Riina family tra inchini condannati, patrimoni sequestrati e vecchie domande ancora senza risposte

Condannato il confrate che nel 2016 omaggiò durante una processione i Riina, sequestrato patrimonio milionario anche a parenti di Totò u curtu. Fatti che rimandano anche alle domande che abbiamo posto e continueremo a porre sulla famiglia del defunto boss. E sul suo terzogenito.

Riina family tra inchini condannati, patrimoni sequestrati e vecchie domande ancora senza risposte

Sequestrati oltre quattro milioni di euro a personaggi con «acclarati legami con la mafia» che avevano favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e affermato il proprio potere sul territorio. In sintesi questa è una delle notizie di questo mese di ottobre che ormai volge al termine. La quasi totalità di questo patrimonio è stato sequestrato a Mario Salvatore Grizzaffi e Gaetano Riina, rispettivamente nipote e fratello di Totò Riina; a Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato ‘Saro Chiummino’, e al figlio Leoluca. Il giorno prima la Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la condanna a Leoluca Grizzaffi - cognome identico ad uno dei nipoti di Totò Riina interessati dal sequestro ma non abbiamo conferme o smentite che sia solo una casualità – il confrate che il 29 maggio 2016 fece fermare la processione di San Giovanni Evangelista davanti casa della famiglia Riina, a Corleone, e suonò la campanella facendo fermare tutti i fedeli.

Passano i decenni, il mondo intorno a noi crolla, si stravolge e muta innumerevoli volte, ma una certezza rimane scolpita nella pietra: il ventre oscuro di questo Paese, i pupari mafiosi e i rappresentanti apicali dei poteri marci criminali rimangono sempre d’attualità e non passano. L’omaggio della processione, condannato dai giudici per turbamento di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa come prevede l’articolo 405 del codice penale, seguì altri due recenti analoghi gesti. Negli ultimi anni varie volte la Conferenza Episcopale e il Papa hanno condannato questi gesti, la vicinanza di certi «uomini di Chiesa» ai mafiosi fino alla scomunica papale di chiunque appartenga a organizzazioni mafiose. La mentalità mafiosa è contraria al Vangelo, disse Papa Francesco, e la condanna è totale per i mafiosi, non può esserci nessuna accondiscendenza e nessun mafioso può essere interno alla Chiesa cattolica

L’inchino di Corleone giunse alla ribalta nazionale anche per la coincidenza nello stesso periodo di una delle interviste più discusse della storia televisiva italiana: quella di Bruno Vespa a «Porta a Porta» a Giuseppe Salvatore Riina detto Salvo. Terzogenito di Totò u curtu e autore della vergognosa biografia della sua famiglia «The Riina family». Quel Salvo Riina che al telefono espresse parole dure e gravi contro gli omaggi a Giovanni Falcone a Capaci e che, nel libro, nelle interviste che rilasciò e in tantissimi post sui social, dichiarò il suo orgoglio di portare il cognome Riina e di essere figlio del boss e di Antonietta Bagarella. Dopo l’uscita del libro due sono i fatti principali per il terzogenito di Totò u curtu: l’allontanamento da Padova, perché si ostinava a frequentare pregiudicati e ambienti dello spaccio, e l’offensiva mediatica soprattutto su facebook ed instagram. Quell’offensiva che, dopo mesi e mesi di intensa improvvisa frenetica attività, è praticamente cessata nel dicembre di due anni fa quando pare essere sparito da Casalbordino, dove era giunto all’uscita dalla Casa Lavoro di Vasto. Un silenzio interrotto solo sporadicamente, l’ultimo post su facebook ed instagram è del 3 maggio scorso. A gennaio scorso, sotto uno degli ultimi post di Riina, spiccava il commento «OMERTÀ» e alcuni cuori colorati.

Salvo Riina è un uomo libero, senza nessuna misura di sorveglianza, dal maggio 2019. Negli stessi giorni in cui cadeva il compleanno di Giovanni Falcone e la strage di Capaci in cui fu assassinato (anche per ordine di Totò Riina!) insieme alla moglie e alla scorta, il tribunale revocò ogni misura di sicurezza nei suoi confronti. Decisiva, secondo quanto riportato dalle cronache, la relazione del parroco affidatario ultra positiva. Dopo essere apparentemente sparito da Casalbordino Salvo Riina, dai pochissimi post che pubblica su facebook ed instagram, dovrebbe vivere in Romania. Senza disdegnare una vacanza, in quello che appare un luogo extra-lusso, a Valencia nell’anno della pandemia e di fortissime restrizioni agli spostamenti, persino tra comuni vicini, in tutto il mondo.

