APPALTI: SEMPLIFICARE FORSE TROPPO, NEL NOME DELL'EMERGENZA

APPALTI: SEMPLIFICARE FORSE TROPPO, NEL NOME DELL'EMERGENZA
Ph lavoripubblici.it

Le prime bozze sul Decreto semplificazioni in riferimento al sistema italiano degli appalti, ci danno già un'idea che si stava instaurando da tempo nell'orientamento politico generale del Paese: semplificare e liberalizzare il subappalto, dietro il quale purtroppo in Italia si nascondono da sempre le impronte della criminalità organizzata e una mentalità affaristica che scontano tutt'oggi.

Insomma una sorta di triste ritorno al passato.

Ponte Morandi: ricostruzione in totale deroga. Un problema endemico

Quello che era stato ventilato dopo la costruzione del Ponte Morandi di Genova durante il governo Conte 1 ed il Conte bis, sta adesso prendendo forma con il Governo Draghi e nell'impostazione del Pnrr e delle norme inserite nel dl Semplificazioni.

Piccola doverosa premessa: si tratta ancora di bozze. Ma nonostante questo, la loro circolazione ha già prodotto un effetto interessante nel dibattito politico di queste ultime ore, coinvolgendo anche le parti sociali.

Si tratta di bozze che però ci danno un'idea sull'impostazione generale del pensiero politico della dei costruttori italiani al seguito (una vera lobby d'affari da sempre), che quando si parla di appalti si inizia provare una certa repulsione verso qualsiasi tipo di norma che vada a porre dei paletti non solo alla realizzazione di certe opere ma agli interessi (ancora più forti) che vi sono dietro di esse.

Si è parlato spesso del “modello Genova: in sostanza affidare i lavori per la ricostruzione del Ponte Morandi ad un commissario straordinario, in deroga alle norme sul Codice degli Appalti, in virtù dell'emergenza.

Qui sta il punto: derogare è sintomo di efficienza o di patologia endemica? Lo si osanna e loda da sempre questo Modello Genova. Vi sono ovviamente dei pro e dei contro in tutta questa vicenda, sia per come è nata che per come si è sviluppata.

Anzitutto dietro alla ricostruzione del ponte Morandi vi è un elemento da non sottovalutare e da tenere sempre presente: la farraginosità unità all'eccessiva complessità e contraddittorietà della normativa nazionale sugli appalti.

Sicuramente il punto sulla burocrazia è doveroso e sacrosanto, ma tale sistema pare di difficile attuazione su scala nazionale, sia per la complessità di ogni singola opera, sia per le realtà territoriali diverse che si presentano nel nostro Paese.

Inoltre da più parti vantato come esempio da seguire, è invece la palese dimostrazione di come l'attuale normativa vigente costituisca un impedimento costante, continuo e pieno di alibi, alla progettazione e alla realizzazione, in tempi e costi certi e con qualità, di un'opera pubblica. Non scordiamocelo mai: per il nuovo ponte di Genova è stato tracciato un percorso tutto in deroga alla normativa vigente.

Dall'altro lato è vero anche che se fosse stata applicata la vigente normativa eravamo ancora alla fase della scelta del progettista a cui affidare l’incarico e poi il progetto avrebbe dovuto seguire tutto l’iter approvativo (mesi e mesi) e poi la gara per l'affidamento dei lavori (altrettanti mesi e mesi) e come succede per le opere pubbliche, tra forse altri tre anni sarebbero iniziati i lavori e questi secondo l'attuale norma sarebbero durati forse altri quattro anni. Si è dovuti ricorre a poteri commissariali e a tutte le deroghe possibili alle normative vigenti, per poter realizzare un'opera che si sta ultimando in meno di due anni.

Inoltre non va mai scordato un dettaglio: sembra, infatti, che in Italia si dia esclusiva importanza esclusivamente alla fase della gara e il Codice stesso in qualche misura ne è responsabile. È diffusa l’idea che tutti i problemi si risolvano scegliendo l’impresa o l’affidatario dell’incarico di progettazione, in realtà quella è una faccia della medaglia, ma è evidente che il tema più rilevante è la realizzazione l’opera. E' importante la centralità del progetto, che la legge delega evocava molto opportunamente, ma solo sé è centro ideale dell’intero processo e della consapevolezza che l’opera è il solo scopo del processo stesso.

Il nuovo subappalto: tra liberalizzazione, affidamenti diretti e massimo ribasso

Detto questo, arriviamo alle bozze del Pnrr e alle norme sul dl Semplificazioni, oggetto di continua riunioni tra le varie forze politiche.

