OMICIDIO DI STATO

LA STORIA DI LUIGI ILARDO. Un uomo abbandonato dallo Stato e ucciso dai traditori di Stato.

OMICIDIO DI STATO

«La mafia ha fatto la mafia, lo Stato non ha fatto lo Stato»

«Lo Stato ha ucciso mio padre»

«Mio padre è l’ennesimo omicidio con dei mandanti istituzionali»

Luana Ilardo 

 

«L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

Michele Riccio

 

Descrizione dell'opera (disponibile su tutti gli store online e in libreria)

La confessione inedita della figlia del boss che ha fatto scoprire il covo di Provenzano ed è stato poi abbandonato dalle istituzioni. Una testimonianza toccante che accende di nuovo i riflettori su una verità che imbarazza, tuttora oggetto del processo sulla trattativa Stato-mafia.

«Molti attentati addebitati e commessi da Cosa nostra sono stati commissionati dallo Stato... Vedrà, comandante, quante ce ne faranno passare.» Luigi Ilardo a Michele Riccio, colonnello dei carabinieri, prima di essere ucciso. «Hanno ucciso e seppellito lui, ma non noi e soprattutto non me... So che la mia liberazione avverrà quando emergerà la verità della storia, più grande di lui, nella quale mio padre si è trovato coinvolto.» Questa volta a parlare è la figlia, nata nel 1980. Quando suo padre, Luigi Ilardo, morì, aveva appena sedici anni. Fu lei a scendere in strada e a raccoglierlo tra le sue braccia la sera del 10 maggio 1996, poco prima che scattasse il piano di protezione a tutela sua e dei famigliari. Il racconto di Luana ci commuove. Oltre a denunciare la drammaticità della morte del padre, ci fa entrare dentro la mentalità e la vita quotidiana di una famiglia mafiosa, imparentata con i Madonia e a contatto con tutti i più importanti boss, compreso Provenzano. La sua testimonianza, raccolta e narrata da Anna Vinci, è puntuale e avvincente proprio perché esprime l'amore di una figlia che a poco a poco si rende conto di quanto la sua vita sia stravolta, prima dalla carcerazione del padre, poi dalle continue fughe, sparizioni, paure. È incredibile come la grande storia di questo paese passi da qui, attraverso questa vicenda famigliare che ci è restituita in tutta la sua concretezza. In appendice alcune dichiarazioni e lettere private di Ilardo e i documenti della sua collaborazione, oltre a un dialogo tra la scrittrice e Giorgio Bongiovanni, direttore di "Antimafia Duemila". Luigi Ilardo: per la mafia un "traditore", per lo Stato un informatore che ha rilasciato per anni "dichiarazioni spontanee" nell'ambito di quello che le forze dell'ordine definiscono "un rapporto confidenziale". Dopo undici anni di dura detenzione e rari permessi, Ilardo decide di cominciare un percorso di collaborazione, e di "redenzione", come nessuno mai aveva ancora fatto. Sarà lui a portare i carabinieri a scoprire il covo di Provenzano, che sarà arrestato solo molto tempo dopo. Perché? Una fuga di notizie dalla Procura di Caltanissetta, come attestano le indagini giudiziarie, sarà la causa della sua morte, avvenuta il 10 maggio 1996. Prefazione di Michele Riccio.

 

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- Omicidio Ilardo: la Cassazione ha confermato le condanne

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- Omicidio Ilardo: due appuntamenti a Roma

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- Omicidio Ilardo, manca poco per la sentenza della Cassazione

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Caso Ilardo: «Lo Stato ha ucciso mio padre»

- «Mio padre è l’ennesimo omicidio con dei mandanti istituzionali»

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APPROFONDIMENTI:

 

L’intervista al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO.

 

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

 

LEGGI l'Intervista a Salvatore BORSELLINO

 

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino«L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

   

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INGROIA: «Provenzano garante della Trattativa Stato-mafia»

  

L’intervista al pentito siciliano Benito Morsicato

Prima parte: «Cosa nostra non è finita. È ancora forte»

Seconda parte: Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»