«Putin non è il demonio. È stato messo con le spalle al muro»

L’INTERVISTA. Parla Angelo D’Orsi, professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche, nell'Università degli Studi di Torino. «Gli Stati Uniti sono una potenza in decadenza. Tutti gli imperi cadono, è caduto l’Impero romano e cadrà anche quello di Washington. E non se ne rendono conto. Commettono degli errori clamorosi, tipo quello di favorire l’asse Russia-Cina. I talebani sono figli degli Stati Uniti. Il problema è che loro commettono errori e le guerre si combattono sul territorio europeo. Noi siamo sempre vittime. Perciò l’Italia avrebbe bisogno di una politica internazionale autonoma». Sulle sanzioni il professore è stato chiaro: «Siamo coinvolti in una guerra e dovremo pagare il prezzo delle sanzioni che gli Stati Uniti e l’Unione europea, immediatamente, hanno decretato alla Russia. Ma questa è una roba folle.»

«Putin non è il demonio. È stato messo con le spalle al muro»
Un fotogramma di un video tratto dai social media mostra un'esplosione su Kiev (fonte CNN)

La Russia ha invaso l’Ucraina. Una notizia che da ieri sta occupando quasi tutta l’informazione planetaria. La guerra, che non è mai mancata in Europa, è a due passi dal nostro Paese. La situazione è drammaticamente preoccupante, per adesso, soprattutto dal punto di vista economico. L’uomo, al centro dei vari dibattiti, è sicuramente Putin, da 21 anni ai vertici del potere russo.

Ma tutto quello che stiamo ascoltando e leggendo in queste ore corrisponde alla realtà? Putin è il dittatore di una potenza del terzo millennio? Le responsabilità possono essere tutte addebitate ad una politica russa invasivamente agguerrita?

 

Lo abbiamo chiesto ad un professore universitario, Angelo D’Orsi, che insegna Storia del pensiero politico e Storia delle culture e delle ideologie politiche. Membro del Dipartimento di Studi Politici e del Collegio di Dottorato di Studi Politici. Storia e Teoria. Ha fondato «Historia Magistra» Associazione per il Diritto alla Storia e la rivista omonima, di cui è direttore. Si occupa di storia della cultura e degli intellettuali, specialmente nei secoli XIX-XX, di guerra e pace, di metodologia della ricerca storica, con particolare riferimento alla storia del pensiero politico. Fondatore di FestivalStoria (giunto alla VIII Edizione), presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Salvatorelli, membro della Commissione per l’Edizione Nazionale delle Opere di A. Gramsci e di quella per le Opere A. Labriola. Ha ideato e dirige la BGR, Bibliografia Gramsciana Ragionata. Ha dato vita a una iniziativa annuale chiamata “Le Settimane della Politica”. Collabora a varie testate giornalistiche. Sul sito www.micromega.net cura il blog Cattivi maestri. Tra i suoi libri: I nazionalisti, La rivoluzione antibolscevica. Fascismo, classi, ideologie, Le dottrine politiche del nazionalfascismo, Guida alla storia del pensiero politico, L'ideologia politica del futurismo, La vita degli studi. Carteggio Gioele Solari – Norberto Bobbio. 1931-1952, La cultura a Torino tra le due guerre, Intellettuali nel Novecento italiano, Guerre globali. Capire i conflitti del XXI secolo, Gli storici si raccontano. Tre generazioni tra revisioni e revisionismi, I chierici alla guerra. La seduzione bellica sugli intellettuali da Adua a Baghdad, Il diritto e il rovescio. Un’apologia della Storia, La marcia del nazionalfascismo, Le bombe, la barbarie, la menzogna, Bibliografia Gramsciana Ragionata. I. 1922-1965, Il Futurismo tra cultura e politica. Reazione o rivoluzione?, Dante & Descartes, Del come la storia è cambiata, ma in peggio, Gli ismi della politica. 52 voci per ascoltare il presente, Intellettuali. Preistoria, storia e destino di una categoria, Le idee dell’Italia. Il pensiero politico italiano dall’Unità ad oggi.

