Mafie dei pascoli, incendi, silenzi e complicità sulla costa su mafiosi e familiari presenti

TERZA PARTE/Si è tornato per pochi giorni, nei mesi scorsi, a parlare di ‘ndrangheta in Abruzzo. La scoperta dell’acqua fredda al polo sud, non è novità di oggi, è storia consolidata da anni e anni. Dalla mafia dei pascoli alla tratta, dal traffico di droga al riciclaggio sulla costa teatina a tanto altro.

Mafie dei pascoli, incendi, silenzi e complicità sulla costa su mafiosi e familiari presenti

La ricerca universitaria coordinata dalla professoressa Lina Calandra ha documentato tre anni quanto l’Abruzzo sia tra i territori privilegiati, probabilmente la prima sulla dorsale appenninica, per gli affari delle mafie dei pascoli.

Una consolidata realtà criminale che s’intreccia con l’inferno di fuoco del 2017 nella Marsica e nell’attacco incendiario di due anni fa che, per due domeniche, colpì la costa abruzzese da Pescara a Vasto due anni fa.

Riproponiamo la pubblicazione di ampi stralci della ricerca universitaria che pubblicammo tre anni fa e i pesanti interrogativi che ponemmo dopo gli incendi di due anni fa sulla costa. Settimane e mesi in cui improbabili ricostruzioni, in cui neanche i minuti coincidono, e negazionismi abbondavano anche sulla stampa locale.

Mafie dei pascoli, ci sono territori che non ci appartengono più

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Abruzzo, doveroso raccontare che è un’isola infelice

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«Se non stai dalla parte giusta sei fuori da tutto»

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Incendi in Abruzzo, «interessi forti ed esterni hanno portato ad accendere i fuochi»

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«L’Abruzzo? E' terra di conquista della criminalità organizzata»

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Emergenza economica e sociale, la borghesia mafiosa sfrutta ogni occasione

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Abruzzo, un inferno pianificato in maniera militare?

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Incendi Vasto, bruciata anche discarica abusiva in via Salce (ripetutamente documentata e denunciata)

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Dietro il fuoco ci sono terroristi mafiosi ma in Abruzzo non si può dire (e per questo lo gridiamo ancora più forte)

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Il 27 ottobre 2020 pubblicammo la notizia che la Corte dei Conti stava indagando sui pascoli abruzzesi. In Trentino.

Qui ricostruimmo la vicenda https://www.wordnews.it/pascoli-abruzzesi-e-contributi-europei-si-muove-la-corte-dei-conti-in-trentino

Esattamente due anni la stampa locale trentina pubblicò la notizia della condanna di un «noto allevatore e il prestanome».

 

La Corte documentò un danno erariale da 111mila euro e documentò che «non vi è alcuna prova che su quel terreno sia mai giunto il bestiame allevato» e che l’imprenditore «altro non era che un semplice prestanome, una “testa di legno” posto ai vertici dell’azienda con l’unico scopo di incassare i contributi europei», «anche la disponibilità dei terreni in Abruzzo non sarebbe stata funzionale all’attività agricola ma “creata ad arte, artificiosamente – sottolinea la Corte – al fine esclusivo di massimizzare gli aiuti pubblici».

L'anno scorso, confermato anche dal rigetto dei ricorsi, ben quattro aziende hanno ricevuto interdittive antimafia tra le province di Pescara e L’Aquila. E sempre l'anno scorso la mafia dei pascoli è comparsa nella vicenda di un allevatore vittima di un agguato nell'Abruzzo interno.

Un giovane allevatore di Castel Del Monte, Emiliano Palmeri, fu ferito con un colpo di pistola utilizzata per il bestiame la notte tra il 20 e il 21 aprile 2022. Dopo esser stato sottoposto a due interventi chirurgici tornò a casa. Meno di un mese dopo, scomparso da diverse ore, fu ritrovato privo di vita nelle campagne di Ofena.

Prima dell’agguato con la pistola a Palmeri erano stati avvelenati due cavalli. Sei giorni dopo la morte di Palmeri un altro allevatore, Giuliano Anastasio, «è stato trovato nella sua stalla, pure lui impiccato» ha riportato la giornalista d’inchiesta Linda Di Benedetto in un’inchiesta su Il Fatto Quotidiano e autrice di altre inchieste sulle “mafie dei pascoli” in Abruzzo pubblicate da La Notizia e Panorama.

Se nell’Abruzzo interno manovra la mafia dei pascoli e i suoi interessi potrebbero (almeno secondo quanto dichiararono alcuni nelle interviste pubblicate nella ricerca universitaria) essere dietro alcuni incendi sulla costa?

Quali interessi potrebbero esserci dietro attacchi come quelli di due anni fa che apparvero militarmente organizzati? Quali tra le mafie documentate da magistratura e forze dell’ordine potrebbero essere i manovratori? Altri?

Una politica forgiata da decenni di clientelismo, che considera i territori meri pacchetti di voti da spostare in maniera feudale, e di interesse pubblico piegato ad interessi privati di pochi, in cui cerchi magici abbondano ad ogni livello e trasversalmente quale forza e credibilità può avere nel difendere il territorio e porsi argine? La risposta è fin troppo facile e immediata.

Ma non è sola perché larga parte di quella società che definire civile è sempre più arduo ne è degna compare. Perché capobastone, clientele e padroncini sono considerati sempre utili, perché il “favore” ha cancellato ogni cultura dei diritti e della dignità e il laissez faire è la spina dorsale (mancante l’originale).  

Quasi quattro anni fa in un dossier di Associazione Antimafie Rita Atria Abruzzo, PeaceLink Abruzzo e Movimento Agende Rosse “Paolo Borsellino – Giovanni Falcone” Abruzzo si ricordò un fatto che svela ogni ipocrisia e vigliaccheria. Anche a queste latitudini sono abbondanti le espressioni di disprezzo verso regioni come Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Si dà per scontato che lì le mafie e i sistemi criminali fanno parte della natura, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, che sono terre irredimibili. Si dimentica però un dato: lì esistono associazioni, movimenti, cittadini, esponenti politici che denunciano, scendono in piazza, costruiscono antimafia sociale, ci mettono la faccia, si oppongono quotidianamente.

Qui invece avviene quel che anche in questo nostro nuovo viaggio nei ventri oscuri d’Abruzzo stiamo tornando a denunciare. Mentre sono le cazzate, i gossip, le tastiere analfabete e addomesticate a dominare.

E certi argomenti, certi temi restano tabù nel ventre molle della supposta società supposta civile. Il rampollo del defunto boss Totò Riina, quello tra i dominus della stagione stragista 1992-1993 che viene ricordata ad ogni “Giornata”, per mesi e mesi ha potuto sbandierare il suo libro, fare propaganda per la sua famiglia, perpetrare ben precisi messaggi. Tante sono le domande, che abbiamo posto e torneremo a porre, su quei mesi in quel di Casalbordino.

Ne andrebbe aggiunta un’altra rivolta a chi ha convissuto, lo ha coccolato o ha girato la testa ignavo dall’altra parte in quei mesi: vi siete mai chiesti come mai lo ha fatto qui? Come mai qui ha potuto far tutto questo nel silenzio quasi totale? Vicende su cui c'è stato un silenzio quasi assoluto.

Quasi perché rotto da alcune associazioni e da chi ci ha messo la faccia. Allora come in questo approfondimento a puntate che stiamo pubblicando su WordNews.