La Nudità come Umanità

Lo “svelamento” dell’animo umano nell’ultima silloge poetica di Rocco Polistena, “Nudo (per nudo)”, Eretica Edizioni (2023).

La Nudità come Umanità
Rocco Polistena

Ogni manifestazione artistico – letteraria intarsia una sorta di epifania dell’introspezione, per lo meno delle cognizioni ontologiche dell’autore, in solitaria quanto nel movimento di comprensione del “restante” che tanto “resto” non è.

La nuova silloge poetica di Rocco Polistena, “Nudo (per nudo)” – Eretica Edizioni, editata sul finire dello scorso mese di settembre, ricerca quasi definitivamente un’urgenza di fondo: il compimento ultimo di ciascun appartenente all’uomo in Uomo denudato dalle appariscenze del tempo contingente, pervenendo alla dimensione dell’Umanità.

Se in “Scorro – Il mio fiume sentimentale” la necessità del Poeta si è rivelata “far discendere l’uomo nell’uomo” e, pasolinianamente, mostrarsi “quasi del tutto nudo, / tremante negli occhi di libertà / che fiuta il dolore del mio tempo”, ora la figura del Poeta è tutta intrisa dell’Uomo per Essere Uomo. Decade ogni mascheramento dell’uomo qualunque “in singolar tenzone” con la società attualizzata e poco attualizzante e la Nudità diviene la dimensione cosciente della “cum – passione” con i destini dell’uomo pensante, amante, vivente, Essenza.

Dell’urgenza di “cum – passione” ne dà esemplarità la dedica posta ad incipit delle due sezioni di cui si compone il libello: “A tutti gli Uomini Nudi”. Captatio benevolentiae o “presunzione” di conoscenza dell’umano che non teme il “gnoti s’auton”?

Piuttosto un invito benevolo a comprendersi per poter comprendere! Lo esplica, pur senza volerlo, il nostro Poeta con l’inserimento di una citazione autorale, tratta dal romanzo “Cecità” del portoghese Josè Saramago, “Dentro di noi c’è qualcosa che non ha nome, quel qualcosa è ciò che siamo”. Quel “qualcosa” che diviene tramite i versi un “qualcuno”, un Uomo – Essenza – Esistenza e quel “qualcuno” può compiersi solo nella “Nudità” come approdo catartico contro ogni forma di caducità, perfino dell’egemonia del potere e del dispotismo – cognitivo soprattutto - come accentuato nelle liriche a chiusa della parte seconda, “Guerra” e “Steccato di Cutro”.

A proposito di quest’ultimo componimento, è sintomatico come per la prima volta nelle sue opere poetiche concluda il suo “versificare” con un richiamo esplicito alla sua terra natale, la Calabria. E la stessa “sintomaticità” è nel sentirsi parte di quell’Aspromonte mai nominato, “innominabile”. Ebbene, la Nudità è anche dichiararsi per la prima volta semenza aspromontana di Calabria, darsi una collocazione spaziale, il più delle volte rifiutata per troppo amore nei versi precedenti. Perfino ricordarsi di comporre una “Ode correntista al paese natio”, nella quale il sentimentalismo di appartenenza altalena con l’angustia di ricordi a volte brutali: “Trapassato dall’altezza / di urla a mezz’aria / sotto cielo scuro. / Scrissi traviato / l’ultima lettera d’amore. / Uomo tagliato a metà / da mille vite / e mille millenni / d’umanità sbiadita. / Mi vollero / i tuoi vicoli ramati / adolescenza declinata / a litanie di piombo!”. Che lucidità! La stessa con la quale si professa meridionale: “Si cominciano a sentire le cose / nel mio intimo meridionale. /… Ho sentimenti meridionali”.

Questa silloge è una continua professione laica di Umanizzazione!

La vera rivoluzione sta, però, nel “denudarsi” del tutto come Uomo e come Uomo in cerca di Umanità, superando i “cieli uguali” che hanno costretto un animo all’isolamento perché attratto, sospinto dalla corrente sentimentale del cuore e delle sue ragioni. La condizione del non amato del tutto che esplode nei versi della lirica LXVI: “Mi pesano negli anni / rugiade artigiane / degli inverni di cuore”. Da questo ritmo “infernale”, ancora nella stessa lirica, Rocco Poeta – Uomo fa la sua richiesta d’amore: “Quando verrai a visitare la mia casa / - se verrai - / non portar indietro la valigia di cartone / del mio nuovo genetliaco / che dalla sera prima / si è imbevuto / del suo tempo peggiore / da piscio di cane”.

Ancora:Vorrei amarti / e vorrei amarmi… Hai assaggiato la mia mortalità / sotto pioggia dolente / nelle mie notti ventose…”.  E da questa consapevolezza di Essere Amore e voler Amore esplode nella speranza “Verrà il tempo del tempo, / una cosmogonia / a me vicina. / Un passo profanato / dalla sonorità / della mia anima / ritoccata dal visibilio / del tutto -umano. / Nudo (per nudo / tutto nudo / da tocco franco”.

Lo aveva esplicitato, fin subito dopo l’inusuale dedica, nell’aforisma tutto personalizzato e di propria firma: “LeggerMI nei versi miei o di altri ha scoperto le mie nudità. Mi ha svestito dal sopruso della mia incapienza d’uomo. Solo chi è nudo da se stesso e dagli altri ha donato l’anima nella sua totalità”. È il superamento del “tempo di silenzio”, del “peso dei miei tratti umani / dissapore impiccato / di un abbraccio negato”. È il tempo nuovo: “Ora sono tutt’uno con l’uomo”!