La trap a note di razzismo e violenza

L'OPINIONE. «La linea del colore traccia i confini della discriminazione, del razzismo, della violenza. Una linea che conoscono molto bene Jordan Jeffrey Baby e Traffik, due nomi che non sono certo tra i più famosi nel panorama musicale italiano, ma che ai cultori della musica trap “diranno” tanto. I due trapper sono accusati di aver aggredito e rapinato un operaio nigeriano di 41 anni alla stazione di Carnate, al grido di «vogliamo ammazzarti perché sei nero».

La trap a note di razzismo e violenza

“Il nero è tutto. Così come il bianco. La loro bellezza è assoluta. È l’armonia perfetta.”

Sarebbe un sogno poter immaginare il nostro mondo improntato a questa armonica fusione di bianco e nero, secondo la visione di Coco Chanel. Ma, purtroppo, non è affatto così. L’ennesimo episodio di cronaca ce lo conferma.

Il nero, sinonimo di eleganza, classe, raffinatezza per la celebre stilista francese diventa invece etichetta, marchio a fuoco, macigno, che emargina, discrimina, esclude.

La linea del colore traccia i confini della discriminazione, del razzismo, della violenza. Una linea che conoscono molto bene Jordan Jeffrey Baby e Traffik, due nomi che non sono certo tra i più famosi nel panorama musicale italiano, ma che ai cultori della musica trap “diranno” tanto. I due trapper sono accusati di aver aggredito e rapinato un operaio nigeriano di 41 anni alla stazione di Carnate, al grido di «vogliamo ammazzarti perché sei nero».

Già noti alle Forze dell’Ordine per precedenti penali sicuramente non dall'aura epica: droghe, armi, aggressioni, violenza osannata, ostentata, filmata.

“La musica è il linguaggio universale dell'umanità” sosteneva H. W. Longfellow, ma questa “musica” non può esserlo. Perché, innanzitutto, non è musica nel suo significato più nobile e nella sua essenza più pura, quale nobilitazione dello spirito.

Ludwig van Beethoven dichiarava che “la musica è una rivelazione più profonda di qualsiasi saggezza. Chi penetra il senso della Musica potrà porre fine alle miserie in cui si trascinano gli altri uomini”. Ma, non può dirsi musica ciò che è veicolo di messaggi negativi, disvalori e che promuove una profonda cultura dell’odio, dell’ostilità, del disprezzo, dell’avversione.

Questa musica e questi “pseudo-musicisti” non pongono fine alle miserie; anzi, le ingenerano!

Il volto “reticolato” di uno dei due trapper è davvero eloquente: rabbia, rancore, fragilità (?)... tutto intrappolato in un evidentissimo tatuaggio, secondo la filosofia del “sono visto, dunque sono!” Se non si recupera l’autentico “cogito, ergo sum” di cartesiana memoria, il baratro culturale e valoriale è sempre più imminente e il sonno della ragione continuerà a generare mostri.