«Non dimenticate i nostri cari»
Appello social dei familiari delle vittime del covid19.
Siamo tornati nella normale quotidianità, al lavoro o a scuola, alle ore scandite dalla routine di ogni giorno. Le feste sono ormai alle spalle, quel periodo di festività caratterizzato dallo stare insieme, dalla condivisione, dal ritrovarsi in famiglia e con tutti gli affetti più cari. Settimane di gioia, divertimento, dei sentimenti più alti e nobili donati a chi abbiamo nel cuore. Ma non è stato così per tutti. Come abbiamo già sottolineato in questi giorni le festività natalizie e del passaggio ad un nuovo anno sono le feste delle “notti magiche”.
Ma ci sono persone, umanità, per cui di magico nelle notti non c’è nulla. Oppresse dall’emarginazione, dalla violenza, dal peggio del peggio di questa società sfruttatrice, disumana, cinica. E ci sono notti e feste segnate da vuoti che pesano come macigni, da ferite laceranti che mai potranno guarire. Non è stata festa per chi è sfruttato e incatenato.
E non è stata festa piena per chi ha accanto sedie vuote, voci, volti, carezze, abbracci, affetti che vivono nel cuore ma non potranno mai rinnovarsi, mai ripetersi se non nei ricordi. Dolorosi e che vibrano nel profondo del cuore e dell’anima con il peso dell’assenza di chi non c’è più.
È questo un Paese che con la memoria ha un rapporto falso e bugiardo, ipocrita e vacuo. Che imita il pesce rosso, che dimentica il tragitto appena tocca un lato della boccia, fa finta di commuoversi ad ogni occasione per poi – come fosse il passaggio da un canale televisivo all’altro col telecomando – passare oltre come nulla fosse. Uragani e polveroni improvvisi e poi il vento e la polvere si posano e tutto passa. Per poi, nel mare della retorica e delle celebrazioni autoreferenziali, gonfiarsi e coprire tutto sotto fanfare a comando.
Sventurato il Paese che ha bisogno di eroi ammoniva Brecht.
Ipocrita e complice, oltre ogni sciagura e sventura, appare questo Paese. «Io sono Peppino Impastato», «Giovanni Falcone siamo noi», «Paolo Borsellino cammina sulle nostre gambe», «Noi siamo Pippo Fava», «Rita Atria vive», «Lea Garofalo ci insegna e noi proseguiamo», l’elenco potrebbe essere infinito e sterminato. Il giorno delle cerimonie, il giorno delle commemorazioni, delle lacrime a comando. «Apri il giornale c’è l’ispirazione» cantano I Nomadi da molti anni. Anche senza aprire il giornale, basta alzare la testa e guardarsi intorno e la realtà reale è sotto gli occhi di tutti. E chi non si omologa, chi non si amalgama, chi vive dolori e sofferenze che non sono certo colpa di un destino lontano, chi non tace il resto dell’anno rimane solo di fronte l’ingiustizia, il dolore, la sofferenza, il peso dell’assenza di persone cari, di un distacco traumatico e che scava e scaverà sempre nell’anima e nel cuore.
Sono passati quasi tre anni dalla proclamazione dello stato di emergenza per il covid19, quasi tre anni di pandemia. Settimane in cui tutto è stato travolto (e hanno cercato di ammantare) dietro retoriche lacrimevoli e struggenti, proclami e slogan. Così uniti, così forti i sentimenti che un anno dopo fu celebrata la prima edizione di quella che doveva essere la giornata nazionale del ricordo. Di fatto è rimasta l’unica. E la memoria di quelle settimane, di cosa accadde e non accadde appare più lontana delle guerre puniche. Tutti si sentono in diritto di parlare e sparlare, dire la loro convinti di avere la verità in tasca, tutti hanno capito tutto.
L’infodemia è infinita. Quanta di questa attenzione vada alle persone, alle vittime, ai familiari è sotto gli occhi di tutti. Si continuano a propagandare modelli e grandi «statisti» che sarebbero stati eroici, grandiosi, monumentali, che senza loro ci saremmo precipitati chissà in quale baratro. Le vittime son buone per le narrazioni, per i raccontini, per le verità di comodo, ma è considerato proibito chiedersi perché le vittime sono vittime, scandalo dei benpensanti e di trombe, trombette e tromboni a reti unificate porre domande.
