LA SENTENZA: I COLLABORATORI/4

“TRATTATIVA” STATO-MAFIA/8^ parte. Continua il nostro viaggio per “svelare” la Sentenza di Primo grado, dove i magistrati hanno dimostrato il patto scellerato tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Salvatore CANCEMI (“cosa nostra”), Tullio CANNELLA (“cosa nostra”), Angelo CAPPELLO (“stidda”), Giovanni CIARAMITARO (“cosa nostra”), Salvatore CUCUZZA (“cosa nostra”).

LA SENTENZA: I COLLABORATORI/4
Giuseppe Graviano (penitenziaria.it)

CANCEMI SALVATORE

Di Cancemi Salvatore, già deceduto antecedentemente all'inizio di questo processo, sono state acquisite le dichiarazioni rese ai Pubblici Ministeri di Roma e Milano in data 15 marzo 1994, le dichiarazioni rese al P.M. di Caltanissetta il 21 gennaio 1997, le dichiarazioni rese ai Pubblici Ministeri di Firenze e Caltanissetta in data 23 aprile 1998, e, infine, le dichiarazioni rese nel corso del dibattimento per la strage di via D'Amelio alle udienze del 17, 23, 24 e 29 giugno 1999. Del contenuto di tali dichiarazioni si dirà successivamente.

Qui va, invece, ricordato che Cancemi Salvatore, già latitante da diversi mesi perché destinatario di ordinanze di custodia cautelare emesse a suo carico per diversi omicidi addebitatigli nella sua qualità di componente della Commissione provinciale di "cosa nostra", si è spontaneamente costituito consegnandosi ai Carabinieri di Palermo il 22 luglio 1993.

Indi, Cancemi Salvatore, dopo avere immediatamente ammesso di appartenere a "cosa nostra", aveva riferito di avere deciso di costituirsi perché temeva di essere ucciso per ordine di Bernardo Provenzano a causa della posizione "moderata" che egli aveva assunto all'interno della organizzazione criminale in contrapposizione alla strategia feroce e sanguinaria perseguita, anche dopo l'arresto di Riina Salvatore, dallo stesso Provenzano e dai "corleonesi".

Costituendosi ai Carabinieri, infatti, Cancemi aveva consegnato un bigliettino nel quale si faceva riferimento ad un appuntamento che egli avrebbe dovuto avere quella stessa mattina proprio con Provenzano ed aveva raccontato di un precedente incontro con quest'ultimo, alla presenza anche di Raffaele Ganci, in occasione del quale lo stesso Provenzano aveva comunicato ai presenti il progetto di sequestrare - e di eventualmente uccidere - l'Ufficiale del R.O.S. dei Carabinieri che aveva proceduto all'arresto di Salvatore Riina.

Raffaele Ganci, quindi, che già aveva manifestato a Provenzano il proprio dissenso su quel progetto criminale, dopo quell'incontro aveva raccomandato al Cancemi di non recarsi ad alcun appuntamento con Provenzano qualora ne fosse stato richiesto, motivo per il quale, il Cancemi medesimo, allorché era stato invitato, appunto, dal Provenzano all'incontro che avrebbe dovuto tenersi alle ore sei del 22 luglio 1993, temendo per la propria vita, si era presentato ai Carabinieri, anche perché, nel frattempo, era stato arrestato Raffaele Ganci, al quale era legato da un rapporto di profonda amicizia, oltre che di compartecipazione nell'organizzazione mafiosa.

Tuttavia, anche la fase iniziale della collaborazione del Cancemi evidenziava importanti criticità, poiché il predetto, pur delineando un aggiornato organigramma delle famiglie mafiose di Palermo, inizialmente minimizzava il suo ruolo nell'ambito di "cosa nostra" e negava le proprie responsabilità in ordine a fatti delittuosi che pure gli venivano contestati sulla base di risultanze processuali, fondate principalmente su dichiarazioni, già verificate, di collaboranti di elevata attendibilità.

In ogni caso, Cancemi otteneva di essere detenuto in struttura protetta extra carceraria.

Soltanto in una fase successiva, anche a seguito di alcuni confronti con altri collaboratori di Giustizia, modificava il proprio iniziale atteggiamento, confessando di avere reso dichiarazioni in alcune parti non vere per lo stato d'animo in cui si trovava al momento della sua presentazione ai Carabinieri, giungendo, però, ad una completa apertura soltanto dopo un ulteriore lungo travaglio interiore che Io conduceva finalmente a rendere dichiarazioni più attendibili anche sulla strage di Capaci e su fatti delittuosi per i quali precedentemente aveva negato le proprie responsabilità.