 

Siamo partiti dalle parole di Putin, ripetute in diverse occasioni, sul ruolo della Nato. Proprio sull’Ucraina si è registrata la volontà politica e strategica di inglobarla in questa Alleanza Atlantica (“un gigantesco esercito”). Per umiliare ancor di più la Russia? «Nel dicembre 2021 – ha ripetuto nel suo intervento di qualche ora fa - abbiamo fatto l’ennesimo tentativo di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti e i suoi alleati sui principi della sicurezza europea e della non espansione della NATO. I nostri sforzi sono stati vani.»

 

Per approfondimenti: Il discorso dello Zar

 

Prof. D’Orsi, partiamo proprio dalla Nato.

«Si poteva cogliere l’occasione per fare l’unica cosa sensata quando si è dissolto l’impero sovietico. Scioglierla. Invece non solo non si è sciolta ma ha assunto via via un atteggiamento, una attitudine, una politica più aggressiva. La politica estera americana, di fatto, è la Nato.»

 

Noi facciamo parte della Nato e siamo da sempre una “colonia” degli Stati Uniti.

«L’Italia non ha mai avuto una capacità di creare una sua politica estera. Da questo punto di vista soltanto Giulio Andreotti e un pochino Bettino Craxi hanno cercato di ritagliare uno spazio per l’Italia, sia pur ridotta indipendenza. Paradossalmente i governi a guida o, comunque, con presenza forte del Pd sono stati più contigui rispetto alla Nato, cioè rispetto a Washington, degli altri. Il che non deve neanche tanto stupirci.»

 

Perché?

«Cosa impariamo dalla politica estera americana?»

 

Cosa impariamo?

«I presidenti repubblicani sono stati meno guerrafondai dei presidenti democratici. Lo stesso Trump, che tutti noi detestavamo, in realtà era un cane che abbaiava tanto. Faceva gesti dimostrativi, simbolici. Ma se fosse diventata presidente la Clinton sarebbe stato molto peggio. La Clinton aveva già cominciato ad incendiare le polveri. Anche questo Biden, che sembra un minus habens, si muove nella stessa linea.»

 

I minus habens si trovano un po’ ovunque. Ritorniamo in casa nostra: abbiamo una politica estera adeguata?

«La vicenda della dichiarazione di Di Maio, che si è fatto anche prendere in giro dal suo omologo russo, è stato un caso avvilente per il nostro Paese. Avvilente. Il ministro russo diceva la verità, Di Maio non sa cosa dire.»

 

Perché, secondo lei?

«Perché gli mancano quelli che si chiamano i fondamentali, cioè l’ABC.»

 

Di politica internazionale?

«No, gli manca l’ABC. Punto. Quindi come fa a gestire la politica estera? Di Maio è stato proprio fotografato dalla dichiarazione che ha fatto il ministro russo. La politica internazionale non è un modo per andare a farsi dei viaggi e provare piatti esotici e partecipare a pranzi e cene di gala.»    

 

 

La dichiarazione del ministro Di Maio: «Stamattina ci siamo coordinati con il Presidente Draghi circa i prossimi passi da compiere per favorire una soluzione diplomatica. Siamo impegnati al massimo nei canali multilaterali di dialogo. Riteniamo tuttavia che non possano esserci nuovi incontri bilaterali con i vertici russi finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione, linea adottata nelle ultime ore anche dai nostri alleati e partner europei. Ulteriori misure restrittive potrebbero essere adottate in caso di altre azioni da parte russa. Malgrado la gravità del momento e gli ultimi sviluppi cui stiamo assistendo in queste ore, vogliamo continuare a concentrarci su ogni iniziativa diplomatica che possa scongiurare una guerra.»

ph AdnKronos

 

La risposta del Ministro degli Esteri russo: «Di Maio? Una strana idea di diplomazia. È stata inventata solo per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi ad assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala.»       

 

Da Andreotti e Craxi (indipendentemente dalle loro questioni con la giustizia) siamo arrivati a Di Maio. Lei sta dicendo che la politica italiana ha toccato il fondo il fondo?

