Una Regione appetibile per le mafie... da trent'anni

LA MODA DELL'ANTIMAFIA. Sta diventando una moda parlare di certe tematiche senza aver dimostrato concretamente il proprio impegno. Si costruiscono carriere (non solo politiche) su queste tematiche. Aveva ragione Sciascia quando parlava di "professionisti" dell'Antimafia. La moda, con false dichiarazioni e posticci curricula, crea i mostri che non servono a nulla per risolvere i problemi. E le mafie ringraziano. E il gattopardismo prosegue la sua folle corsa.

Una Regione appetibile per le mafie... da trent'anni
Un numero della rivista molisana del 2010

Oggi assistiamo ai falsi profesti che, negli ultimi anni (non solo in Molise), si sono costruiti delle carriere sul nulla che rappresentano. Vengono accreditati dalle riviste, dai festival, dalle associazioni (che si battono a parole contro le mafie) e, addirittura, dalle Pro loco. Ogni occasione è buona per mettersi inutilmente in mostra.

Scrivono articoli, copiano spudoratamente i libri e i lavori scritti da altri e inseriscono, nei propri curriculum, falsi titoli per rendere la propria nullità più affascinante.

Vantano amicizie con i defunti che non possono replicare. "Siamo stati i primi...", "Grazie a noi...", "Stiamo lavorando a nuovo documento esplosivo..." e, nello stesso tempo, chiedono e pretendono candidature per farsi eleggere nei posti di comando.

Ma non vi fate schifo da soli? Non provate vergogna?

Leonardo Sciascia, fortemente criticato all'epoca, aveva perfettamente ragione sui "professionisti dell'Antimafia". Nullità pronte a cavalcare l'onda sulla moda del momento (ambiente, donne, mafie, legalità) per apparire ovunque, per sembrare esperti, per il proprio illimitato narcisismo

Su certi temi non serve la costante vetrina. Su certe tematiche (ambiente, donne, mafie, legalità) bisogna lavorare a testa bassa, denunciare, fare nomi e cognomi. Ma questi vigliacchi non rischiano le querele (e lo dichiarano anche pubblicamente), non nominano certi soggetti. A loro interessa solo "entusiasmare" lo sprovveduto cittadino che ha la memoria corta, per ricevere l'inutile applauso. E se ne fottono della lotta alle mafie e alle illegalità. Il "successo" è il loro unico obiettivo da raggiungere, a tutti i costi. 

In Molise, ormai da più di trent'anni, le mafie fanno quello che vogliono. E certi soggetti si sono svegliati, sapientemente, solo da pochi anni a questa parte.

 

Dodici anni fa ad esempio, sulla rivista il Ponte (chiusa per motivi politici), si poteva leggere:   

 

“La vicinanza di realtà geografiche a più alta densità criminale, unitamente ad un certo sviluppo industriale e commerciale ha favorito negli ultimi anni la crescita, nella regione, di aggregati delinquenziali che, pur non insediati in modo stabile, esprimono tuttavia una discreta operatività in settori dell'illecito appetibili anche per la sfera macrocriminale. Il Molise risente sia lungo la fascia adriatica che nella zona di Venafro e Termoli, di infiltrazioni dei sodalizi criminali pugliesi e campani”. Ecco cosa si legge nel “Rapporto annuale sulla criminalità organizzata”, del 2000. Il documento è predisposto elaborando le informazioni nella disponibilità della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Dopo dieci anni in Molise la situazione non è affatto migliorata. Alcuni, soprattutto la politica, continuano a parlare di “isola felice”. Di “isola beata”.

Ma è un modo semplice per mettere da parte le vere e serie questioni che affliggono una piccola, ma sfortunatissima Regione. Gli stessi concetti sono emersi lo scorso 13 marzo a Campobasso, durante l’iniziativa pubblica organizzata dall’Associazione “I Care”. Presenti alla manifestazione, dal titolo “Malitalia”, l’autrice del libro Laura Aprati, il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Campobasso Rossana Venditti e il giornalista molisano Antonio Sorbo. “Il timore maggiore – come ha affermato il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati del Molise Rossana Venditti - è sicuramente per l’infiltrazione di tipo economico. E’ quella più pericolosa, è quella più probabile, è quella più difficile da rilevare tempestivamente e poi da contrastare. E’ la più probabile perché noi siamo in una posizione geografica e strategica ideale”. I timori, quindi, crescono.

