 

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