Sistemi criminali abruzzesi, gli affini dei Casamonica nella «suburra d’Abruzzo»/1

Alcuni recenti fatti di cronaca riportano all’attenzione quel che noi denunciamo da anni.

Sistemi criminali abruzzesi, gli affini dei Casamonica nella «suburra d’Abruzzo»/1

Abbiamo sintetizzato nei giorni scorsi alcuni tra i principali fatti di cronaca (anche giudiziaria) della «suburra d’Abruzzo», del «mondo di mezzo» legato a doppio filo a coloro che nel Lazio – Roma, Ostia, Latina e provincia – sono lì definiti clan e mafie: Casamonica, Spada, Di Silvio, Ciarelli e affini vari.

È il «mondo di mezzo» dello spaccio, dell’estorsione, dell’usura, del racket, dell’imposizione violenta e brutale della propria presenza.

Il 1° gennaio 2020, mentre noi ci apprestavamo ad andare online, nel Ferro di Cavallo di Rancitelli (Pescara) avvenne un omicidio al termine di una violenta aggressione. Fu arrestato – riportammo nell’articolo del 7 gennaio - «Guerino Spinelli, con precedenti giudiziari, esponente della nota famiglia protagonista, da tanti anni, dello spaccio e della criminalità violenta a Rancitelli e in altre zone di Pescara e dell’Abruzzo».

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A fine maggio la Corte d’Assise di Chieti ha condannato Guerino Spinelli - il suo avvocato ha affermato che farà ricorso e che non sarebbero emerse prove, e che era un processo «già scritto» (da chi e perché? Non lo specifica…), eppure l’impianto accusatorio è stato accolto in toto – all’ergastolo.

Spinelli è cognome che ricorre anche negli ultimi due gravi fatti violenti, al momento in cui scriviamo quest’articolo, riportato nella cronaca abruzzese: un «pestaggio selvaggio avvenuto durante la movida alla Marina» (virgolettato di un articolo de Il Centro dell’8 giugno scorso) e l’aggressione contro un pizzaiolo a Casalbordino «brutalmente aggredito» (parole testuali del sindaco di Casalbordino Filippo Marinucci) la notte tra il 10 e l’11 giugno scorsi da «chi crede, con la violenza, di poter ottenere quello che vuole» (parole testuali della vicesindaca di Casalbordino Carla Zinni).

Normalmente si racconta, documenta, denuncia un avvenimento dopo che è accaduto. Fatti alla mano è possibile analizzare, decostruire, approfondire. Quanto accaduto nelle settimane scorse, punte di iceberg molto più vasti, non può e non deve finire – dopo il clamore e l’emozione di pochi giorni – nell’oblio mediatico e sociale.

Ad essi si possono applicare, modificando giusto alcuni dettagli specifici, a quanto noi stiamo documentando e denunciando sin dal primo giorno. Ed allora ripercorriamo atti, fatti e denunce dei nostri numerosi articoli per tornare a martellare, denunciare, non dare tregua.

Il "ghetto" pescarese e la Gomorra d’Abruzzo

Uno dei simboli del quartiere Rancitelli di Pescara è il “Ferro di Cavallo”, un palazzo così chiamato proprio per la sua forma che ha inflitto allo stesso quasi una maledizione, trasformandolo in una sorta di fortino dove vedette della criminalità hanno gioco facile. Da queste latitudini sono partiti, insieme alla molisana Campobasso, i Casamonica.

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Abruzzo, neanche la pandemia ferma prepotenza e traffici criminali

PRIMA PARTE. Traffico di droga, occupazioni abusive, prepotenze in sfregio al bene comune. Tutti restiamo a casa ma la mala continua a scatenarsi.

Una realtà che abbiamo definito la Gomorra d’Abruzzo, «gli stessi comportamenti dei Casamonica a Roma, ma anche degli appartenenti alle famiglie Spinelli, Di Rocco, Di Silvio, De Rosa ed altri affiliati in altre città. Accade nel teramano e nell’aquilano e, forse ancor di più, in comuni come Vasto, San Salvo, Casalbordino ed altri nella provincia di Chieti, dove egemonizzano le cronache giudiziarie e sono protagonisti, spesso nel silenzio e nell’accettazione, di scorribande e prepotenze. In questa Gomorra di provincia incontrano fornitori e clienti del narcotraffico, pianificano altri reati, intimidiscono e picchiano persone che possono essere colpevoli anche solo di esser loro antipatici o non aver avuto il comportamento che loro gradiscono».