Soprattutto dopo le affermazioni fatte ad Isernia dal procuratore capo della Procura di Campobasso Armando D’Alterio e dal pm Fabio Papa. Dichiarazioni riportare nello scorso numero de il Ponte, ma tralasciate dalla stampa locale. Secondo il presidente della Provincia Nicola D’Ascanio: “c’è bisogno di esempi della buona politica attraverso gli esempi della buona amministrazione. Da noi alcune cose non si vedono, al cospetto di una vita che si vede e sembra normale. Ritengo che siamo al punto in cui dice D’Alterio. Abbiamo la possibilità di fermare una contaminazione, ma abbiamo anche il rischio che quella contaminazione si possa produrre se non ci mettiamo al lavoro, se non reagiamo. Le presenze in Molise da parte delle Istituzioni che mostrano sensibilità devono servire a dare vicinanza, consapevolezza e, soprattutto, ad aiutare quelle persone che all’interno degli organismi dello Stato svolgono funzioni delicate, importanti, coraggiose e, per molti aspetti, decisive per la nostra realtà. Noi abbiamo ancora la possibilità di resistere, di fare massa critica e di mettere insieme le persone, al di là degli schemi del passato, facendo in modo che le categorie della politica passata vengano riesaminate alla luce di questa emergenza che anche da noi è molto ben presente”.

Ma esistono delle difficoltà per “fotografare, per cristallizzare, per riferire ad altri un fenomeno di cui un po’ tutti abbiamo la percezione”, come ha spiegato il sostituto procuratore Venditti. “C’è chi come me – ha continuato il magistrato molisano - può avere una percezione qualificata dal lavoro che fa, però bisogna poi parlare in termini concreti e documentati. Ho letto uno studio, un po’ risalente ma ancora di grossa attualità, della direzione nazionale antimafia realizzato insieme alla Bocconi sulla Basilicata. Un economista e professore universitario, Masciandaro, cercò di rilevare una serie di aspetti peculiari della Basilicata e di farne un modello esportabile, riproponibile. La Basilicata già era aggredita, al momento dello studio, proprio da questa forma di penetrazione. C’era già stata la permeabilità di una Regione, tutto sommato, non con una realtà criminale propria, ma piuttosto di una Regione infiltrata da vicino. Ho avuto occasione di parlare con Masciandaro e mi ha detto che il Molise per tanti versi ha delle evidenti analogie con la Basilicata, è molto appetibile. Geograficamente si trova in una posizione di contiguità molto favorente. Siamo proprio attaccati a zone in cui, invece, la criminalità organizzata c’è e accumula i capitali. E poi siamo una Regione che non ha una struttura economica tradizionale, forte, ben piantata con radici profonde. L’arrivo di capitali a buon mercato potrebbe lusingare. Potrebbe trovare facile accesso se la crisi galoppa e, purtroppo, va a falcidiare i redditi delle famiglie, va a mettere in crisi gli imprenditori. Questa nostra economia potrebbe farsi allettare dalla prospettiva di ricevere energie fresche e pochissimo costose. Questo è un rischio rispetto al quale dobbiamo essere molto attenti. Il problema è avere gli strumenti per esserlo. La professionalità, ma anche l’atteggiamento”.

E’ illuminante l’intervento del pm di Campobasso Rossana Venditti: “Mi batto contro la mitologia dell’isola felice. Non esistono le isole felici. C’è qualche posto che è più infelice. Noi non incarniamo il modello dell’isola felice. Finchè, invece, coltiviamo questa illusione, allora si che siamo più vulnerabili, più esposti. Perché non siamo pronti. Perché non sviluppiamo per tempo gli anticorpi giusti. Non ci alleniamo. Non capiamo, poi, quando il fenomeno c’è. Perché non lo sappiamo riconoscere. Perché non siamo stati preparati per tempo a farlo. Allora converrebbe un investimento più puntuale in questa direzione. Per ovvi motivi. Perché siccome non ci siamo confrontati in passato con questi fenomeni, li conosciamo poco e siamo sguarniti di forze. Certo stiamo sempre meglio delle Procure della Repubblica desertificate, quelle della prima linea dove non c’è più nessuno. E dove alla fine coattivamente manderanno qualcuno di noi a cercare di tamponare le falle, con esiti facilmente immaginabili. Noi non abbiamo i corridoi degli uffici vuoti, però già non abbiamo più il turn-over del personale amministrativo. Quando qualcuno va in pensione sappiamo che non sarà sostituito. Si parla di processo telematico, ma ancora facciamo le fotocopie e quando finiamo il toner delle stampanti non sempre abbiamo quello per sostituirlo. Le catture non le fa la polizia da sola, i latitanti non li fabbrica la polizia. Le persone diventano latitanti perché qualche magistrato prima o ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di una persona che poi diventa latitante rispetto a quel titolo custodiale o ha emesso una sentenza di condanna e qualcuno si sta sottraendo alla pena”. In questa situazione, difficile anche per gli uomini dello Stato, è doveroso il supporto e la vicinanza dei cittadini nei confronti dei magistrati impegnati in prima linea. Per supportarli e difenderli dai tanti attacchi che provengono il più delle volte dalla politica. Quella politica che non riesce a sopportare l’impegno onesto e serio della magistratura. Ma perché in questa Regione pochi s’indignano?

