Sanità Molise, Pastore: «Molti non potranno più curarsi»

L'INTERVISTA. Nello scandalo della sanità pubblica molisana (servizi ridotti o cancellati, debito pubblico, piano di rientro, ospedali smantellati, privato preferito al pubblico) c'è chi guadagna anche 12mila euro al mese. «Invece di avere una ribellione sullo stato di degrado lo si accetta perché poi, alla fine, ci sta un guadagno economico».

Sanità Molise, Pastore: «Molti non potranno più curarsi»
Foto di archivio (WordNews.it)

«Più peggiora la situazione organizzativa e più alcuni colleghi guadagnano. Ecco perché nessuno contrasta il degrado». Lo avevamo riportato nell'articolo di ieri (Sanità, in Molise avanza il degrado). Stiamo parlando delle prestazioni aggiuntive nell'Ospedale di Isernia. «Il sistema sanitario risparmia - secondo Pastore - ma resta una operazione di copertura». Un metodo per moltiplicare i pani e i pesci.

La gente - chi lavora nelle strutture - non si ribella e guadagna. C'è anche chi, in un mese, ha guadagnato circa 12 mila euro. Alla faccia di chi non può nemmeno mettere un piatto a tavola.   

La sanità pubblica molisana, come abbiamo già scritto, è destinata a finire. «Sta collassando». E per capire meglio la situazione che i molisani stanno vivendo sulla propria pelle abbiamo sentito nuovamente il parere di chi, quotidianamente, ha il polso della situazione. Per Lucio Pastore, primario dell'UOS del Pronto Soccorso di Isernia, la sanità pubblica «quasi non funziona più niente».

Ma partiamo dalla frase iniziale. Chi ci sta guadagnando?

«Man mano che diminuisce la quantità di personale alcuni colleghi fanno queste prestazioni aggiuntive»

Cosa sono queste prestazioni aggiuntive?

«Oltre al loro normale orario di lavoro alcuni colleghi si offrono sul mercato per fare anche altre ore. Ogni ora viene pagata mediamente 60 euro. C’è gente che è arrivata a fare anche 200 ore in un mese. Tutto quello che potrebbe essere un'azione di ribellione interna viene a essere calmierata».

Da che cosa?

«Dai guadagni. Se una cosa va male guadagno di più, quindi non mi conviene neanche andare a contrastare. E in sostanza è quello che è successo. Invece di avere una ribellione sullo stato di degrado, lo si accetta perché poi, alla fine, c'è un guadagno economico».

Parliamo di 200 ore che per 60 euro fanno 12 mila euro al mese.

«Qualcuno è arrivato anche a fare questo. Ci sono un insieme di delibere sulle prestazioni aggiuntive e proprio l’ultima delibera parlava di 210mila euro pagati per prestazioni aggiuntive dell'ospedale di Isernia».

Ma è normale tutto questo?

«Sicuramente il sistema risparmia perché ha meno personale strutturato. Con questo metodo ha un guadagno ma nello stesso tempo si utilizza una parte di questo guadagno per tamponare le situazioni, dando parecchi soldi ad alcuni soggetti che si prestano a fare questa operazione di copertura. Il pronto soccorso senza prestazioni aggiuntive non potrebbe funzionare perchè non c’è personale. Loro investono e fanno fare le prestazioni aggiuntive al pronto soccorso di Isernia, al pronto soccorso di Agnone.  L’anestesia ha una quantità enorme di prestazioni aggiuntive perché ha frammentato un insieme di possibilità: uno va in sala operatoria, un altro sta in rianimazione. Insomma, c’è un metodo per moltiplicare i pani e i pesci e fare in modo che questi soldi vengano distribuiti».

Che succede in questo modo?

«La gente invece di ribellarsi sta zitta. Più peggiora la situazione e più alcuni guadagnano».

Una specie di bavaglio?

«Un elemento per calmierare una eventuale protesta che non avviene, appunto, perché ci stanno tutti questi soldi che girano».

Lei parla di investimento. Ma utile solo nel breve periodo…

«Viene creata una situazione di distruzione del servizio. È un investimento perché evitano una reazione interna. Non è un investimento come prospettiva. Anzi, ormai, non funziona più niente. Nella pediatria, ad esempio, c’è un solo medico strutturato e gli altri provengono da cooperative esterne: ci sta uno che viene da Napoli, uno da Roma. E vengono a coprire i turni. Questo non è un reparto, è semplicemente una specie di collocamento per coprire i turni. Non esiste alcuna programmazione».

Qual è la prospettiva per la sanità pubblica?

«Che finisce, è destinata a finire. Specialmente se passa quest'ultimo emendamento proposto da Forza Italia, laddove vengono concesse le prestazioni fatte dalle strutture private senza alcun budget, quindi senza limiti. La fine, il punto finale per cui si privatizza il sistema. La percentuale di privato accreditato e convenzionato, che attinge guadagni dal fondo sanitario nazionale, si aggira quasi al 50%».

Che significa?  

«Diminuiscono gli ospedali, diminuiscono i servizi, diminuisce personale mentre aumentano nelle strutture private le offerte. Se la politica fa funzionare meno la struttura pubblica, come è successo per il Molise, automaticamente si ipertrofizzano le strutture private convenzionate che mangiano dal fondo pubblico. Non è un privato che vive indipendentemente da un fondo pubblico ma è un privato che lo sottrae alle strutture pubbliche».

Questa operazione è a costo zero per i cittadini?

«No. Qualsiasi privato ha come fine il profitto, quindi sceglierà un insieme di prestazioni che siano più remunerative. Cosa è successo in Lombardia con il Covid? Una tragedia, perché nessuno ha mai investito sul territorio. Hanno solo pensato  a fare soldi. Non è una operazione a costo zero. Ma posso già anticipare quale sarà l’altra fase…»

E quale sarà?

«L’introduzione delle assicurazioni integrative, a premio crescente in rapporto alle patologie. Abbiamo, quindi, una tendenza progressiva. Il sistema sta passando verso la privatizzazione. Ed in Molise questo succederà. L’ospedale di Isernia non ha più capitale umano. Per quanto possa fare prestazioni aggiuntive alla fine collasserà».

Molti non potranno più curarsi?

«È logico. Ci sarà, forse, un sistema del vecchio medico condotto per gli strati più bassi della popolazione. Però il grosso, se non avrà i soldi, non potrà curarsi. Si sta perdendo sempre di più un concetto universalistico di cura. Attualmente il 44% della spesa sanitaria è a carico dei cittadini e poi abbiamo che i cittadini spendono più di 40 miliardi di euro per curarsi, al di là di quello che è il fondo sanitario».

Tra qualche mese in Molise si vota. Lei la vede la luce in fondo al tunnel?

«Ci sono dei fermenti nel sottosuolo ma niente che prende forma al momento come un qualcosa di alternativo. Manca un contenitore serio che possa esprimere un pensiero diverso rispetto a quello che è il pensiero unico neoliberista. Sono tutti quanti impostati su quella visione».

Una totale omologazione?

«Manca un’antitesi del sistema che permette una dialettica che, in genere, porta a dei risultati sempre positivi. Manca completamente. Abbiamo soltanto un pensiero unico e tutti quanti si rifanno a questo pensiero unico. Non esiste più la distinzione tra destra e sinistra. Esiste una dipendenza da visioni finanziarie e tutti tendono a soddisfare questo tipo di esigenza. Ci sono dei fermenti ma niente di solido dal punto di vista politico».

 

 

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