E così chi agì o non agì, chi per mesi disse tutto e il contrario di tutto, gettando la croce addosso ai cittadini mentre dovremmo tutti sapere cosa ha fatto o non fatto, chi ebbe il tempo in quei mesi drammatici mentre ogni giorno ci veniva imposto il peso di ogni comportamento di scrivere e poi ritirare un libro, di fare dirette su dirette social per insegnare agli altri, per bacchettare, per propagandare continua a proporsi e riproporsi, ad avere riflettori e consensi. Mentre il dolore dei familiari, di chi piange una persona cara che non c’è più, la loro sacrosanta domanda di verità e giustizia resta lì e l’attenzione pubblica e mediatica è nettamente minore. Sono passate le feste e quel dolore, quella lotta per la giustizia e la verità, si sono sentite più forti che mai. Cicatrici nelle corde più vibranti della nostra umanità.
E chiedono di non esser mai lasciati soli, di non dimenticare, di continuare a lottare nonostante tanto e troppo insieme a loro, di impegnarsi a restituire dignità e coscienza a questo Paese. Corde vibranti ed intime, personali e collettive, che hanno riunito ancora una volta in questi giorni i familiari delle vittime e i tanti che stanno camminando accanto a Sereni e Sempre Uniti – Associazione Familiari Vittime Covid19. Ne è nato, spontaneamente, un «appello virtuale che fa riferimento ad un dolore ancora tanto reale, tangibile e commovente com’è espresso nei post» sui canali social di alcuni familiari. La prima è stata l’avvocata Consuelo Locati, «legale dei familiari ma soprattutto figlia di una delle vittime che il Covid19 ha causato a migliaia nella provincia di Bergamo nella primavera 2020».
Questo il testo del post-appello – pubblicato qui https://www.facebook.com/consuelo.locati/posts/pfbid034TG5fDG8quRRhXCdfX1qWoHfBWVYxCdhVNQvECXgm24KaGo8Fdqc7SLrHaCw6qTFl - dell’avvocata Consuelo Locati che riproduciamo integralmente cercando di rilanciarlo ed esprimendo così il nostro supporto e sostegno.
«27 Marzo 2020
Quando chiunque si permette ancora di tacitare la voce di chi ha sofferto uno strazio sovraumano deve ricordare che proprio questo strazio è il motore che non farà mai fermare chi combatte per far emergere la verità sulle responsabilità della più grande strage dal secondo dopoguerra.
La strage che è costata la vita delle radici di questo Paese.
Quelle radici ridotte a "corpi accatastati cui è stata negata anche la dignità della sepoltura" ed ogni volta che si tenta di strumentalizzare o silenziare chi agisce solo per ridare a loro dignità vilipendia la loro memoria.
Io non mi fermerò e con me non si fermerà chi agisce solo per amore di verità, di giustizia, con onestà morale ed intellettuale.
"Ci sarà un giorno, in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere!"
Papà io non mi fermo
Per te e per tutti coloro che sono con te
A tutti. Postate un ricordo nei commenti.
Con coraggio».
«Questi, a cavallo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, per tanti sono stati giorni di festa e di svago, mentre per migliaia di famiglie sono stati momenti di rinnovato dolore con quei posti vuoti alle tavole a pesare ancora di più di fronte alla continua censura politica e mediatica di una questione ancora aperta – riporta l’associazione condividendo il dolore di queste settimane, un dolore che dovrebbe interrogarci e coinvolgerci tutti - la gestione della prima fase della pandemia è infatti sotto la lente della Procura di Bergamo, che in questi giorni dovrebbe pronunciarsi dopo quasi 3 anni di indagine (fascicolo aperto ad aprile 2020), ed è in attesa dell’udienza del tribunale Civile di Roma del 25 gennaio».
«Nel frattempo gli unici che tengono alta l’attenzione e fanno memoria di quella che è stata una strage silenziosa, o silenziata, sono i familiari dell’associazione #Sereniesempreuniti che chiedono: “Non dimenticate i nostri cari, sono vite che si sarebbero potute risparmiare, stateci vicini, sarebbe potuto capitare a chiunque” – è l’appello dell’associazione a non dimenticare e anzi impegnarsi, agire, com-muoversi - su Facebook, in particolare sotto il post della Locati, si leggono storie comuni, di nonni, mariti e mogli, strappati alla vita troppo presto o in malo modo senza la possibilità di un confronto, di un saluto. L’invito, per chi volesse e ancora non conoscesse l’associazione, è di condividere la propria storia sotto al post o scrivendo all’associazione info@familiarivittimecovid19.it – https:// www.familiarivittimecovid19.it ».
I NOSTRI PRECEDENTI ARTICOLI
Sulle denunce delle famiglie delle vittime della pandemia si vuol far cadere oblio e «colpevole silenzio»?
Familiari vittime covid: «Commissione d’inchiesta subito»
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Si potevano evitare decine di migliaia di decessi
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La reazione dei familiari: «Fontana, non sei il benvenuto»
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