In Molise si è registrato anche un omicidio di camorra. Ormai dimenticato. “Un piccolo boss di Maddaloni era in confino a Venafro. Era agosto. Questo signore passeggiava con la moglie in una piccola stradina, vicino alla stazione ferroviaria. Una motocicletta con due persone ha affiancato la coppia e ha freddato questo tizio, lasciando incolume la donna. La questione delle infiltrazioni, della malavita in Molise è vecchia. Non è necessario avere ulteriori elementi. Ci sono già stati segnali chiari. Sono state aperte indagini che non hanno trovato una soluzione. Un anno e mezzo fa, sulla strada principale di Venafro, una ditta che vendeva materiale edile, ceduta a personaggi che venivano dalla provincia di Caserta, ha subito un incendio doloso”.

Per la dottoressa Venditti: “C’è difficoltà in Molise, come altrove, a denunciare, a esporsi e a iniziare un percorso virtuoso. Non possiamo pretendere che le persone lo facciano soltanto per amore di onestà e per adesione profonda a valori etici. E’ la spinta di molti, ma non può essere la spinta esclusiva e non può essere la spinta di tutti. Dobbiamo far sì che la denuncia, che la volontà di rivendicare i propri diritti sia anche conveniente. Cioè non imponga a chi si espone un prezzo finale troppo alto. Credo che anche nel Molise la necessità sia questa. Da parte nostra essere degli interlocutori credibili il più possibile. Il mio Procuratore (Armando D’Alterio, ndr) – ha dichiarato il pm Rossana Venditti - è una persona ottimista e lo sta dimostrando già in questi primi mesi. E sta trasmettendo anche a noi sostituti questa immagine ottimista non solo del voler fare, ma anche del poter fare. Spero che faremo, che faremo meglio, che faremo di più. Che daremo più risposte, che daremo più aiuto, che saremo più capaci di intercettare per tempo una serie di indici di anomalia, una serie di segnali, una serie di presenze. Che adesso non sono ben nitide. Se dovessi dire con onestà intellettuale, con oggettività nel Molise esiste questo fenomeno criminale, questa infiltrazione, c’è la camorra piuttosto che la sacra corona avrei serie difficoltà. I dati non sono così univoci, così assoluti e così verificati. La Commissione Antimafia parla in termini diversi da quelli nei quali è costretto a parlare un magistrato. Noi dobbiamo parlare di dati accertati non di dati sociologici, embrionali emersi nella fase delle indagini preliminari. Sarebbe preferibile parlare con dei dati accertati con sentenze. L’ideale sarebbe arrivare a sentenze definitive. Ma sappiamo che quelle purtroppo sono una chimera e lo diventeranno sempre di più se andiamo ad abbreviare con il processo breve questi percorsi già così in salita, già così faticosi. Questo slalom infinito”.

Non bisogna abbassare la guardia. In questa falsa isola felice, come si legge nella commissione antimafia del 30 luglio 2003, XIV legislatura, “risiedono soggetti collegati alla cosca Bellocco di Rosarno”. Le presenze cominciano ad essere tante. E’ doveroso, in questo momento particolare, uno scatto d’orgoglio dei cittadini.

La testimonianza di Rosaria Capacchione, la giornalista de Il Mattino minacciata dalla camorra, è da tenere sempre a mente: “Il Molise non è lontano dalle infiltrazioni malavitose. Sono già visibili quelli, che a parere mio, sono i segni che mettono in rilievo la presenza sul territorio della camorra Sto vedendo dei segnali che non mi piacciono, qualcosa che mi inquieta e che mi fa sentire l’odore della camorra. I sequestri di beni appartenenti a noti clan, avvenuti negli scorsi giorni in provincia di Isernia, possono essere qualcosa di inequivocabile”. A volte, la forza di volontà dei cittadini contrasta con la mancanza di volontà della classe dirigente di un determinato territorio. Solo con un’azione congiunta (buona politica, buoni politici, istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, associazioni e cittadini) sarà possibile annientare queste criminalità, che se pur organizzate, non possono far paura a chi la schiena è abituato a tenerla dritta.

