Bocciata la sgiunta, paga la scuola
ABRUZZO. Chiusura di tutte le scuole (tranne l’infanzia) stabilito da una recente ordinanza del proconsole romano. Firmata col ritiro della precedente finita nel mirino del Consiglio di Stato. Dopo le disordinanze di maggio scorso e il ritorno in «zona rossa» per un giorno a dicembre la saga continua.
La storia si ripete sempre due volte. Almeno. Non c’è due senza tre. Sperando che dopo il tre il quattro non venga da se. Ci si potrebbe sbizzarrire con motti e proverbi di fronte quel che sta succedendo in Abruzzo. La Regione dove all’inizio della «seconda ondata» la sgiunta proclamò che si stava reggendo meglio di altri e pochi giorni dopo arrivò il baratro, unica regione a chiudere il 2020 senza trovare più un solo giorno in fascia a «rischio basso», in «zona gialla». Dove la stessa sgiunta ad inizio febbraio si vantò che la «zona rossa» era stata – testualmente - «evitata per un soffio» e, subito dopo, due province vi finirono. «Zone rosse» dove i contagi hanno continuato ad aumentare con l’esplosione di nuovi focolai e le terapie intensive sempre più vicine alla saturazione.
Siamo arrivati alla conclusione della chiusura delle scuole stabilita dal proconsole venuto da Roma con l’ordinanza numero 13. Tutte ad eccezione delle scuole dell’infanzia. Molti sindaci hanno disposto la loro chiusura, anche in questi ultimi giorni si segnalano focolai, il DPCM di Draghi in vigore è orientato a non individuare rischi diversi per le diverse scuole, si susseguono le notizie di impennate dei contagi tra i bambini (e anche casi di ricoveri ospedalieri) ma Marsilio ha deciso che in Abruzzo le scuole dell’infanzia dovrebbero rimanere aperte. La motivazione di questa scelta ad oggi non è cosa nota. Dovere di cronaca impone di riportare che, anche dopo l’emanazione dell’ordinanza, ci sono stati casi di scuole dell’infanzia chiuse dopo alcuni contagi. Anche tra i bambini stessi. Le ultime di cui abbiamo avuto notizia sono Casalbordino, Castiglione Messer Marino e Francavilla. Mentre diversi sindaci, anche appartenenti alla stessa area politica di Marsilio (Fratelli d’Italia) e dell’assessore alla sanità Verì (Lega), hanno emanato ordinanze che confermo e prolungano la chiusura delle scuole dell’infanzia e dei nidi.
L’ordinanza numero 13 aveva portato al ritiro della precedente che stabiliva la chiusura delle scuole, insieme ad altre disposizioni, fino a «diversi provvedimenti». Senza indicare nessuna data di possibile fine. Una delle scelte fortemente criticata dal Consiglio di Stato. Dopo il ricorso di una famiglia di Vasto l’ordinanza era approdata al Consiglio di Stato, in attesa della decisione nel merito del TAR che avverrà il 24 marzo, che aveva posto l’attenzione su due punti ben precisi.
«Appare di dubbia legittimità la mancata apposizione di un termine alla sospensione delle attività scolastiche (il provvedimento stabilisce il suo vigore “sino a diverso provvedimento”), giacché in tal modo, l’autorità emanante evita la necessaria auto-limitazione temporale (…) legata alla doverosa, specifica e quotidiana raccolta e analisi dei dati medico scientifici nel periodo (che qui manca) di sospensione, in tal modo superando il criterio della proporzionalità che impone di legare ogni restrizione di diritti costituzionalmente garantiti a presupposti certi, dati trasparenti e ostensibili, nonché periodi strettamente necessari alla tutela del bene protetto» hanno scritto i giudici.
Di fatto una nuova bocciatura dopo quanto accaduto a dicembre quando il TAR aquilano accolse il ricorso governativo contro l’ordinanza di Marsilio che stabiliva l’uscita della Regione dalla «zona rossa». Una decisione che giunse nella serata del venerdì creando ore di caos per tantissimi cittadini e attività. A partire dal mondo della scuola che, a tarda sera e pochissime ore dal suono delle campanelle, si è vista costretta a riattivare didattiche a distanza, informare migliaia e migliaia di famiglie che i figli la mattina dopo non dovevano recarsi fisicamente a scuola, rivedere tutti gli orari e le attività del personale docente e ATA.
«Non spetta al Presidente di una Regione qualificare territori in una determinata fascia di rischio ma al governo nazionale – sottolinea il prof. Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale all’Università di Teramo – mentre può solo applicare misure più restrittive. Adottabili esclusivamente in blocco, le scuole possono essere chiuse ma non può il Presidente della Regione scegliere quali chiudere e quali lasciare aperte». Di Salvatore evidenzia anche un altro aspetto: «l’ordinanza deve contemplare un termine di scadenza come evidenziato dal Consiglio di Stato, cosa che è stato effettuato solo per le scuole e non anche per le altre attività».
Prosegue così la saga delle disordinanze nelle ultime settimane. Iniziata almeno a maggio dell’anno scorso con i primi caos, ritiri e contro ritiri. Anno Domini 2021, questo accade nel romano proconsolat…ehm Regione Abruzzo. Bocciature per i palazzi, prezzo pagato dalle scuole, da chi vi lavora e da ragazze, bambine, ragazzi e bambini.
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