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Gli inquietanti segnali delle mafie in Abruzzo

SECONDA PARTE. La malavita non si ferma ai tempi della pandemia globale, in sfregio al bene comune e agli interessi della collettività. In Abruzzo i segnali sono abbondanti e non devono rassicurare nessuno.

la Provincia di Chieti e soprattutto il vastese è il luogo di approdo, infiltrazione ed appropriazione di attività economiche legali da parte di appartenenti alle mafie foggiane, quelle stesse mafie che anche in queste settimane continuano a intimidire e compiere attentati in Puglia, e di clan di camorra. Si prepara la ripetizione di quanto già visto varie volte negli ultimi vent’anni con l’arrivo di personaggi come gli esuli di camorra Pasqualone e Cozzolino e gli ‘ndranghetisti Ferrazzo e Cuppari, giunti nel vastese i primi tre e a Francavilla l’ultimo dove indisturbati e nel silenzio in pochi anni si sono creati delle piccole ma articolate cosche locali infiltrandosi nell’economia legale ed imponendosi sul territorio come attività estorsive e di spaccio?

Personaggi che sono stati le uniche variazioni rispetto al sostanziale monopolio criminale da parte degli appartenenti a famiglie come i Di Rocco, gli Spinelli e i De Rosa. Quella Provincia dove un anno fa, in queste settimane, diventava di dominio pubblico la notizia della sfrenata attività social e «sociale» di Salvo Riina, terzogenito del boss mafioso morto. Un’attività che, come abbiamo già avuto modo di raccontare, suscitò ben poche reazioni di rifiuto e molti imbarazzati silenzi, benevolenze e persino accoglienze anche dopo l’allarmata reazione del presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Nonostante i tanti post apologetici, il non aver mai preso nessuna distanza dall’ambiente mafioso familiare e le due aste in cui ha trasformato il proprio cognome in un brand. Un’attività social improvvisamente interrottasi in piena estate mentre da dicembre scorso sembra essersi allontanato dall’Abruzzo, interruzione su cui (anche qui nel silenzio generale) nei mesi scorsi abbiamo posto interrogativi rimasti senza risposta.

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Rancitelli, Di Credico: «chi ha bisogno non occupa le case»

Spaccio, violenze e prepotenze, racket e occupazione abusiva case popolari, sono tanti i mali di Rancitelli a Pescara. Dove sono presenti e resistono cittadini onesti, che non si arrendono e da tanti anni lottano per un futuro migliore molti dei quali hanno costituito l’anno scorso il comitato di quartiere "Per una nuova Rancitelli". Intervista alla presidente del comitato Francesca Di Credico.

lo spaccio di droga e l’illegalità violenta sono diffusi in tutta la Regione e in queste ultime settimane non è cambiato nulla. Il 30 aprile a L’Aquila, una situazione dalla dinamica quasi identica ai dramma bloccati di recente dalle forze dell’ordine a Vasto e Avezzano, un 35enne è stato arrestato per le ripetute percosse alla madre per costringerla a fornirgli denaro per l’acquisto di droga, il 21 aprile a Casalbordino è stato arrestato un 50enne che spacciava cocaina davanti casa.

Sono state rese solo le iniziali dello spacciatore casalese e non le generalità estese ma D.R. sono apparse subito inequivocabili, quasi un marchio di fabbrica: come abbiamo sottolineato già in uno dei primi articoli del gennaio scorso lo spaccio di droga, la presenza violenta in piazza e nei locali pubblici, l’usura sono praticamente egemonizzati – nel comune e in tutto il circondario – da una sola famiglia e dai suoi parenti. L’ultimo blitz anti droga dei Carabinieri di Avezzano che ha portato a 3 arresti è del 17 aprile, tra Vasto, San Salvo e Gissi l’ultima operazione di polizia è del 29 aprile con otto arresti per spaccio, usura ed estorsione scattata dopo la denuncia di un operaio finito nelle mani della banda per uso di cocaina e che aveva tentato in poco tempo tre volte il suicidio schiacciato dalla disperazione perché travolto dai debiti con gli spacciatori-usurai.

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