«Di fatto si è appaltata agli Stati Uniti e, in parte, all’Unione europea la politica internazionale. Il problema è che l’Unione europea, a sua volta, non ha saputo ritagliarsi un minimo di indipendenza dagli Stati Uniti. L’unico statista che ha cercato, negli ultimi due decenni, di fare qualcosa di leggermente diverso è stata la Merkel (ex cancelliera federale della Germania, nda). Che, peraltro, era una signora statista. E adesso si vede la differenza. Si nota proprio la sua mancanza. Noi, adesso, siamo coinvolti in una guerra e dovremo pagare il prezzo delle sanzioni che gli Stati Uniti e l’Unione europea, immediatamente, hanno decretato alla Russia. Ma questa è una roba folle. Assolutamente folle.»

 

Può spiegare meglio?

«Ci sono molti modi di patire la guerra, non solo far morire i propri uomini e le proprie donne nei combattimenti o vedere le distruzioni. L’altro modo è quello di distruggere l’economia. Di questo passo noi saremo in gravissime difficoltà economiche, addirittura nell’approvvigionamento delle materie energetiche. La situazione la vedo molto grave.»

 

Bastano le sanzioni per fermare l’azione sovietica?

«”Sovietica” è un bel lapsus.»

 

Ha ragione, professore.

«Non sono un putiniano, però Putin è stato messo con le spalle al muro. Il primo accordo che è stato violato dagli Stati Uniti e dalla Nato è quello che era stato siglato quando c’era ancora Gorbaciov. Tra quest’ultimo e Bush padre vennero stipulati i famosi accordi di Malta che Gorbaciov, un brav’uomo ma non certo un’aquila, non fece protocollare. Quell’accordo diceva “noi, ci ritiriamo dai Paesi dell’ex blocco sovietico e non metteremo becco nei loro governi. La Nato si ferma sul confine della Germania unificata”. Invece no.»

 

E cos’hanno fatto?

«Proprio provocatoriamente hanno fatto entrare altri Stati. E l’Unione europea è stata colpevole perché ha accettato l’equivalenza tra Nato e Ue. Ad esempio, la Von der Leyen (presidente commissione europea) ha detto che faranno entrare anche i Paesi scandinavi. Quindi la Russia viene completamente circondata.»

 

Perciò ha reagito?

«Ma che doveva fare la Russia? Non dico che ha fatto bene, però Putin è stato messo con le spalle al muro. Quando giudichiamo gli avvenimenti politici nazionali e internazionali non dobbiamo giudicare in base alla moralità degli individui. Ma giudicare in base alle cause e agli scopi. Allora, è giusto che la Russia debba essere via via stretta nell’angolo? Circondata con i missili americani che, ormai, arriveranno a circondarla completamente. Una specie di filo spinato intorno. Ci troviamo di fronte ad un atteggiamento miope.»

 

In che senso, professore?

«Si sta spingendo la Russia ad un’alleanza di ferro con la Cina. E se la Cina si arrabbia gli Stati Uniti se la passano male.»

 

E, quindi, ce la passiamo male anche noi?

«Ovviamente ce la passiamo male anche noi. Ricordiamo che metà del debito pubblico statunitense è nelle mani cinesi. Gli Stati Uniti davanti alla Cina devono stare molto attenti. Loro hanno favorito questa alleanza stretta tra Cina e Russia. La Cina prudentemente, secondo il loro costume, è stata zitta e muta però, di fatto, questa situazione non può che spingere la Russia verso la Cina.»

 

La previsione di un terzo conflitto mondiale è, ad oggi, fantascienza o può diventare una drammatica realtà?

«Nessuno si immagina le guerre prima che accadono. Questo è storicamente dimostrato. Nessuno se l’aspetta. Lo storico quando si mette a fare le profezie sbaglia sempre. Le guerre e le rivoluzioni arrivano quando non te l’aspetti. Ovviamente tutti noi facciamo gesti apotropaici per scongiurare questo pericolo terribile.»

 

Azzardiamo una previsione?

«La Russia ha recuperato il suo ruolo di grande potenza. Una terza guerra mondiale non ci sarà ma ci saranno tante guerre per interposte Nazioni. Si continuerà con una intensificazione delle guerre cosiddette locali. Non credo che si andrà verso una guerra come l’abbiamo vista nel 1914 e nel 1939. Ci sarà, invece, una intensificazione, semmai, di questa. E in più ci sarà la guerra economica, la guerra informatica…»

 

Una guerra informatica che si è scatenata prima dell’invasione…

«Ormai sono strumenti di guerra.»