Anche in questo caso, come si evince dalla descrizione della evoluzione della collaborazione del Cancemi, dunque si è in presenza di criticità che, pur non sufficienti per escludere la generale credibilità del propalante e, quindi, la preliminare esclusione della utilizzabilità delle relative dichiarazioni, impongono adeguate cautele per la valutazione delle stesse.

 

CANNELLA TULLIO

È stato esaminato all'udienze del 12 dicembre 2014 e 8 gennaio 2015.

Cannella è stato individuato e, quindi, posto in stato di fermo nel luglio 1995 nell'ambito delle indagini che già il precedente 24 giugno avevano consentito di arrestare, dopo una lunga latitanza, l'odierno imputato Leoluca Bagarella. Risulta, pertanto, incontrovertibilmente accertata la stretta frequentazione del Cannella col Bagarella, il quale, peraltro, al momento dell'arresto abitava in un immobile di cui aveva ottenuto la disponibilità tramite il Cannella medesimo. Dopo il fermo, Cannella ha immediatamente iniziato a collaborare con la Giustizia, riferendo, non soltanto i suoi più recenti rapporti con Bagarella, ma anche suoi più risalenti rapporti con altri importanti esponenti dell'organizzazione mafiosa "cosa nostra" (tra i quali i noti La Rosa Filippo e Greco Giuseppe detto Scarpuzzedda, nonché, soprattutto, con i fratelli Graviano).

L'attendibilità del Cannella ha trovato pieno riscontro, anche riguardo a quanto riferito sui rapporti con Bagarella, in successive collaborazioni, quale quella, appunto sopravvenuta, di Antonio Calvaruso che, nel medesimo periodo faceva da autista al Bagarella.

Per tale ragione, al Cannella è stata già riconosciuta la circostanza attenuante della collaborazione.

Va formulato, pertanto, un giudizio positivo sulla generica e generale attendibilità del detto dichiarante.

 

CAPPELLO ANGELO

È stato esaminato all'udienza del 25 settembre 2015.

Si tratta di un soggetto già arrestato nell'ottobre 1992 per avere fatto parte della c.d. "stidda" ("lo facevo parte dell'organizzazione mafiosa così detta Stidda... Nel territorio del ragusano... lo intorno al 91... Fino al mio... arresto, che è avvenuto nell'ottobre del 92") e per molti altri delitti ("Insomma numerosi reati, estorsioni, danneggiamenti, omicidi, tentati omicidi, insomma tutto quello che veniva proposto ed ecco, insomma, veniva effettuato, veniva commesso... Io nell'ottobre del 92 sono latitante in una zona di campagna, vengo tratto in arresto per associazione a delinquere, ecco, di stampo mafioso. Mi veniva appunto imputata associazione e delle rapine in banca che commettevo prima di far parte dell'associazione. Poi, successivamente, mi vennero comunicati altri quattro mandati di cattura, insomma, per tutti i reati che ho appena elencato") per i quali ha riportato condanne per un totale di 27 anni di reclusione, poi ridotti a 19 anni per il riconoscimento in suo favore dell'attenuante della collaborazione ("Io sono stato processato per un totale di 27 anni;

P.M. DEL BENE: Ha beneficiato dell'attenuante della collaborazione?

DICH. CAPPELLO: Sì… successivamente mi è stato fatto un continuato, dove praticamente da 27 mi sono stati riportati a 19;

G/T: ...ha avuto applicata l'attenuante della collaborazione di cui all'articolo 8...

DICH. CAPPELLO: Sì, sì, mi è stata applicata") da lui iniziata nel 1995 ("lo collaboro nel 95 con la DDA di Catania, con il dottore Ignazio Fonso e il dottore Carlo Caponcello... Io quando ho cominciato a collaborare con la giustizia ho fatto subito ritrovare le armi che erano state impiegate per degli omicidi, della quale ne facevo anche parte io e insomma ho confessato tutti i miei reati, insomma, tutto quello che avevo commesso all'interno dell'associazione").

Tuttavia, al fine della valutazione della generica attendibilità del dichiarante, occorre considerare, da un lato che pur dopo l'inizio della collaborazione il Cappello è tornato a delinquere ("lo ho commesso un reato nel 2009 per rapina in banca e l'ho già scontata per intero, tre anni e quattro...") e, dall'altro, che le dichiarazioni sui fatti concernenti il presente processo sono state rese dal Cappello soltanto nel 2011, dopo oltre quattordici anni dall'inizio della collaborazione con la Giustizia.

Tali elementi, seppure da soli non sufficienti per escludere in radice la credibilità del dichiarante (tenuto conto anche che le vicende tardivamente riferite non attenevano direttamente alla attività criminosa svolta dal Cappello), impongono l'adozione di stringenti cautele nella valutazione delle sue propalazioni.

