Covid in Molise: «150 tamponi da buttare»

LA REAZIONE DEGLI UTENTI. Tre giorni per portare il materiale a Campobasso? «Sono andati perduti, non possono essere più processati.» Per Lucio Pastore, direttore dell’UOS Pronto Soccorso di Isernia: «Siamo nel massimo casino dell’organizzazione». Dalla Prefettura: «abbiamo riportato le richieste dei genitori all'Asrem».

Covid in Molise: «150 tamponi da buttare»
Foto di Vesna Harni da Pixabay

«È una vergogna. Mi hanno fatto perdere cinque giorni di lavoro, ora sono costretto a rifare il tampone. Quanti altri giorni dovrò stare in quarantena?». La notizia se fosse confermata sarebbe molto grave. Sembrerebbe che 150 tamponi, fatti nei giorni scorsi, non possano essere più processati. «Hanno portato i tamponi a Campobasso tre giorni dopo».

Abbiamo contattato l’Asrem Molise, l’operatore di Termoli ha tentato di metterci in contatto con un responsabile. Abbiamo atteso al telefono quindici minuti. La nostra insistenza ci ha portati nelle stanze della Direzione generale dell’Azienda sanitaria molisana. Altra lunga attesa. Oltre ad ascoltare la pessima musichetta nessuno si è degnato di rispondere.  

Alcuni genitori, in mattinata, si sono recati presso la Prefettura di Isernia per denunciare la lunghezza dei tempi per avere i risultati dei tamponi. Ecco cosa ci ha riferito il Capo di Gabinetto, Francesco Montemarano: «Diversi genitori sono venuti sotto la Prefettura, ho ascoltato le loro richieste. Hanno riferito che alcuni bambini devono rifare i tamponi, ovviamente i motivi non li conosciamo. Ho veicolato già la notizia di aver ricevuto queste mamme all'Asrem. Avendo ricevuto il problema noi lo veicoliamo e facciamo il possibile per dare ascolto ai cittadini e cercare di dare delle risposte o fargliele dare da chi deve darle. Sono genitori e noi siamo ancora più vicini a queste persone che stanno vivendo un momento di attesa e di prudenza. L'invito è che tutti devono stare vicino alle persone in difficoltà, anche a livello psicologico.»     

Proprio in queste ore, a Venafro, si stanno recando nuovamente le stesse persone che nei giorni scorsi avevano fatto il tampone (Nelle due foto gli utenti in fila). Ecco spiegato il motivo di questi ritardi. Ieri avevamo dato spazio alla mamma di Isernia, oggi la vicenda si arricchisce di particolari imbarazzanti. «In che mani siamo?», chiede un utente costretto a rifare il tampone.

Ma da chi dipende? «Da qualcuno che ha impiegato tre giorni per portare i tamponi da Venafro a Campobasso». E nessuno è stato avvisato? «Io non sono stato chiamato – continua un lavoratore isernino -. Mi hanno contattato dall’ufficio e mi hanno detto di andare a rifare il tampone. Noi siamo stati ad aspettare i risultati come degli imbecilli. È una vergogna. Questi fatti devono essere riportati, la gente deve sapere.»

Perché i tamponi sono da buttare? Lo abbiamo chiesto a Lucio Pastore, Direttore dell’UOS Pronto Soccorso di Isernia. «Non entro nella vicenda dei 150 tamponi perché non la conosco. Passato tanto tempo è possibile che i tamponi siano degenerati.»

 

Ma se una notizia del genere dovesse essere vera?

«Siamo nel massimo casino dell’organizzazione».

 

Cosa significa?

«Manca la medicina territoriale, però c’è anche un eccesso di problematiche che vengono portate a tampone quando non ce ne sarebbe bisogno. Sembra che non ci sia una buona organizzazione per poter fare i tamponi. Sta arrivando parecchia gente in Ospedale per fare anche semplici accertamenti, anche se priva di sintomatologia. Il sistema tende a non funzionare.»

 

Questa organizzazione da chi dipende?

«Sicuramente dal centro, da chi la gestisce. Essenzialmente dipende anche dalla politica che non ha fatto fare delle scelte per quanto riguarda il territorio, penso anche un centro Covid di riferimento differenziato dagli altri. In questo momento è un po’ un casino.»

 

Quindi cosa bisogna fare?

«La medicina territoriale deve funzionare meglio e ci vuole un centro di riferimento Covid differenziato dagli Ospedali. Noi corriamo il rischio di bloccarci come è successo durante la prima fase.

 

Che significa?

«Significa che per le altre patologie non possiamo dare risposta. Ora ci troviamo in una zona di transizione, che può andare a finire anche nel caos se non si hanno risposte. Per fortuna non è una malattia che uccide, questa è la prima cosa. È una malattia che si diffonde notevolmente, si capisce un po’ meglio rispetto a prima. Però, nello stesso tempo, si crea un panico enorme nella popolazione. Il distanziamento tra le persone, mettere le mascherine, lavarsi le mani sono le cose fondamentali che la gente può fare. Andare in panico è la cosa peggiore che possa succedere.»

 

Al Pronto Soccorso di Isernia si è registrato un positivo tra gli infermieri. Qual è la situazione?

«Giovedì 8 abbiamo fatto i tamponi e siamo risultati tutti negativi. L’altro ieri un infermiere mi ha riferito che aveva un po’ di disturbi, abbiamo fatto il tampone ed è uscito positivo. Ho fatto sanificare e ci siamo rifatti i tamponi nuovamente. Ancora non ho la risposta di tutti. In base a questa devo vedere come posso strutturare il servizio. Se rimane il caso sporadico va bene, ma se ci sono altri diventa un problema.»            

 

 

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