 

Qualche ora fa il primo ministro del Regno Unito Boris Johnson ha riproposto la famosa frase di Churchill “l’ora più buia”. Ancora ricordiamo la guerra nei Balcani negli anni Novanta. I conflitti non hanno mai abbandonato l’Europa. Ma lei, professore, ha registrato analogie con il passato?

«I grandi magazzini della storia sono pieni di esempi. L’analogia è uno strumento che può essere utile nella ricerca storica ma è anche uno strumento pericoloso. Bisogna stare attenti. È una tentazione molto forte quella di cercare analogie. Occorre essere prudenti per non prendere delle cantonate. L’Ucraina è veramente una situazione particolare perché, in un certo senso, Putin aveva ragione quando ha detto che è stata inventata. Oltretutto, esiste una controversia storiografica tra gli stessi studiosi russi, ucraini e polacchi. Al di là del fatto che l’Ucraina è divisa nettamente tra una zona che guarda la Russia e una zona che guarda l’Occidente. Sono due Paesi che non si guardano tanto amichevolmente. Anche gli storici locali hanno cercato, dall’Ottocento in avanti, di costruirsi una identità. È un tipico esempio di invenzione di identità nazionale che non esiste. In Ucraina ci sono qualcosa come 130 etnie diverse, che vuol dire anche 130 lingue diverse. Tutta questa situazione nasce dal colpo di Stato di Euromaidan, con presenza forte di Stati Uniti e Unione europea. È lì che è cominciato tutto, da quel momento. E poi dobbiamo smetterla…»

 

Di fare cosa?

«Di fare le lezioni agli altri. A me pare che l’elezione di Putin è stata almeno altrettanto legittima di quelle dei presidenti americani. Ci ricordiamo quando Bush junior è stato nominato con l’interruzione del conteggio dei voti e ha deciso la Corte Suprema, a maggioranza? “Siamo stanchi di contare, basta. Ha vinto lui”. Ma questa sarebbe democrazia? Questo è un caso di studio dove i filosofi politici si interrogheranno per i prossimi secoli. Devono smetterla di darci lezioni di democrazia.»

 

Possiamo affermare che Putin, in questa situazione, non è il demonio?

«No, assolutamente. È stato costretto a fare quello che ha fatto. È stato proprio messo con le spalle al muro. Ci sono degli elementi psicologici che dobbiamo valutare.»

 

Si spieghi meglio.

«La Russia è stata umiliata negli scorsi decenni. È stata umiliata. Putin gode di un notevole consenso in Russia perché certamente non ha nulla a che fare con la tradizione dell’Unione Sovietica e con il pensiero comunista ma il suo consenso è relativo al fatto che ha cercato di restituire dignità alla Russia. Dopo decenni di umiliazioni.»

 

Quello che accadde alla Germania dopo la fine del primo conflitto mondiale?

«Sì, esattamente. C’era risentimento della Russia rispetto alle umiliazioni subìte da parte dell’Occidente. Ricordiamoci, come è stato dimostrato dagli storici, il risentimento agisce profondamente nella storia. Condiziona. Tra le componenti che provocano le guerre c’è anche questo. Noi abbiamo sottovalutato tutto questo.»

 

Molti stanno facendo riferimento alla ricostituzione dell’Unione Sovietica. Ma questo è il vero obiettivo di Putin?

«Abbiamo servito tutto su un piatto d’argento. C’è sicuramente l’intenzione di recuperare il ruolo internazionale che era stato completamente cancellato. Dalla fine degli anni Novanta all’inizio degli anni Duemila la Russia era uscita dal quadrante internazionale e il mondo era diventato unipolare, contavano solo gli Stati Uniti. Infatti l’Onu non contava più nulla. Gli Stati Uniti, non a caso, avevano smesso addirittura di pagare le quote annue all’Onu, giudicandole inutili. Adesso il mondo non è più così, è rapidamente cambiato. Alla fine del primo decennio del secolo Ventunesimo c’è un mondo che non è più unipolare ma sta diventando multipolare. La Russia sta recuperando fortemente il suo ruolo internazionale, la Cina diventerà la super potenza mondiale, su questo non ci sono dubbi. Ma c’è anche l’India e il Pakistan

 

In questo quadro internazionale dove posizioniamo gli Stati Uniti?

