Calogero Mannino, inammissibile il ricorso. Per la giustizia è assolto

La Cassazione, considerando inammissibile il ricorso presentato dai procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, ha sigillato la sentenza di assoluzione. L’accusa nei sui confronti si rifaceva all’articolo 338 del codice penale, ovvero “minaccia a corpo politico dello Stato”. Si tratta della stessa accusa che è stata fatta nei confronti degli ex ufficiali dei Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, così come nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Per Mori, De Donno e Dell’Utri, in questo momento, si sta celebrando il processo d’appello

Calogero Mannino, inammissibile il ricorso. Per la giustizia è assolto
Mannino

I giudici della VI° sezione penale hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo contro la sentenza, pronunciata il 22 luglio del 2019 della Corte d'Appello, che aveva scagionato Calogero Mannino, ex esponente della Democrazia Cristina dall'accusa di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Confermata quindi, dalla Cassazione, l’assoluzione dell'ex ministro nello stralcio del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Calogero Mannino era stato già assolto in primo grado nel novembre del 2015.

 

Si conferma quindi quando già evidenziato e motivano nella sentenza di assoluzione i giudici di secondo grado.

 

Nelle motivazioni i giudici scrivevano che "non è stato affatto dimostrato che Mannino" fosse "finito anch'egli nel mirino della mafia a causa di sue presunte ed indimostrate promesse non mantenute, ad esempio quella del buon esito del primo Maxiprocesso ma, anzi, al contrario, è piuttosto emerso dalla sua sentenza assolutoria che costui fosse una vittima designata della mafia, proprio a causa della sua specifica azione di contrasto a Cosa nostra quale esponente del governo del 1991, in cui era rientrato dal mese di febbraio di quello stesso anno".

 

Sottolineavano inoltre come "la tesi della procura" fosse "non solo infondata, ma anche totalmente illogica ed incongruente con la ricostruzione complessiva dei fatti".

 

L'ex ministro Dc Calogero Mannino ha così commentato: "E' riconosciuta la mia estraneità alla cosiddetta trattativa Stato-mafia ma soprattutto è ricostruita la lunga fase della mia vita politica dal 1979 al 1992 che è stata caratterizzata da un impegno di contrasto alla criminalità e dalla piena mia adesione alla linea che lo Stato andava apprestando per affrontare il problema della mafia". "Mannino - aggiunge - doveva essere ucciso perché aveva lottato la mafia: questo è il passaggio decisivo della ricostruzione che la sentenza della corte d'appello ha fatto. La resistenza opposta dai magistrati della Procura generale di Palermo è stata priva di consistenza sul piano fattuale e ancor più immotivata se non artificiosa e pretestuosa sul piano del diritto".

 

La Cassazione, considerando inammissibile il ricorso presentato dai procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, ha sigillato la sentenza di assoluzione. L’accusa nei sui confronti si rifaceva all’articolo 338 del codice penale, ovvero “minaccia a corpo politico dello Stato”.

Si tratta della stessa accusa che è stata fatta nei confronti degli ex ufficiali dei Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, così come nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Per Mori, De Donno e Dell’Utri, in questo momento, si sta celebrando il processo d’appello.

 

Calogero Mannino è l’unico degli imputati del processo sulla Trattativa Stato-mafia ad aver scelto il rito abbreviato.