Un’altra vicenda che si intreccia con i mesi vastesi e casalesi ha suscitato fortissimi interrogativi e sgomento, rimasti tutt’ora per quanto di nostra conoscenza inevasi. «Nell’ambito dell’operazione Assedio» –avvenuta nel luglio di due anni fa gli inquirenti resero noto che «tra gli arrestati figura Angelo Occhipinti, indicato come il nuovo capomafia di Licata – abbiamo riportato già in precedenza - Intercettato dagli inquirenti, durante una riunione in un magazzino, nel luglio 2018, Occhipinti afferma – riferendosi a Riina Jr – che “quello è un ragazzo che ci scappelliamo tutti” (davanti a quel ragazzo ci togliamo tutti il cappello). È la risposta ad uno dei convocati alla riunione, Massimo Tilocca, che è stato recluso, dal dicembre 2017 al maggio 2018, nella casa lavoro di Vasto. Tilocca aveva appena riferito che – nel periodo trascorso a Vasto – avrebbe ricevuto un pizzino da Salvo Riina con l’ordine, una volta uscito dal carcere, di “stuccare” (eliminare) un licatese, tal Vincenzo Sorprendente». Di quanto riferito dagli inquirenti nel luglio di due anni fa non si sono avuti, a nostra conoscenza, altri aggiornamenti. Restano i pesanti interrogativi su cosa possa essere accaduto nel soggiorno vastese-casalese. Mesi in cui Salvo Riina è stato visto varie volte intrattenersi pubblicamente con appartenenti alla famiglia più nota alle cronache, e nella vita di paese, di Casalbordino e larga parte dell’intero Abruzzo come tra le più attive nel narcotraffico e in altri reati.  Uno degli esponenti della famiglia De Rosa - legata ed imparentata con altre famiglie come Spinelli, Di Rocco, Ciarelli, Di Silvio, Spada, Casamonica ed altre – varie volte arrestato per spaccio, usura e violenze negli anni, come abbiamo documentato in precedenti articoli, è attivo sulla bacheca di Salvo Riina.

Torniamo quindi – alla luce di questi fatti e degli 11 arresti a Roma nel gennaio scorso tra prestanomi e favoreggiatori del boss palermitano Francesco Paolo Maniscalco (arrestato nei mesi precedenti dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo nell’ambito di un’indagine sulle scommesse on line e in passato emerso come molto vicino a Riina jr) - a riproporre le domande, rimaste sempre senza risposta, dei nostri precedenti articoli.

  • Viste le dichiarazioni sulla stampa e sui social quale «nuova vita» ha mai proposto Riina jr?
  • Il tenore di vita, compresa la vacanza in un luogo extralusso, appare più che alto. Da quali entrate e quali ricchezze è permesso?
  • La casa editrice è fallita, chi stampa ora il libro e come è possibile che circolino nuove copie?  
  • La vicenda di Licata di oltre due anni fa quali sviluppi ha avuto? E quali conseguenze e attenzioni sul periodo vastesecasalese del rampollo della riina family?
  • Quanto assidua la frequentazione con i personaggi ricordati in quest’articolo di Riina nel suo soggiorno abruzzese? Quali rapporti sono rimasti?
  • Visto il tenore di vita che appare dalle foto su facebook ed instagram (certamente ben pochi residenti in Romania possono pagarsi una vacanza in luoghi extra lusso a Valencia, in Spagna), il rampollo vorrà magari mai raccontare qualcosa di dove sono finiti e come si potrebbero rintracciare i capitali del padre?  
  • In un nostro articolo del gennaio 2020 pubblicammo la foto, in pieno Gomorra style, postata sulla bacheca facebook di Salvo Riina nel periodo casalese in cui campeggiavano la copertina del libro, altri oggetti, un paio di manette e quella che appare una pistola.  Era effettivamente una pistola? E, soprattutto, la foto era di repertorio o scattata in quei giorni?
  • «Salvo Riina ha ora aderito a un progetto per la realizzazione di casette in legno, dove i detenuti potranno incontrare le famiglie senza andare alla ricerca di bar o locali di fortuna – riportò un quotidiano abruzzese nel maggio di due anni fa quando il tribunale concluse la sorveglianza a Salvo Riina Ha anche scritto un secondo libro. Il volume è in fase di pubblicazione e presto verrà distribuito nelle librerie». In quelle settimane furono sbandierati e propagandati anche grandi progetti «solidali» che avrebbe portato avanti qui in terra d’Abruzzo. Di tutto questo non si ha più traccia, così come apparentemente sparito da Casalbordino la sua frenetica attività social è quasi cessata, come mai?

I fatti che riportiamo in quest’articolo a partire dalla condanna per l’inchino a Palermo dovrebbero portare molti dubbi e interrogativi. E, per chi qui in Abruzzo pensa sia stata solo una parentesi di cui era inutile anche solo parlarne e scrivere, dovrebbero essere ancora di più.

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