«Sono una potenza in decadenza. Tutti gli imperi cadono, è caduto l’Impero romano e cadrà anche quello di Washington. E non se ne rendono conto. Commettono degli errori clamorosi, tipo quello di favorire l’asse Russia-Cina. Continuamente fanno degli errori. I talebani sono figli degli Stati Uniti. Il problema è che loro commettono errori e le guerre si combattono sul territorio europeo. Noi siamo sempre vittime. Perciò l’Italia avrebbe bisogno di una politica internazionale autonoma, che sia una politica di pace.

Il mediterraneo, storicamente, è un mare di incrocio di popoli. I mari uniscono e facilitano i commerci, gli scambi economici, gli scambi culturali. Questo significa, appunto, lavorare per la pace.

Il Papa ha detto pensiamo alla giornata per la pace, digiuno per la pace. Sì, però noi dobbiamo andare a vedere quali sono le motivazioni che hanno portato a questa situazione. Quali sono le cause, quali sono le conseguenze. E quali saranno per noi. I nostri ministri stanno dicendo che bisogna fare le sanzioni per difendere la democrazia. No, noi dobbiamo anche difendere gli interessi nazionali. Se la bolletta schizza ancora più su chi la pagherà?»            

 

In questa fase chi potrebbe commettere l’errore fatale?

«Lo potrebbe commettere qualcuno di quella potente lobby militare che sta dietro Biden.»

 

Perché?

«È fatta di uomini irresponsabili, che ritengono che schiacciare un bottone e sganciare una cinquantina di missili termonucleari risolva il problema. Naturalmente, come sempre, quello creerebbe il problema. Quelli che più mi preoccupano sono loro, anche perché sono i più potenti. La potenza militare statunitense non è paragonabile alla potenza russa. Quest’ultima, rispetto agli Stati Uniti, fa ridere. Comunque è una potenza inferiore.»

 

L’arma “segreta” di Putin è un bluff?

«Fa parte della propaganda. La politica è fatta anche di propaganda. La comunicazione politica comprende la propaganda.»

 

Ritorniamo all’errore fatale. Se dovesse accadere cosa dovremmo aspettarci?

«Uno scontro e le conseguenze più pesanti saranno per gli europei. Non credo che la Cina interverrebbe, giocherebbe di rimessa. Proprio perché c’è la possibilità che proprio la Cina intervenga anche i super falchi, questo errore fatale, non lo faranno. La Cina fa paura, fa molto più paura degli Stati Uniti. È una potenza decisamente superiore, su tutti i piani. Molto pericolosa. Sfruculiare la Cina non conviene a nessuno.»

 

Cosa significherebbe un terzo conflitto mondiale con queste armi distruttive di nuova generazione?

«Questo lo scopriremo, speriamo di no, soltanto ex post. Pensiamo alle famose bombe “taglia margherite” che hanno usato in Afghanistan, bombe da venti tonnellate, delle cose mostruose. Hanno una potenza pari a quelle di Hiroshima. Se cominciano a usare anche le armi nucleari allora la situazione diventa veramente tragica. Gli Stati Uniti possono arrivare a questo, appunto, perché sono lontani. Però, alla lunga, le conseguenze cadrebbero anche su di loro.»

 

Anche le sanzioni?

«Alla fine finiscono sempre per avere un effetto bilaterale, per chi le fa e per chi le subisce. Poi ci vanno di mezzo anche quelli che non le fanno e non sono contro di loro. Ma di fatto le subiscono. Diventa un gioco a somma zero. Ci perdono tutti con le sanzioni. Possibile che non ci sia un politico italiano che abbia detto di non essere d’accordo per le sanzioni. Dobbiamo asserire il fatto che la Nato è diventato un blocco militare aggressivo che ha destabilizzato l’Europa e sta procedendo in questo senso.»                             

 

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