Cara Sanità Pubblica, come faremo quando non ci sarai più?

“Anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all'opera, ricominciando dall'inizio.” (A. Gramsci).

Cara Sanità Pubblica, come faremo quando non ci sarai più?

Gentile Direttore,

attraverso le sue pagine vorrei rivolgermi simbolicamente alla nostra cara Sanità Pubblica perché sono molto allarmata per il suo stato di salute. Grave. Lo vedono tutti. Ne parlano tutti ma è strabiliante: c’è in tutti una specie di rassegnazione verso l’ineluttabile. Non vedo lo sgomento per quanto sarebbe terribile la vita, senza di lei.

Dove porterebbero il bambino, il giovane, l’amico, il genitore, in pericolo di vita dopo un incidente stradale, se non ci fosse più? Il vecchio con l’ictus, la donna con l’infarto? Cosa faranno quei genitori con un figlio gravemente disabile? E i malati cronici, bisognosi di mille cure, tutti i giorni, (il diabetico, il talassemico, i dializzati, i malati di cancro,.. )

Cara Sanità Pubblica, se tutti, come individui e come collettività, facessimo l’esercizio di immaginare la nostra vita senza di te, ci spaventeremmo a morte. E sapremmo trovare la forza per evitare il disastro.

Tu sei il luogo del riscatto, della civiltà. Lo spiegò bene quella donna, Margaret Mead, un femore rotto e guarito è segno della civiltà, di qualcuno che si prende cura dell’altro. Un animale col femore rotto, muore, necessariamente. Un uomo in una società di uomini solidali, no. Nessuno si salva da solo.

Di fronte a ciò che sembra ineluttabile, già vedo molti, che “si attrezzano” con assicurazioni, per adattarsi, “obtorto collo”, alla sanità privata. Illusione ingannevole. Per una radiografia, una visita, certo, “il privato” è a portata di mano, anche di molti. Ma di pochissimi in caso di lunga malattia. Di nessuno, in caso di attività ad altissima qualificazione o ad altissimo costo, trapianti, rianimazione, stati di coma. Le assicurazioni sono buone per i sani, non per i malati.

Spero che lo sforzo di immaginare la vita senza di te lo facciano in tanti. Cittadini, associazioni, sindacati, giovani, vecchi, operai artigiani, scienziati, umanisti, “pensatori”(quelli che producono pensiero, cultura). Tutti insieme. Perché tu, Cara Sanità Pubblica, sei Il bene comune per eccellenza.

La tua casa era il luogo di tutti. Dove avvengono cose da fantascienza (”tre équipe di medici lavorano per dieci ore di fila, .. vite salvate con gli organi trapiantati, Riacquista la vista grazie a un microchip,.. Con la terapia genica sconfitta la malattia,,,Dalla sedia a rotelle riprende a camminare”, .). Senza di te quelle favole non si avvereranno più.

Era una casa bellissima la tua, in via della Salute, numero 833. Era ancora in costruzione. La parte che dava a Sud ancora incompleta. La parte centrale, più solida, più funzionale. Il disegno architettonico era bellissimo, di una cooperativa di architetti valentissimi,.. C’era anche il reparto “aperto ai luoghi del lavoro”. Con i tuoi medici entravi in fabbrica per salvaguardare la salute. Quella, si sa, non si monetizza. C’era anche la stanza di “pratica filosofica”, per il tirocinio sui grandi temi, la morte, la vita l’autodeterminazione, “il fine vita” i limiti del medico e la libertà del paziente, i confini tra questa e quelli, tra salute e malattia. Ci ho visto filosofi veri in difficoltà.

Poi è arrivato il tempo dei vandali, venuti d’ogni dove, da destra, sinistra, nord, sud. Hanno cominciato a rompere le finestre, ed è andata avanti secondo la regola della finestra rotta. Ora è una casa in rovina. Per ristrutturarla, ci vorrebbe lo sforzo di quegli architetti che fecero il progetto originario. In ciò che resta di quella bella casa, si sono arroccati molti medici e infermieri (ti confido che ciò è sorprendente). I medici della Sanità Pubblica, ora, sono unici araldi a difesa della tua casa. Lasciano numerose testimonianze, appassionate, Hanno una sensibilità maggiore per avvertire la dimensione tragica della tua perdita. Da soli vivranno il destino di Cassandra.

E’ difficile elencare tutte le cose buone che si perderanno se si distrugge totalmente la tua casa. Aumenterà la bruttezza per le strade. Già si vedono giovani lavoratori con pochi denti. E’ bello poter vivere più a lungo, ma gli anziani hanno bisogno di più cure. Se la cataratta insidia la loro vista, con un intervento ambulatoriale tornano a vedere. Se, la tua casa crolla, tanti anziani smetteranno di guidare, di vedere l’alba e il tramonto, il sorriso dei nipoti. La vita di tutti sarà più brutta e più grigia.

“Anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all'opera, ricominciando dall'inizio.” (A. Gramsci).

Così, Cara Sanità Pubblica io credo, e confido, che basterà che qualcuno dia il là con proposte realistiche e unificanti e sarà come il trenino delle feste. Si aggiungono tutti, in allegria. Partecipare a ricostruire la casa della Sanità Pubblica sarà una gioia.

Dott.ssa Tiziana Sampietro

Fondazione Toscana Gabriele Monasterio

 

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