Una società in profonda crisi dovrebbe porsi alcune domande

L'OPINIONE. «Dopo l'esperienza pandemica forse è cambiata la sensibilità delle persone che hanno compreso che può esserci altro al di là del mito del lavoro perpetuo».

Una società in profonda crisi dovrebbe porsi alcune domande
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

È mai possibile che qualsiasi progresso produttivo debba essere indirizzato verso l'accumulo di ricchezza? Si parla del pericolo che l'intelligenza artificiale possa generare ancora più disoccupazione prima di far evolvere il sistema verso altre forme produttive.

Ma se questa intelligenza artificiale venisse utilizzata principalmente per ridurre il tempo lavorativo a parità di salario non sarebbe una scelta più saggia?

È mai possibile che non si può ipotizzare una distribuzione di ricchezza come elemento portante della società ma solo scelte di accumulo in poche mani che dovrebbero regolare la vita di tutti?

Dopo l'esperienza pandemica forse è cambiata la sensibilità delle persone che hanno compreso che può esserci altro al di là del mito del lavoro perpetuo.

Il reddito di cittadinanza, invece di essere esteso e reso realmente tale, viene compresso ed abolito per creare una condizione di dipendenza sempre maggiore dallo sfruttamento per vivere. La sanità viene trasformata per rendere sempre più la salute una merce da cui trarre profitto, così come gli altri beni comuni come l'acqua, l'istruzione, ecc.

Mi chiedo: è questa la strada giusta da seguire in una società che sembra sempre più annichilita su se stessa e che si avvicina sempre di più ad un'autodistruzione?

È mai possibile che non si riesca a superare il pensiero unico decadente che ha come valori di riferimento l'accumulo di ricchezza e potere? A quando un'antitesi valoriale, organica e politica a questo pensiero unico dominante?

L.P.