Una vergogna indecente sulla pelle dei malati e dei più deboli

La devastazione della sanità pubblica, la cancellazione di ogni diritto dei cittadini, è avvenuto nei loro palazzi, è avvenuto da chi in giacca e cravatta in quegli uffici è stato ed è protagonista. E ora lanciano anche allarmi. Il caso Abruzzo.

Una vergogna indecente sulla pelle dei malati e dei più deboli

«Le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, per quanto, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne». Addio alle armi, Ernest Hemingway.

Ci sono guerre che attraversano l’Italia da decenni, guerre sociali combattute a furia di mazzette, corruzioni, malapolitica e privatizzazioni selvagge.

Guerre che la citazione di Hemingway descrive perfettamente. La fu sanità pubblica è l’apoteosi, la plastica dimostrazione di quanto sta accadendo da decenni. Sterminata è la lista di malaffare, comunella con le organizzazioni criminali e le lobby private, devastazione della fu sanità pubblica lungo tutto lo Stivale. Tutto in nome degli sporchi profitti di pochi e sulla pelle di milioni di malati, deboli, fragili.

L’Abruzzo è la regione di sanitopoli, di anni e anni di commissariamenti e tagli e vicende una più sconcertante dell’altra. Persino negli anni della pandemia abbiamo visto la sanità pubblica finire sui tavoli delle procure. Nella Regione in cui, nei mesi più drammatici, abbiamo subito il ritorno per un giorno in «zona rossa» per le scelte dello stesso pro console secondo cui un indice di contagio superiore ad 1 era aritmeticamente inferiore ad un indice di contagio intorno allo 0.9.

Senza dimenticare il direttore generale della Asl di Chieti – che ovviamente poi disse che era stato montato un caso strumentalmente e che è tutta colpa dei sindacati e dei giornalisti – che affermò nei mesi più drammatici della pandemia che i sanitari contagiati si erano ammalati per colpa loro.

Abbiamo raccontato nelle scorse settimane cosa hanno subito pazienti negli ospedali della Provincia di Chieti, in quella sanità che la deputata Daniela Torto (Movimento 5 Stelle) ha definito «allo sbando» con la «medicina territoriale in ginocchio».

SANITA' PUBBLICA: un’odissea il ritiro dei referti medici

ABRUZZO. All’ospedale di Lanciano manca un addetto, assente per gravi motivi personali, e per un paziente diventa difficilissimo riuscire ad avere anche solo notizie di un esame radiologico. La disponibilità e la professionalità del personale sanitario e la cronica carenza di personale di una sanità in sofferenza. Denuncia della deputata Daniela Torto: sanità allo sbando, in ginocchio la medicina territoriale.

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Sanità pubblica? Costretti a pagare e salta pure la visita specialistica

Ospedale di Vasto. Liste d’attesa infinite ma «a pagamento» si possono accorciare. Però il giorno atteso la visita non può svolgersi per un’assenza improvvisa (giustificata) e i regolamenti. Il personale è alle prese con forti difficoltà, sempre meno numeroso, e i pazienti pagano le spese.

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La Federazione italiana di medicina generale ha denunciato la settimana scorsa che in tutto l’Abruzzo sono oltre sessantamila le famiglie rimaste senza medico di base. Ciò significa che persone di tutte le età a cui non è garantito neanche sulla carta un diritto fondamentale sono almeno tra il doppio e il triplo. In pratica siamo intorno, per una regione di poco più di un milione e trecentomila abitanti, almeno (se non oltre) il 10% della popolazione totale. E il numero dei medici di base con i prossimi pensionamenti è destinato a scendere ulteriormente. E la ASL aquilana ha deciso la chiusura dei «Nuclei di cure primarie».

In capo alle Regioni ci sono ben precisi doveri, obblighi e compiti nella (fu) sanità pubblica. E, come avvenuto anche in Abruzzo, le cronache giudiziarie sono animate in grandissima parte da fatti avvenuti e contestati a livello regionale. Quelle regioni guidate da sgovernatori di ben precise appartenenze politiche. Sbandierate orgogliosi nelle campagne elettorali e nelle passerelle della politica politicante con cui ci nauseano costantemente. E anche quando cambia una casacca o una bandierina il giro è sempre lo stesso, son sempre loro, una volta da una parte e una volta dall’altra. Il ballo della sedia quello è. Ma durante i balli della sedia, nelle passerelle e nelle campagne appaiono sempre tutti insieme appassionatamente, sorridenti e coesi.

Di fronte tutto questo quanto si legge in sede di Conferenza Stato-Regioni ad inizio marzo sconcerta, indigna, davanti gli occhi vediamo quel che appare una vergogna indecente. Le Regioni (16 su 20 hanno un’unica casacca che è la stessa delle altissime sfere, e di fronte queste vicende torna il dubbio sul perché vengono chiamate sfere) hanno lanciato l’allarme sulla morte della sanità pubblica, sul rischio di un crac. Servono soldi, miliardi, altrimenti c’è la morte di tutto.

Quanti miliardi negli anni sono stati regalati ai privati? Quanti con i tagli e con il foraggiamento di cliniche private? In Abruzzo all’esplosione della pandemia si scoprì che i posti letto non bastavano e per una intensiva si è arrivati a pagare a privati fino a ben più di mille euro al giorno.

In sedici regioni su venti, secondo un recente rapporto, ci sono strutture sanitarie pubbliche che erogano più interventi «intra moenia» (come quelli di cui ci siamo occupati di recente nell’ospedale di Vasto) che in regime mutualistico. Quel regime che, come riporta l’ultimo report di Cittadinanzattiva, porta ad attendere fino a 720 giorni per una mammografia, un anno per Tac e risonanze.

A pagamento nel 57% dei casi magicamente si scende anche a meno di 10 giorni.