Confindustria ancora al centro di “questioni delicate”. Questa volta tocca a Catania

Angelo Di Martino si dimette dalla carica di presidente, comunicandolo con una nota, a seguito dell'operazione di polizia denominata “Doppio Petto” e che ha fatto luce su un giro di estorsioni messe in atti da parte di affiliati alla cosca Pillera-Puntina.

Confindustria ancora al centro di “questioni delicate”. Questa volta tocca a Catania

"Il Consiglio di Presidenza di Confindustria Catania si è riunito questa mattina nella sua interezza, con procedura di urgenza, per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa riguardanti il presidente Angelo Di Martino.

Nel corso della riunione il Presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di Presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l'immagine dell'Associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione".

Tramite questa nota l'ormai ex presidente di Confindustria Catania si dimette.

Ma cosa è successo?

A maggio del 2023 è stato eletto, al termine dell'assemblea privata degli industriali etnei organizzata al Four Point by Sheraton, nuovo presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino, imprenditore della holding Fratelli Di Martino e attivo nel settore dei trasporti, della logistica e dell'automotive. In seno a Confindustria aveva ricoperto già diversi incarichi:

  • presidente del Comitato provinciale piccola industria,
  • presidente della sezione Trasporti,
  • vicepresidente vicario dell'associazione.

Inoltre era stato eletto consigliere e vicepresidente di Anita (Associazione delle imprese industriali di trasporto merci).

Tutto cambia, però, ad inizio dicembre dello stesso anno quando, a seguito dell'operazione di polizia denominata “Doppio Petto, si ritrova nelle prime pagine di stampa locale e nazionale per aver pagato da 20 anni il pizzo.

L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Dda Assunta Musella e Fabio Saponara, ha portato alla luce un giro di reati abbastanza importanti:

  • detenzione e porto d'armi comuni da sparo,
  • estorsione aggravata dal metodo mafioso,
  • usura,
  • trasferimento fraudolento di valori,
  • associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l'aggravante dell'essere l'associazione armata nonché di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini, svolte dai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Catania tra il 2021 e il 2022, ha portato ad alcuni arresti in fragranza di reato, per i reati di estorsione e spaccio. Inoltre hanno portato all'arresto di un totale di 18 persone ritenute appartenenti alla cosca mafiosa catanese Pillera-Puntina: tra questi troviamo la moglie e i figli dello storico boss del clan, Giacomo Maurizio Ieni (detto Iano o Nucciu u Mattuffu).

Dalle carte, però, vengono fuori diversi nomi di imprenditori che pagavano il pizzo tra cui, per almeno un ventennio, proprio Angelo Di Martino.

Nel 2021 il boss Ieni era a piede libero e i proventi delle estorsioni ai Di Martino dovevano essere consegnati direttamente a lui. L'esattore era Giovanni Ruggeri, cognato dello Ieni, che doveva corrispondere i soldi pattuiti con Filippo Di Martino.

L'inchiesta scatta dopo una intercettazione all'interno di un altro procedimento: Giovanni Ruggeri e Francesco Ieni parlavano delle modalità di riscossione del pizzo ai Di Martino. A pochi giorni dal Natale, Giovanni Ruggeri comunicava ai sodali che stava per recarsi

“da Di Martino…da loro per mio cognato”,

cioè per conto dello Ieni. Attraverso le intercettazioni, la polizia annotava che Ruggeri si recava più volte nell’impresa.

Intercettandolo, gli investigatori scoprivano che la consegna dei soldi doveva avvenire il 18 dicembre del 2021:

l’arresto scattava in flagranza di reato. Ruggeri aveva 4 mila euro in contanti, legati con un elastico. Inizialmente, infatti, bisognava corrispondere due rate da mille euro ciascuna, poi da 4mila euro, per un totale di 8mila euro l’anno.

Sentito a sommarie informazioni dopo l’arresto di Ruggeri, Filippo Di Martino confermava che l’azienda di famiglia, da circa 20 anni, era sottoposta a estorsione, aggiungendo che questa “attività illecita” era iniziata con una richiesta di denaro destinato alle famiglie dei detenuti.

Il 27 dicembre del 2021, dopo l’arresto di Ruggeri, Dario Ieni è convinto che le indagini della polizia non siano partite da una denuncia dell’imprenditore, perché

“questo è vent’anni che paga”.

Ma sentiti dagli inquirenti, i Di Martino hanno confermato e i mafiosi sono finiti in carcere.

Diverse sono state le reazioni a seguito di questi arresti e queste notizie:

“Il presidente di Confindustria si dimette e fa bene perché pare che da vent’anni paghi il pizzo. Il giovanissimo vicepresidente del consiglio comunale di Catania risulta coinvolto in una mesta storia di voti scambiati a 50 euro. Ancora più del profilo penale di queste vicende – dei gradi di giudizio e della verità giudiziaria – colpisce il profilo culturale. Proprio oggi da Asaec, Associazione Anti-estorsione di Catania “Libero Grassi” arriva la notizia che domenica mattina nessuna delle istituzioni invitate si è presentata, mancando l’appuntamento con gli associati, quegli imprenditori e quei commercianti che hanno scelto di stare dalla parte dello Stato, che hanno scelto di denunciare racket o usura.

‘Non vuoi capire che la tua coscienza significa gli altri dentro te’, avrebbe detto Pirandello. Alla politica, alle istituzioni, a chi inevitabilmente diventa esempio per tutti serve più coraggio, più testardaggine per provare che si può vivere a testa alta senza arrendersi gettando la spugna in un mare che sembra non cambiare mai corrente”,

interviene così, con una nota, Maria Grazia Leone, segretaria provinciale del PD catanese.

“Il Presidente di Confindustria di Catania, sottoposto ad estorsione dalla mafia, ha pagato il 'pizzo' per venti anni e non ha mai denunciato. Dovrebbe dimettersi subito e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita per lui e per gli altri associati.

Aggiungo con rammarico che, nel 2019, Angelo Di Martino è stato insignito del titolo di 'Commendatore al merito della Repubblica'. Se fosse in mio potere lo revocherei"

pubblica così in una nota l'avvocato Enzo Guarnera, presidente dell'associazione “Antimafia e Legalità”.

immagini prese sul web

 

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- “Io non sono pazzo a denunciare. Io non pago perché non voglio dividere le mie scelte con i mafiosi. È una questione di dignità.”