Pippo Fava, in morte di un grande giornalista

IL CONCETTO ETICO DEL GIORNALISMO. Ore 21:30 del 5 gennaio 1984, Catania. Sono passati 38 anni ma la lezione del giornalista-giornalista (ucciso da Cosa nostra) resta attuale.

Pippo Fava, in morte di un grande giornalista

«Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, perdìo. Tanto, lo sai come finisce una volta o l'altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa...»
«A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare?»
(Pippo Fava)

 

Laureato in giurisprudenza nel 1947. Nel 1952, Pippo Fava diventa giornalista professionista e comincia a collaborare con varie testate regionali e nazionali.

Nel 1956 viene assunto a Espresso Sera. Oltre alle numerose inchieste giornalistiche, raccolte successivamente nei volumi Processo alla Sicilia (1970) e I Siciliani (1980), negli stessi anni matura una straordinaria vocazione artistica, letteraria e pittorica. Nel 1966 vince il Premio Vallecorsi con Cronaca di un Uomo, e nel 1970 il Premio IDI con La Violenza, da cui Florestano Vancini trasse il film di successo Violenza Quinto Potere (1974).

Gli anni successivi videro la pubblicazione dei romanzi Gente di rispetto (Bompiani, 1975) da cui Luigi Zampa trasse il film omonimo, Prima che vi uccidano (Bompiani, 1977) e Passione di Michele (Cappelli, 1980) dal quale Werner Schroeter trasse il film Palermo oder Wolfsburg, vincitore dell’Orso d’oro al festival di Berlino del 1980, e delle opere teatrali de Il Proboviro (1972), Bello Bellissimo (1975), Foemina ridens (1980). Opere di grande maturità e complessità che hanno consacrato lo scrittore siciliano come acuto testimone del suo tempo e come profondo studioso ed esperto del fenomeno della mafia siciliana.

Nel decennio 1965-1975 realizza a Catania e Roma quattro personali degli oli e delle grafiche realizzate in quegli anni.
Nel 1980 – anno in cui il film Palermo or Wolfsburg, da lui sceneggiato, vinse l’Orso d’Oro al Festival di Berlino – Pippo Fava assume la direzione del Giornale del Sud a Catania.

Nel novembre 1982 fonda il mensile I Siciliani pubblicando inchieste in cui si denunciavano con forza le collusioni tra mafia, politica e imprenditoria. Il 5 gennaio 1984, Pippo Fava aveva appena lasciato la redazione del suo giornale e stava andando a prendere la nipote che recitava al teatro Stabile della città etnea.

Non ebbe il tempo di scendere dalla macchina: fu freddato da cinque colpi calibro 7.65 alla nuca.

Al funerale, solo poche persone tra cui il presidente della regione Santi Nicita. Nel 2003 la Cassazione ha condannato all’ergastolo il boss Nitto Santapaola, mandante del delitto.

 

«Io ho un concetto etico del giornalismo.

Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.

Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero.

Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!

Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo!

La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà!

Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.

E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio d’impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: “Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!”»

Pippo Fava

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