Per gli appalti si preannuncia una proroga fino al 2026 delle deroghe introdotte la scorsa estate dal governo Conte, ma con alcune novità, inaccettabili per i sindacati a partire dalla liberalizzazione del subappalto. Che contestano in particolare la liberalizzazione del subappalto, la cui soglia (la quota di lavori che chi vince una gara può affidare ad altri) era già stata aumentata due anni fa dal 30 al 40% per rispondere alle contestazioni della Corte di giustizia europea secondo cui i limiti imposti dall’Italia erano troppo restrittivi e limitavano la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Cambierebbero anche le soglie per gli affidamenti diretti già modificate più volte negli ultimi anni: sale da 75.000 a 139.000 euro la soglia dei contratti senza gara di servizi e forniture, mentre l’affidamento dei lavori sarà sottoposto a procedura negoziata senza bando per i contratti di importo compreso tra i 150.000 euro e un milione di euro, con la consultazione invece di almeno dieci operatori solo per le opere dal valore pari o superiore a un milione. Viene dunque aumentata di molto la soglia attuale che prevede l’invito al negoziato di 10 imprese già per opere da 350mila euro a 1 milione (diventano 15 fino a 5 milioni e oltre quella cifra la procedura negoziata è utilizzabile nel caso in cui “la realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi” del Covid).

L'appalto integrato: il rischio dello stesso aggiudicatario ed il ritorno al massimo ribasso

Torna il cosiddetto ‘appalto integrato‘, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori possono essere oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario. Viene abrogato infatti, per le opere del Recovery, il divieto di affidamento congiunto previsto dal Codice degli appalti. Si torna così al general contractor, l’appaltatore che si occupa in un colpo solo di progettazione, esecuzione e collaudo. Era previsto dalla famigerata Legge Obiettivo del governo Berlusconi, definita “criminogena” da Cantone e fu riportato in vita con il decreto Sblocca cantieri del Conte 1. All’epoca però, come aveva rivendicato l’allora ministro Stefano Patuanelli, il criterio di aggiudicazione escludeva automaticamente le offerte al massimo ribasso. Che ora invece rientrano dalla finestra: “L’aggiudicazione – si legge nelle bozze – può avvenire sulla base del criterio del prezzo più basso”. Prezzo che poi, in corso d’opera, tende ovviamente a lievitare con il “gioco” delle varianti.

A forza di semplificare si rischia la rovina definitiva
E' evidente come in Italia sia ormai diventata una condizione strutturale “l'agire in emergenza”. Dietro l'emergenza si sono sempre create le condizioni per porre in essere le peggiori nefandezze in Italia. Ma l'impostazione, ormai consolidata è la seguente: affidare la costruzione delle grandi opere a strutture commissariali, in deroga alle norme sugli appalti. Non che il Codice degli Appalti sia la bibbia. Tutt'altro: occorre porre rimedio a tale corpus normativo.

Che la burocrazia, unita a certe situazioni di legalità dubbia e una complessità quasi folle della normativa sugli appalti, abbia reso doverosa la modifica al Codice degli Appalti, non sta a significare però che dobbiamo farne a meno. E l'emergenza post-Covid, unita all'esigenza di far "ripartire" il Paese, non giustifica la frenesia di accelerare sempre e solo "in deroga" alle leggi il mondo delle costruzioni per il prossimo futuro.

In una situazione del genere sarebbe opportuno fare chiarezza sul piano normativo, sempre troppo caotico, magari con delle Linee Guida più snelleL'efficacia di un Codice degli Appalti non si misura sulla lunghezza di una norma: questo è un vizio ormai troppo in voga in Italia. L'efficacia di un Codice degli Appalti, che legiferi in modo obiettivo e nel rispetto dei principi Costituzionali e della legislazione Antimafia, dovrebbe anzitutto provvedere ad una attenta revisione di tutte le norme, a volte contraddittorie, a volte carenti, a volte inesistenti, di cui all'attuale testo normativo vigente. Uno dei problemi maggiori è appunto l'inflazione normativa (troppe leggi, troppe regole, scritte male per giunta), una qualificazione dei soggetti che controllano talvolta risibile e un numero esagerato di stazioni appaltanti. Su questo bisognerebbe discutere

Dietro l'emergenza si nascondono interessi criminali: tutti lo sanno, politica e lobby affaristiche legate al mondo delle costruzioni. Non è certo una novità. Ma invece di abolire il Codice degli Appalti (che Salvini e un po' tutte le forze di centro destra vogliono mettere al rogo) occorrerebbe discutere sulle modalità di modifica seria, norma per norma, quasi come se il legislatore avesse un bisturi per asportare e modificare il “corpo” di questo Codice tanto odiato da tutti.

Che senso ha continuare a legiferare in emergenza, a costruire in deroga alle leggi? Che senso ha permettere agli imprenditori, tornando all'appalto integrato, di accordarsi con i privati illudendoci di ottenere risparmi se poi subentrano varianti d'opera, correzioni e uno spropositato aumento dei costi che vanno ad arricchire i soliti noti in barba ad un regime normativo che potrebbe essere benissimo corretto se vi fosse la volontà politica di farlo?

Tutto ciò, è sintomo della ripresa di un paese serio?

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