 

CIARAMITARO GIOVANNI

È stato esaminato all'udienza del 10 settembre 2015.

Entrato a far parte della "famiglia" mafiosa di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano (però, da lui mai incontrati: "All'epoca ci stavano i fratelli Graviano... No, no, mai visti'') nel 1993, il successivo 25 febbraio 1996 è stato posto in stato di fermo per il reato di associazione mafiosa e, iniziando subito a collaborare con la Giustizia, ha fornito elementi utili a ricostruire molti delitti riconducibili al "gruppo di fuoco" creato, dopo l'arresto dei Graviano, dal nuovo “reggente” della "famiglia", Antonino Mangano, il quale, peraltro, operava in stretto collegamento con Leoluca Bagarella.

Le indicazioni del Ciaramitaro hanno trovato sempre importanti riscontri sia nelle indagini, sia nelle dichiarazioni di altri soggetti appartenenti a quel contesto mafioso da lui indicato e, più recentemente, anche in quelle di Gaspare Spatuzza.

Il giudizio preliminare sulla generica credibilità del Ciaramitaro, dunque, è assolutamente positivo.  

 

CUCUZZA SALVATORE

Salvatore Cucuzza è deceduto, prima di essere esaminato in questo processo, in data 20 febbraio 2014 e, pertanto, all'udienza del 2 aprile 2015 sono stati acquisiti, col consenso delle parti, per la conseguente lettura, i verbali, con relative trascrizioni, delle dichiarazioni rese dal medesimo in data 7 e 21 maggio 1997 alla O.O.A. di Firenze, il 17 ottobre 1997 alla O.O.A. di Palermo ed il 14 aprile 1998 nel processo n. 843/97 a carico di Dell'Utri dinanzi al Tribunale di Palermo Sezione Seconda Penale.

Cucuzza, già "uomo d'onore" della "famiglia" mafiosa del Borgo Vecchio (allora facente parte del mandamento di San Lorenzo) formalmente "combinato" nel 1975, oltre a commettere per conto di questa molti delitti, è divenuto, poi, dopo qualche mese dalla scarcerazione del 30 giugno 1994, "reggente" del ''mandamento" di Porta Nuova insieme a Vittorio Mangano e ciò sino al successivo arresto, avendo modo, pertanto, per tale ragione, di avere contatti con importanti esponenti dell'associazione mafiosa, quali Brusca Giovanni, Bagarella, Nino Mangano, Salvatore Biondo, Pino Guastella, Nicola Di Trapani, Michelangelo La Barbera.

Cucuzza Salvatore, quindi, è stato tratto in arresto in data 4 maggio 1996 ed il successivo 24 giugno 1996, confessando di far parte di "cosa nostra", manifestava la volontà di "dissociarsi" dall'organizzazione mafiosa, riferendo, dunque, le proprie responsabilità, ma rifiutando di fornire indicazioni utili all'individuazione dei correi.

Tra i delitti confessati da Cucuzza vi erano anche l'assassinio dell'on. La Torre, la c.d. "strage della circonvallazione", in occasione della quale erano stati uccisi, oltre al boss mafioso catanese Alfio Ferlito, anche tre Carabinieri che lo scortavano e l'autista dell'autovettura civile adibita al servizio, l'omicidio del brigadiere del corpo degli Agenti di Custodia Burrafato e l'omicidio del M.llo Ievolella.

In data 28 settembre 1996, tuttavia, Cucuzza dichiarava di voler collaborare pienamente e senza riserve con la Giustizia ed indicava immediatamente i correi dei delitti già confessati.

Per tutti i detti delitti sono intervenute già sentenze irrevocabili che hanno confermato la credibilità del Cucuzza e riconosciuto allo stesso la circostanza attenuante della collaborazione, che, conseguentemente, supera positivamente ed ampiamente il vaglio preliminare qui richiesto.

 

Per approfondimenti:

PRIMA PARTE, giovedì 21 maggio 2020Il Patto Sporco: la sentenza dimenticata

SECONDA PARTE, domenica 24 maggio 2020, Stato-mafia: la sentenza

TERZA PARTE, lunedì 25 maggio 2020, Le tappe della Sentenza dimenticata

QUARTA PARTE, martedì 26 maggio 2020, La Sentenza: i Corleonesi

QUINTA PARTE, giovedì 28 maggio 2020, La Sentenza: i Collaboratori/1

SESTA PARTE, sabato 30 maggio 2020, La Sentenza: i Collaboratori/2

SETTIMA PARTE, domenica 31 maggio, La Sentenza: i Collaboratori/3