“Abbiamo bisogno sempre costantemente e dell’appoggio dell’opinione pubblica e, soprattutto, dell’appoggio di chi può stimolarla come la stampa. Una libera stampa, ovviamente, ispirata all’articolo 21 della Costituzione. Di questo abbiamo particolarmente bisogno. Anche nel Molise. La realtà non è paragonabile a quella siciliana e calabrese. E’ comunque una realtà che subisce l’influenza come terra di conquista. Ma proprio perché è ancora terra di conquista e non è diventata ancora una roccaforte definitiva, stabile e strutturata. E’ ancora una terra nella quale la criminalità è nettamente distinta. O meglio non ha i collegamenti con la società civile che ha in queste Regioni in cui mafia e camorra diventano mafia nel momento in cui si crea un legame strutturato rispetto ai pubblici poteri, una capacità stabile e pericolosissima di determinare la politica e l’economia”.

(Armando D’Alterio, procuratore capo Procura della Repubblica di Campobasso, Isernia 22 gennaio 2010, presentazione del libro di Rosaria Capacchione “L’Oro della Camorra”)

“C’è bisogno del morto, spesso, perché nasca un’indagine, perché nasca un filone. Noi non abbiamo neanche il morto, fortunatamente. Ma paradossalmente è ancora più difficile. Perché qui non denuncia nessuno, non parla nessuno. Ecco perché in fatto di omertà non siamo secondi a nessuno”.

(Fabio Papa, pubblico ministero Procura di Campobasso, Isernia 22 gennaio 2010, presentazione del libro di Rosaria Capacchione “L’Oro della Camorra”)

“Non credete che voi siete immuni da queste parti sol perché noi abbiamo la sede legale di questa holding criminale, che è il clan dei casalesi. Nessuno è escluso. Noi abbiamo i morti ammazzati. Da voi si intrecciano i percorsi affaristici”.

(Raffaele Sardo, giornalista e scrittore, Pietracatella, 5 dicembre 2009)

"In questo territorio la delinquenza è anche peggiore rispetto a quella siciliana. Qui in Molise quello che non va è il funzionamento della pubblica amministrazione. In Sicilia poi la delinquenza ti avverte con un omicidio. In questa terra non esiste alcun tipo d'avvertimento".

(Nicola Magrone, Procuratore della Repubblica di Larino, il Ponte, gennaio 2010)

“Bisogna fare una scelta di vita. Non si nasce piantina storta. Ci si diventa. Sono stati ricordati alcuni fatti che interessano il mio Comune (Campomarino, ndr.) ho avuto la fortuna di seguire la vicenda che Saviano ha riportato sul suo libro. L’Operazione Mosca, i rifiuti su Campomarino. Mi hanno seguito da vicino. Un po’ per carpire quelle che potevano essere le mie tendenze politiche come Assessore all’Ambiente. Tutto il procedimento si è sviluppato durante la nostra amministrazione. Gli imprenditori che hanno favorito questa azione illegale sono del posto. Uno di Campomarino e un altro che gestiva l’impianto. Queste persone le guardo da vicino, perché le incontro tutti i giorni. Conducono una vita serena e agiata. Godono dei loro profitti e anche di una certa considerazione. Sono persone ignoranti, non per disprezzare chi non ha studiato. Fanno un abuso delle loro competenze e delle loro forze. Queste persone sembrano, quasi, essere lontani da quelle vicende. Non si vergognano. In quel periodo ho capito cos’era il sistema dell’ecologia, della gestione dei rifiuti. La malavita lo ha capito prima degli ambientalisti. Ho chiesto sostegno ai carabinieri. Il primo approccio è questo: prima si cerca di convincere l’Assessore a non modificare le modalità di gestione, che comportano dei costi diversi, a seconda del servizio differenziato. Le pressioni c’erano su di me e sugli altri amministratori. La logica mi ha portato a pensare che dovevo gestire queste cose fuori dall’ambiente comunale perché non mi potevo fidare del dirigente del tempo e né di altri che mi erano accanto. Ho chiamato gli amici di Legambiente che, gratuitamente, hanno sviluppato un progetto che abbiamo approvato. Questo è stato il primo ostacolo. Bisognava avviare la gara e bisognava scegliere la commissione. Un altro passo difficile. Anche lì abbiamo fatto un’operazione di trasparenza e siamo riusciti a garantire un risultato positivo. Il secondo passaggio è quello del tentativo di corruzione. Ci sono tanti modi per far capire le cose, attraverso una serie di allusioni. La terza fase è quella delle minacce e così ho deciso di rivolgermi ai carabinieri. […].

(“Malitalia a Campobasso”, intervento di Nicola Occhionero, assessore provinciale alla Cultura Provincia di Campobasso, 13 marzo 2010)

il Ponte, aprile2010, n.4

 

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