Adesso sappiamo qualcosa in più sulle indagini che hanno portato alla cattura di Matteo Messina Denaro/2

PARTE 2. Martedì è andato in onda su Rai 3 uno speciale sulla cattura di Matteo Messina Denaro. Cosa è successo realmente?

Adesso sappiamo qualcosa in più sulle indagini che hanno portato alla cattura di Matteo Messina Denaro/2

Si arriva al 13 gennaio 2023, 3 giorni prima della cattura e si ricostruiscono i legami del padre che sono gli stessi alle quali si è affidato il figlio.

E qui interviene Elena Ferraro, l'imprenditrice che si è rifiutata di riciclare i soldi dei Messina Denaro denunciando il cugino. Ricostruendo le immagini notano che durante l'operazione di Andrea Bonafede, lo stesso si trovava a spasso con il cane a Campobello di Mazara.

I Ros riescono ad entrare nel sistema operativo della clinica “La Maddalena” e scoprono due cose: la prima che continuava ad essere sottoposto a cicli di cure e che la successiva sarebbe stata il 16 gennaio.

Coinvolgono il Gis perché non sanno nulla su chi fosse realmente Matteo Messina Denaro ed arrivano in Sicilia l'alba del giorno dopo. Studiano la struttura, la clinica e vogliono sfruttare l'effetto sorpresa facendo in modo di non farlo più uscire dopo che egli stesso si sia introdotto all'interno della struttura sanitaria.

Il 15 pomeriggio i Ros si riuniscono con il procuratore De Lucia e il sostituto Guido per capire come intervenire. Era necessario, una volta entrati, far capire a tutti che era un'operazione dei carabinieri e la presenza dello Stato senza far spaventare nessuno. La notte del 16 gennaio non ha dormito nessuno ed erano sempre più convinti che dietro il nome di Andrea Bonafede si celasse Matteo Messina Denaro.

La mattina seguente si introducono dentro la struttura e da lì iniziano le telefonate dei giornalisti alle loro fonti e al dottore De Lucia che cerca di far finta di non sapere nulla. Scoprono che Andrea Bonafede è entrato ma non si trova e si doveva cercare di conoscere almeno il volto per rintracciarlo; inizia a salire la paura che sarebbe stata l'ennesima mancata cattura.

Un operatore chiede ad un infermiere informazioni su Andrea Bonafede: l'infermiere lo conosce, guardano le telecamere e vedono che è in attesa del risultato del tampone ed era stato fatto salire al settimo piano.

Ma, dalle riprese, notano che era uscito dalla clinica. Così inizia ad operare il muro di cinta che avevano creato su vari livelli all'esterno della struttura.

Fotografano la sua faccia e la fanno girare tra tutti gli operatori. D'un tratto un carabiniere lo nota difronte a se all'interno di una vettura e chiama il collega il quale si muove verso l'autista. Li fanno scendere e li stringono al muro in attesa di rinforzi. Nel frattempo il vero Andrea Bonafede era monitorato a Campobello di Mazara ed in questo momento hanno avuto la consapevolezza di avere davanti a Matteo Messina Denaro; lo stesso lo conferma per diverse volte.

Si inizia a capire cosa è successo realmente e parte l'applauso dei presenti durante i festeggiamenti degli operatori. Viene portato in caserma dove viene notificato tutto ciò che gli è stato sequestrato e gli elencano tutte le condanne passate in giudicato e quelle in secondo grado. La sera verrà trasferito al carcere di massima sicurezza dell'Aquila al 41bis.

“Nel momento in cui ho realizzato quello che era successo, in cui mi sono reso conto che finalmente lo avevamo preso, il primo pensiero è andato al nostro maresciallo capo Filippo Salvi che è morto nel 2007 proprio nell'ambito delle attività di ricerca di Matteo Messina Denaro.

Ovviamente è andato anche alla piccola Nadia Nencioni che il 27 maggio 1993, a soli 9 anni, ha perso la vita nella strage dei Georgofili. Sicuramente, con la cattura di Matteo Messina Denaro, abbiamo chiuso un'epoca che è quella stragista corleonese.

Era l'ultimo tassello che mancava e non poteva morire da latitante come il padre. Perché la cattura di Matteo Messina Denaro è un segnale per tutti i mafiosi. È il segnale che lo Stato c'è e continuerà a cercarli, fino a quando non saranno assicurati alla giustizia.

- chiude così il colonnello Lucio Arcidiacono.

“Tutte le volte che andavo a Palermo e quindi arrivavo a Punta Raisi quando facevamo le indagini, poi passavo sul tratto autostradale a Capaci, il carabiniere che mi veniva a prendere e mi accompagnava, rallentava in prossimità di Capaci e io mi segnavo con la croce e mi dicevo una preghiera.

E passare lì era pesante. Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro passavo di lì con l'animo più sollevato e questo l'ho proprio avvertito. Perché comunque abbiamo consegnato alla giustizia l'ultimo dei responsabili di queste stragi che sono state fatte.”

- finisce così il generale Pasquale Angelosanto.

 

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