LA GRANDE INFAMIA

di Mario Ravidà. «Alcuni uomini del tempo tra i vertici delle Istituzioni, non avrebbero mai accettato tali strategie e quindi avviene quasi un "colpo di stato" con il cambio tra Scotti e Mancino al vertice del Ministero degli Interni (Mancino uno dei minacciati di morte dal Riina); viene sostituito di fatto Parisi (capo della Polizia) con il Prefetto Rossi e viene incaricato La Barbera (che accetta) a trovare un "capro espiatorio" che potesse accusare falsamente i mafiosi come unici responsabili della strage di Borsellino.»

LA GRANDE INFAMIA
Fuori la mafia dallo Stato, nella foto Armando Carta (Scorta Civica)

In un primo momento, dopo la strage di Borsellino, investigatori come La Barbera e Genchi vengono, dalle Procure di Caltanissetta e dai vertici del Ministero degli Interni, nelle persone della dott.ssa Boccassini (venuta da Milano a Caltanissetta per supportare le indagini) e del Capo della Polizia Parisi, incaricati a svolgere le indagini su tutto quello che si nascondeva dietro le stragi di Falcone e Borsellino. Poi, nel corso delle attività, dove si stavano attenzionando mafiosi come Scotto (considerato tra i più vicini al connubio mafia-servizi segreti), cambia tutto!

Cambia tutto perchè nel frattempo si era raggiunto quell'infame accordo di stato con Bernardo Provenzano (come emerge chiaramente dal processo trattativa stato-mafia).

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Alcuni uomini del tempo tra i vertici delle Istituzioni, non avrebbero mai accettato tali strategie e quindi avviene quasi un "colpo di stato" con il cambio tra Scotti e Mancino al vertice del Ministero degli Interni (Mancino uno dei minacciati di morte dal Riina); viene sostituito di fatto Parisi (capo della Polizia) con il Prefetto Rossi e viene incaricato La Barbera (che accetta) a trovare un "capro espiatorio" che potesse accusare falsamente i mafiosi come unici responsabili della strage di Borsellino.

Vengono distrutte le intercettazioni tra il Capo dello Stato Napolitano e Mancino. In questo momento si innescano le varianti, non previste, Giocchino Genchi e Michele Riccio. Genchi non accetta tali strategie, mentre tutti gli altri si. Genchi non condivide il fermo del mafioso Scotto che stava portando a scoprire il detto connubio Mafia-servizi segreti e cerca di vietare l'arresto di Scotto in quel momento (Genchi lo indica come il "Cavallo di Troia" in mano agli inquirenti e con l'arresto si sarebbero vanificate tutte le indagini in tal senso). Ma la Procura di Caltanissetta e La Barbera, invece, "rompono" tale possibilità eseguendo il fermo del mafioso. A questo punto Giocchino Genchi, rendendosi conto che realmente non si voleva andare a fondo delle indagini, anche perchè dalla Procura di Caltanissetta gli vietarono di acquisire i tabulati delle telefonate in entrata del telefono di Borsellino, dove si sarebbe scoperto chi lo aveva contattato prima che morisse, rompe con la Procura di Caltanissetta in primis e con La Barbera dopo. Addirittura va via dal gruppo che stava indagando e si fa trasferire al reparto mobile (l'ex reparto celere della Polizia). Ma Genchi non accetta tutto questo e con un post su Facebook e poi in un'intervento pubblico, denuncia quello che gli era accaduto. A questo punto diventava pericolosissimo per i depistatori e per i politici che stavano attuando e consentendo la trattativa stato-mafia e viene addirittura destituito dalla Polizia di Stato. Mandato via, cancellato dalle indagini e dalla Polizia.

La Barbera trova Scarantino (nella foto in alto) a cui addossare tutte le colpe stragiste con l'assenso e il consenso dei Procuratori di Caltanissetta. Genchi dice che Riina e i suoi non si sarebbero fidati di uno come Scarantino, "neanche come posteggiatore per le loro auto", figuriamoci come uno di vertice di cosa nostra. Dopo la clamorosa ritrattazione di Scarantino e dopo che si erano eliminati tutte le componenti umane e investigative (come la sparizione dell'agenda Rossa di Borsellino), pericolose per chi aveva trattato, raggiungendo gli infami accordi con "cosa nostra", si suicidano: Lombardo prima che era al corrente delle vere circostanze dell'arresto di Riina; non si esegue la perquisizione nel suo covo; viene suicidato (tempo dopo) Attilio Manca che aveva curato Provenzano con l'assenzo dello stato; viene costretto il Colonnello Riccio a rientrare dalla DIA nell'arma dei CC, per rimanere alle dirette dipendenze di Mori; poi viene arrestato il Colonnello Riccio a cui era stato impedito l'arresto del Provenzano a Mezzoiuso; si cerca di sequestrargli le agende con gli appunti relativi al suo rapporto con Ilardo ricattandolo per ottenere gli arresti domiciliari; viene ucciso Ilardo dopo le pericolosissime (per tutto lo stato e i CC di Mori) anticipazioni fatte ai Ros ai Procuratori Caselli, Tinebra e Proncipato (non venendo neanche verbalizzato).

CLICCA QUI PER APPROFONDIRE: «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

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In questo modo, ucciso Ilardo, non verranno neanche scoperti gli omicidi dell'agente Agostino e la moglie, l'omicidio del piccolo Claudio Domino, quello dell'agente Piazza e i retroscena del fallito attentato a Falcone all'Addaura che Ilardo aveva anticipato poter svelare...

EHHH MA NON CI SONO PROVE PER INQUISIRE TUTTI, MANCANO I PENTITI!!!!

Mario Ravidà

 

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