L'ultima dimora di Pier Paolo Pasolini è stata venduta

LA TORRE DI CHIA. In questo luogo il poeta non ha soltanto lavorato a Lettere Luterane, Petrolio. Ci tornò anche a disegnare sempre con un carboncino tra le dita. La Torre di Chia è stata anche sfondo dei suoi ultimi scatti realizzati da Dino Pedriali, scatti che dovevano far parte del romanzo Petrolio.

L'ultima dimora di Pier Paolo Pasolini è stata venduta
Deborah Beer ©Archivio Cinemazero Images, Fondo Gideon Bachmann

La Torre di Chia che si trova a Suriano nel Cimino in provincia di Viterbo famosa per essere stata residenza e studio di Pier Paolo Pasolini è stata venduta a privati.

Pier Paolo Pasolini riuscì ad acquistarla solo nel 1970 dopo vari tentativi. In questo luogo il poeta non ha soltanto lavorato a Lettere Luterane, Petrolio. Ci tornò anche a disegnare sempre con un carboncino tra le dita. La Torre di Chia è stata anche sfondo dei suoi ultimi scatti realizzati da Dino Pedriali, scatti che dovevano far parte del romanzo Petrolio.

Il 19 novembre 2020 il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, aveva diffuso una nota in cui affermava che la Regione Lazio aveva attivato un percorso di interlocuzione con il Mibact per la salvaguardia e la tutela del sito, ribadendo un forte interesse a poter sostenere, collaborare ogni progetto di valorizzazione. La storia è finita con la vendita della Torre di Chia.

Pasolini dedicò alla Torre di Chia una poesia raccolta in Poeta delle ceneri (1966): “Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,/ che io vorrei essere scrittore di musica,/ vivere con degli strumenti/ dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare/ nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto/ sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta/ innocenza di querce, colli, acque e botri,/ e lì comporre musica/ l’unica azione espressiva/ forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà”.

Pier Paolo Pasolini si impegnò anche a tutelare il territorio della Tuscia, in una intervista avvenuta proprio nella sua ultima dimora con Gideon Bachmann nel 1974 lo scrittore affermò: «C’è da salvare la città nella natura. Il risanamento dall’interno. Basta che i fautori del progresso si pongano il problema. Questa regione, che per miracolo si è finora salvata dalla industrializzazione, questo Alto Lazio con questa Viterbo e i villaggi intorno, dovrebbero essere rispettati proprio nel loro rapporto con la natura. […] Quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza. Tutto, tutto ha un valore: vale un muretto, vale una loggia, vale un tabernacolo, vale un casale agricolo. Ci sono casali stupendi che dovrebbero essere difesi come una chiesa o come un castello. Ma la gente non vuol saperne: hanno perduto il senso della bellezza e dei valori. Tutto è in balìa della speculazione».

Sempre nello stesso anno Pasolini e Ninetto Davoli sono protagonisti del documentario Pasolini e la forma della città.

Adesso cosa sarà della Torre di Chia?

Che cosa diventerà?

Aveva la possibilità di diventare un museo con un bookshop?

Poteva diventare un luogo di incontro per tutte le nove arti?

Come ha detto un lettore che ama Pasolini: «Lì aleggia la sua essenza». Ma questa non è in vendita.

Raluca Bardini

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata