LA SENTENZA: I COLLABORATORI/8

“TRATTATIVA” STATO-MAFIA/12^ parte. Continua il nostro viaggio per “svelare” la Sentenza di Primo grado, dove i magistrati hanno dimostrato il patto scellerato tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Gaetano GRADO (“cosa nostra”) parla anche di Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore «Lui andava a trovare spesso anche Bontade, lo vedevo spesso io, che poi ho capito il perché, la ragione che lui andava a trovare spesso Bontade... La ragione era perché poi in pratica Vittorio Mangano era amico, molto amico del dottor Marcello Dell'Utri…».

LA SENTENZA: I COLLABORATORI/8
B. e Dell'Utri parlano del mafioso Mangano (ph michelesantoro.it)

GRADO GAETANO

È stato esaminato all'udienza dell'11 giugno 2015 in qualità di indagato ed imputato in procedimenti connessi.

Per le conclusioni, in questo caso definitive, che si esporranno successivamente, è opportuno per il collaboratore in questione dare conto, sia pure con una sintesi particolarmente concisa, del complesso delle dichiarazioni rese.

Gaetano Grado ha riferito:

- di avere iniziato a collaborare con la Giustizia nel 1999 ("All'incirca diciotto anni fa... Credo 97”)

P.M. DI MATTEO: Nelle sentenze definitive che ho prodotto c'è il riferimento al suo esame dibattimentale, per esempio, nel procedimento per la Strage di Viale Lazio, dove lei aveva dichiarato, pagina 6 della trascrizione dell'esame dibattimentale: se non sbaglio nel 1999

Mentre aveva in gran parte già espiato una condanna alla pena di 14 anni di reclusione ed era, quindi, prossimo alla scarcerazione ("No, no, ero detenuto che stavo espiando la pena del Maxi Processo, primo Maxi Processo di Palermo ...14 anni... No, no, guardi dottore, io le dico questo qui, ai tempi avevo il professore Gaito Di Roma, Enzo Gaito, e mi portò la notizia che a breve sarei stato scarcerato perché avevo scontato quasi tutta la mia pena con i benefici della condotta, condono e via dicendo. Quando ho sentito questo ho mandato a chiamare il dottore Michele Prestipino del Pool Antimafia di Palermo e ho deciso di collaborare ...Ho deciso così perché non credo più a questa cosa loro, non Cosa Nostra, cosa loro.... Senta dottore, io sono stato condannato per associazione mafiosa e per il traffico internazionale di droga, che non c'entro niente perché sono stato sempre contro la droga, però purtroppo ho avuto quella condanna .. ");

- di avere frequentato l'associazione mafiosa sin da ragazzo e, specificatamente, Stefano Bontade e la "famiglia" di Santa Maria di Gesù per la quale svolgeva le funzioni di armiere ("Io, dottore, ero ancora piccolino, avevo sui quindici - sedici anni, già ero vicino a dei vecchi amici di papà, che adesso non sono più in vita, e funzionavo come armiere nella famiglia di Stefano Bontade, che era la famiglia di Santa Maria di Gesù... papà mio era un affiliato a Cosa Nostra, era rappresentante e capo mandamento della famiglia di Santa Maria di Gesù ...io ero sempre vicinissimo perché nella morte di papà poi mi hanno messo vicino, troppo protezione, la buon'anima di Paolo Bontade e altri personaggi diciamo della zona. Tipo un addestramento che mi stavano facendo. Dopo sono stato messo in famiglia");

- che anche uno dei suoi fratelli, Antonino, era stato affiliato a "cosa nostra'' ("Solamente Antonino, che è stato combinato dopo di me, cioè combinato, messo in famiglia dopo di me, il più grande di tutti, questo scomparso");

- di essere stato detenuto dal 1989 ("Dall'89") e precedentemente anche negli anni sessanta ("Sì, nel 64, quando sono stato arrestato sempre per un reato che non c'entravo niente, dal 64 al 68") trascorrendo gli altri periodi per lo più in latitanza ("...poi tutta la vita l'ho passata io da latitante ...Guardi, latitante sono stato... Da quasi sempre ero latitante, dottore, poi è scoppiata la guerra di mafia nella morte di Stefano Bontade e mi sono scagliato contro Totò Riina per tante ragioni, sia per la morte di Stefano Bontade, poi per la scomparsa di mio fratello e perché ero contrario ai reati di droga") anche all'estero ("...l'ho trascorsa in Sicilia, poi quando è scoppiata la guerra di mafia, quelli alleati diciamo, che era Gaetano Badalamenti e tante altre famiglie abbiamo deciso di andare all'estero e ho girato un pochino il mondo, sono stato a Madrid, sono stato a Parigi, sono stato a New York, ho girato un pochino ...di tanto in tanto scendevo giù a Palermo, gli ammazzavo qualche amico a Totò Riina per farli andare in tilt e me ne ritornavo indietro");

- di avere partecipato alla strage di viale Lazio ("Io, per dire, ho partecipato, sono stato un tipo ...Ho organizzato io la strage di Viale Lazio contro Michele, il boss mafioso Michele Cavataio e i suoi uomini'') ed a tantissimi omicidi ("Sì, tantissimi, tantissimi omicidi, dottor Di Matteo, tanti… Per dire Nino… Aspetti, che era reggente della famiglia di Casteldaccia, legatissimo con i corleonesi. Poi Lombardo, che era rappresentante e capo di mandamento, che l'ho ucciso vicino Casteldaccia, della famiglia di... Cioè che abbracciava Casteldaccia, Bagheria, lui era rappresentante e capo mandamento. Poi ho ucciso un altro rappresentante, un certo ... Che l'ho ucciso a ... Un certo ... È di Bagheria questo qui, dottore, non mi viene in mente in questo momento… Ah, Vitale questo si chiamava, glielo l'ho ucciso li, in una zona di mare… Sì, sì, Messicati Vitale, sì"), tutti spontaneamente confessati quando aveva iniziato a collaborare ("…è stata una cosa mia spontanea, per liberarmi la coscienza, di dire non voglio rimorsi di coscienza");

-di avere avuto rapporti anche con Riina e Provenzano che, anzi, negli anni settanta, ebbe ad ospitare in una sua proprietà ("Io mi ricordo quando avevo il compito delle armi, che sono scesi giù a Palermo il signor Totò Riina e il signor Provenzano e li tenevo io latitanti in una mia proprietà di Santa Maria di Gesù. Poi si sono incrinate un pochino le cose e loro sono andati via in altri posti;

P.M. DI MATTEO: Per quanto tempo li ha tenuti, ne ha gestito la latitanza a Palermo?

DICH. GRADO: Per un paio di anni, dottore, poi si sono inquinate le cose, le spiego perché, perché incominciai a vedere delle cose, ho saputo delle cose che non mi andavano più bene, il signor Totò Riina e Provenzano, anche se Provenzano era un killer che mi era sempre accanto");

-che il fratello Antonino era stato ucciso da Riina ("…mio fratello Antonino, la morte di mio fratello Antonio viene dopo la morte di Stefano Bontade, perché Stefano Bontade, senza dire niente a me, a mio fratello e a tanta altra gente, voleva uccidere Totò Riina. Totò Riina è stato più velenoso e ha ucciso Stefano Bontade");

-che il detto fratello abitava prevalentemente a Milano dagli anni settanta ("Mio fratello Antonino viveva a Milano dagli anni settanta, cioè non era stabile, ogni tanto veniva, scendeva giù a Palermo e per dire veniva per le ferie…");

-di non avere mai partecipato a traffici di droga per personale contrarietà ("…ero contrario, io rispettavo la vecchia legge di Cosa Nostra, che nella vecchia mafia non esisteva il traffico di droga e chi si permetteva di toccarlo gli finiva bene per essere messo fuori famiglia. Poi, dopo gli anni settanta, si è rivoluzionato il mondo, chiunque faceva dei trafficanti di droga") e che, per tale ragione, ad un certo punto si erano raffreddati i suoi rapporti sia con Stefano Bontade che con lo stesso fratello Antonino ("Ricordo, anno più, anno in meno, 79-80, andai su a Milano a trovare mio fratello Antonino… ci siamo fermati in un bar e mi dice: senti Tanino, ti devo dire una cosa che non volevo dirti perché so che tu sei contrario, guarda che io... io traffico con l'eroina, io, Stefano Bontade. E allora io faccio finta... E mi fa, dice: se tu vuoi partecipare a fare la società con noi, dice, ti metti pure con noi… Quando mi raccontò tutti i fatti, quando ha finito io lo guardai e gli ho detto: senti, sei mio fratello, non ti lavo la faccia con uno sputo perché ho rispetto che sei mio fratello, sei il mio sangue e sei più grande. Gli ho detto: va bè, poi se ne parla, intanto io me ne sto andando giù a Palermo a parlare con l'altro più onesto di te, riferito a Stefano Bontade. Pigliai l'aereo, scendo giù a Palermo, chiamo a Stefano Bontade e gli dico: senti Stefano, ma a me mi risulta che tu e mio fratello lavorate con... Siete trafficanti di droga. Mi guarda, mi fa un sorriso e mi fa, dice: ora l'hai capito? Già è da anni che noi ci lavoriamo, io e tuo fratello. Gli ho detto: per come ho detto a mio fratello te lo dico pure a te, che mi sento di essere... Come se tu fossi mio fratello, lo dico pure a te, non ti lavo la faccia, e non ripeto la parola che ho detto prima perché non è mia educazione, perché sono molto educato. D'ora in poi non ti voglio vedere più né a te, cornuto e infame, tu e mio fratello pure, gli ho detto non vi voglio più vedere e se ti va mettimi fuori famiglia… In pratica sono stato senza che volevo vedere più mio fratello, anche se Stefano Bontade mi veniva a cercare, e sono stato quasi un annetto senza vedere più mio fratello, non li volevo vedere più...");

-di avere conosciuto personalmente Vittorio Mangano e di averne, anzi, favorito l'ingresso in "cosa nostra" ("L'ho allevato io, dottore, cioè nel senso… Ma gli anni settanta dottore, io ero uscito dal carcere. Era un poveraccio, cioè, nullatenente, sposato con due bambini, non poteva manco sfamare la famiglia, allora me lo sono messo vicino perché io ero il manto della carità di tutta la gente povera. Mi sono messo vicino, di tanto in tanto mi facevo accompagnare, per non farglielo pesare, mi facevo accompagnare in macchina a Milano a trovare mio fratello. Quando tornavamo, ai tempi che erano soldi, pigliavo un milione e mezzo, due milioni: Vittorio, mettiteli in tasca. Cioè Vittorio si era attaccato con me una cosa... Morbosamente… l'avevo conosciuto che lui commerciava diciamo in bestiame, vitelli, cavalli, queste cose qui, e l'ho conosciuto in Via Tasca Lanza dove ci mettevano a girare tutti i sensali che vendevano... L'ho conosciuto li...  Vittorio Mangano non era… uomo d’onore, avviene uomo d’onore dopo il mio avvicinamento e la mia conoscenza… poi lui si è attaccato tantissimo, perché Vittorio Mangano non era uno stupidino, era una persona molto scaltra, cioè ha capito che io ero una persona, un uomo d'onore, perché vedeva che quando camminavamo in macchina con lui per le vie di Palermo, cioè la gente... Gente di un certo calibro mi vedevano, mi facevano una festa. E Vittorio Mangano era un furbo, non era uno stupido, cioè si è attaccato con me nella speranza sicuramente di essere messo in famiglia");

-che in occasione di un viaggio a Milano, incontrandosi con suo fratello Antonino e con Gaetano Cinà, quest'ultimo, essendo amico di Marcello Dell'Utri, prospettò di fare lavorare Mangano presso una proprietà di Berlusconi ("…Gaetano Cinà lo vedevo spesso perché veniva con Vittorio Mangano, mi ricordo una volta l'ho incontrato a Milano. E Gaetano Cinà mi chiede, mi dice una cosa, dice… Mi dava del lei, dice: guardi, c'è Vittorio che come è combinato nella situazione economica, dice, ha delle possibilità tramite un amico di farlo entrare a lavorare come stalliere da Berlusconi. Gli dico io... Mi fa, dice: cosa ne pensa lei? Dico io: scusi Gaetano, se Vittorio... Sappiamo come è combinato, è lavoro, è pane che porta ai figli, perché no? Gli dico io. Poi ho saputo che Vittorio Mangano, che mi veniva a trovare dopo che era entrato da Berlusconi, ho saputo che tramite... È entrato lui da Berlusconi come stalliere tramite Gaetano Cinà, perché era amico di Marcello Dell'Utri e lavorava lì. Però di tanto in tanto Vittorio mi veniva a trovare spesso, non è che era cambiato niente, anche quando lui era stato combinato nella famiglia di Pippo Calò non era cambiato niente, mi veniva a trovare e aveva un grande rispetto per me…");

- che Mangano venne formalmente affiliato alla "famiglia" mafiosa facente capo a Pippo Calò ("...Vittorio Mangano faceva parte della famiglia... Cioè, territorio di Pippo Calò e allora quando hanno visto Vittorio Mangano vicino a me hanno riferito sicuramente a Pippo Calò. Pippo Calò ha avuto interesse di combinare, di pigliare Vittorio Mangano e combinarlo, cercano di avvicinarlo ... E l'ho… convinto ad andare nella famiglia di Pippo Calò e hanno combinato Vittorio Mangano che poi mi è stato presentato da uomo d'onore"), restando, però a lui legato, tanto da fargli confidenze ("Però, ripeto, Vittorio Mangano sia quando non era uomo d'onore che quando era uomo d'onore veniva sempre a trovarmi perché per me aveva un grande rispetto e mi faceva tantissime confidenze") e continuando anche ad intrattenere rapporti con Stefano Bontade ("Sì dottore, perché mi ricordo benissimo che una volta sono andato da Stefano Bontade e viene Vittorio che aveva sempre una venerazione per Stefano Bontade e gli portò un cavallo questi da galoppo e glielo ha regalato a Stefano Bontade");

- di avere, poi, capito perché Mangano si recava spesso da Bontade allorché il primo gli confidò di trasportare, per conto del secondo e di Grado Antonino, ingenti somme di denaro a Milano ove le consegnava a Marcello Dell'Utri perché le investisse nelle società di Berlusconi ("Cioè lui andava a trovare spesso anche Stefano Bontade, lo vedevo spesso io, che poi ho capito il perché, la ragione che lui andava a trovare spesso Stefano Bontade... La ragione era perché poi in pratica Vittorio Mangano era amico, molto amico del dottor Marcello Dell'Utri, poi ho capito che ai tempi stavano facendo su a Milano, Milano 1, Milano 2, delle costruzioni appartenenti a Berlusconi. Allora la mafia, per come lei, per il lavoro che fa, sa benissimo che la mafia ha bisogno di investire, di riciclare soldi. Siccome i soldi giù a Palermo per la droga non si sapeva quanto erano più i miliardi, allora ho saputo, fatta la confidenza di Vittorio Mangano, che Vittorio Mangano asportava fiumi di denaro con la macchina su a Milano dandogli a Marcello Dell'Utri e Marcello Dell'Utri li investiva in queste società che aveva Berlusconi, poi in altre società, non so dove li investiva, ma non era solo Stefano Bontade, mio fratello, chiunque apparteneva a famiglie mafiose, che aveva bisogno di riciclare soldi, quello che mi spiegava Vittorio Mangano, li mandavano su e non so dove li investivano, oltre Milano 1 e Milano 2, però credo che li investivano in altri posti... io non è che so di preciso, però quello che di preciso mi risulta a me, che investivano nelle società di Berlusconi... però quello che mi diceva Vittorio Mangano, non è che mi parlava di un miliardo-due, mi parlava di svariati miliardi, cioè che li portava su, ma non so se avveniva tutte le settimane, tutti i mesi, ogni sei mesi, non glielo so dire specificare questo, dottore, ma erano svariati, svariati miliardi, proprio di come mi parlava Vittorio mi diceva a me basterebbe un viaggio di questi... Di soldi che ci sono in un viaggio che faccio per campare da nababbo, dice, tutta la vita... c'erano sicuramente anche soldi di mio fratello Antonino, perché mio fratello Antonino non è che scherzava, era uno dei più ricchi mafiosi che c'erano, sempre con il traffico di droga");

- che egli non conosceva personalmente Marcello Dell'Utri poiché, quando Mangano glielo voleva presentare, egli si era rifiutato di incontrarlo essendo contrario alle persone che si occupavano di politica

P.M. DI MATTEO: Ma lei in quel momento, quando Vittorio Mangano le racconta per le prime volte di questi viaggi con tutto questo fiume di denaro consegnato a Dell'Utri e poi investito nelle società di Berlusconi, lei in quel momento al Marcello Dell'Utri lo conosceva?

DICH. GRADO: Personalmente no, però l'avevo visto più volte. Mi ricordo un particolare una volta, però Vittorio Mangano mi diceva: c'ha presentare un amico, sempre mi diceva così. Ma chi è questo amico? Marcello Dell'Utri. Vittorio, non lo voglio conoscere. Perché io ero, dottore, contrario alle persone che erano addentrati nella politica, non li volevo conoscere completamente. Mi ricordo un particolare, che un giorno siamo a Palermo io e Vittorio Mangano, in Via Ruggero Settimo, che siamo andati a comprare del vestiario, che ai tempi andava di moda da boutique Battaglia in Via Ruggero Settimo, lui mi guarda e mi fa: zu Tanino, sape, c'è Marcello Dell'Utri, venga che glielo presento. Gli ho detto: Vittorio, non ti permettere perché ti lascio qui e me ne vado. E non l'ho voluto ... Non ho voluto conoscerlo completamente;  

P.M. DI MAITEO: In quel momento perché lei non consentiva a Vittorio Mangano l'effettiva presentazione di Dell'Utri?

DICH.GRADO: Ma dottore sia, per come ho spiegato, perché non volevo conoscere delle persone, cioè, che si interessavano per la politica e via dicendo, e sia perché non mi era simpatico");

- che in un'altra occasione anche suo fratello gli voleva fare incontrare Dell'Utri che poteva essere utile in quanto addentro alla politica e così egli, dopo essersi in un primo tempo rifiutato, aveva partecipato ad un pranzo al ristorante "I quattro Mori", che, pur avendo in passato indicato come sito ad Arcore, ricordava ora trovarsi a Milano nella via del Senato

P.M. DI MATTEO: Ho capito. Senta, poi lei a Dell'Utri lo vede a Milano, lo inconta a Milano

DICH. GRADO: Non è che lo incontro, dottore, c'è stato mio fratello Antonino... Si vede che Vittorio, a mia insaputa, riferiva a mio fratello Antonino, perché loro... Vittorio viveva a Milano e si vedevano spesso con mio fratello Antonino e allora l'avrà riferito a mio fratello Antonino. Siccome mio fratello Antonino conosceva bene Marcello Dell'Utri mi chiama e mi fa: senti fratello mio, perché non vuoi incontrare sto cristiano? Guarda che non è cattivo, possiamo avere sempre di bisogno. Perché poi dice lui è dentro, dice è addentrato nella politica, dice non si sa mai, si può sempre avere bisogno di questa gente qui. Gli ho detto: non lo voglio conoscere. Una volta mio fratello mi convince, Antonino, mi fa, dice: vieni su a Milano che ti devo parlare. Arrivo su a Milano e mi fa, dice: ascolta, oggi io vado a mangiare con Vittorio Mangano, Gaetano Cinà, Dell'Utri, devi venire pure tu. Allora io non dare dispiacere a mio fratello ci sono andato e siamo andati a mangiare in un ristorante… Sì, chiamato i Quattro Mori. Precedentemente io avevo dichiarato che questo ristorante si trovava ad Arcore. Siccome ero preso dal parlare di Vittorio Mangano ho detto Arcore, invece il ristorante è in Via del Senato, Piazza del Senato, Via del Senato lì a Milano, i Quattro Mori. Siamo andati, me l'hanno presentato, lui tutto contento che mi ha conosciuto, ho sentito parlare di lei, un sacco di chiacchiere. A maggior ragione, chiacchierone per come era, poi abbiamo finito di mangiare e loro incominciano a parlare di affari. Prima io, per evitare di sgarbare mio fratello, di non dirgli parolacce, mi sono alzato dal ristorante e mi sono messo lontano a fumarmi la sigaretta, perché sapevo dove potevano arrivare a parlare dei loro affari. Per evitare io di essere scortese con mio fratello, di sgarbarlo davanti a tutti, allora ho evitato nei loro discorsi e mi sono allontanato e questa è stata la conoscenza che ho fatto con il signor Marcello Dell'Utri'');

-che Dell'Utri già allora si interessava del nuovo partito politico formato da Berlusconi ("GIT: Allora Grado, prima di andare avanti, visto che lei l'ha ripetuto di nuovo su questo fatto che per quello che lei sapeva allora Dell'Utri era addentro alla politica, ci vuole spiegare un po' quali erano le sue conoscenze all'epoca, ovviamente, dei rapporti di Dell'Utri con la politica? Perché era addentro alla politica? Chi glielo disse e a che cosa si riferiva, se sa qualche cosa. Mi riferisco ovviamente alle sue conoscenze di allora;

DICH. GRADO: Senta dottore, la (PAROLA INCOMPRENSIBILE) della politica di... Se era già... Non mi ricordo se lui era... Cosa era non lo so, però ai tempi ricordo benissimo però che lui portava, aveva formato il partito di Berlusconi Forza Italia e ci interessava tantissimo in Sicilia per Berlusconi e così ho saputo io

G/T: Allora Grado, siccome il fatto è così eclatante, che evidentemente c'è qualche cosa che lei ci deve chiarire. Lei sta facendo riferimento ora a Forza Italia e a Berlusconi, che come tutti sappiamo, sono dati di fatto più che...;

DICH. GRADO: Dottore, guardi che Dell'Utri, oltre gli anni novanta di Forza Italia, Dell'Utri si era sempre interessato in politica e io lo sapevo questo qui... Anche a livello regionale, lui c'erano delle elezioni e si interessava per fare eleggere chi faceva comodo a lui;

G/T: Elezioni regionali riferite a quale periodo, Grado?

DICH. GRADO: Gli anni... A cavallo degli anni settanta, dottore, che ricordo bene che Vittorio poi mi disse che lui si interessava pure ... Che aveva dei vivai di calcio, cioè di giocatori e via dicendo");

- che Dell'Utri aveva ottimi rapporti con Mangano e con Grado Antonino coi quali si dava del tu ("…si davano del tu, anche con mio fratello erano... C'erano... Almeno quello che ho visto io c'erano degli ottimi rapporti'');

- che i soldi trasportati a Milano da Mangano appartenevano a vari mafiosi tra cui anche Mimmo Teresi ("Soldi, per dire, della famiglia di Salvatore Inzerillo, la famiglia di Stefano Bontade, soldi di mio fratello, soldi di un altro che è scomparso, un certo Sara Riccobono, cioè questi erano i soldi, dottore;

P.M. DI MATTEO: Le è stato mai detto da Mangano o da altri di soldi di Mimmo Teresi che venivano convogliati a Milano?

DICH. GRADO: Sì, si, anche soldi... Va bè, io dicendo Stefano Bontade, mio fratello, ho riferito pure... Cioè tutta la famiglia di quelli che trafficavano e c'era Mimmo Teresi. Mi ricordo io a Milano una volta di avere rimproverato Mimmo Teresi e gli dico il perché, sempre riferito al signor Dell'Utri. Mi ricordo che incontrai Mimmo Teresi a Milano, che era amico di mio fratello, ed eravamo nella stessa famiglia, gli dico: Mimmo, che sei venuto a fare qui a Milano? Traffici? Subito io, scherzando, gli dico traffici? Lui mi guarda, dice: no, sai, sono venuto qui a Milano perché Marcello Dell'Utri, dice, ha una società, è amico di un certo Gaetano Li Gresti se non sbaglio, un costruttore, Gaetano Li Gresti. Dice hanno litigato, sto cercando di mettergli la buona. Io lo guardai e gli dico: Mimmo, ma fatti i ca... Una parolaccia, fatti... Sempre che ti impicci nelle cose che non ti interessano. Dice: va bè, sai, dice, è pure giusto che mi interesso di farli riappacificare. Che poi ho saputo, sempre tramite Mimmo Teresi, che forse si sono denunciati ambo le parti, Li Gresti con Dell'Utri. E gli ho detto: fatti i fatti tuoi, vattene giù a Palermo. Dice: no, dice, Marcello è un amico e sto cercando di aiutarlo. Ma fai come cavolo di pare gli dico io. L'ho lasciato li e me ne sono andato");

- che il fratello, oltre che di Mangano, si serviva anche di tale Rosario D'Agostino per trasferire il denaro a Milano ("…mio fratello utilizzava spesso, però non so se li metteva... Dove li metteva, in quale società, utilizzava spesso un certo Rosario D'Agostino, che l'aveva vicino lui, non era uomo d'onore, cioè lo faceva andare su a Milano con... Cioè per quello che lui vendeva, la droga che vendeva giù a Palermo, lo faceva andare su a Milano, per dire, con la macchina carica di soldi pure, che si trattava pure delle cifre iperboliche, non si trattava di un miliardo, due, ma anche di più. E Rosario D'Agostino, per dire, mi faceva la confidenza che lui li metteva... Gli ho detto io: ma scusa, Saro, come ci sali ste cose? Dice: io ho escogitato una cosa, perché era ignorante, li metteva nella ruota di scorta della macchina, tutti ammazzettati, tagliava la camera d'aria, che aveva la cosa tipo i vulcanizzatori, tagliava la camera d'aria, impacchettava tutti i soldi lì dentro, rincollava la camera d'aria, la gonfiava e la metteva come ruota di scorta, però lo faceva Rosario D'Agostino semplicemente per mio fratello Antonino, non lo faceva per altri. Però, ripeto, non so se mio fratello... A cosa gli servivano questi soldi su, magari gli servivano... Che lui era in contatto con i turchi, per fare il pagamento della morfina base… li consegnava a mio fratello Antonino, perché erano soldi di mio fratello Antonino");

- che Mangano gli confidò di un attentato fatto alla villa di Berlusconi tramite Francesco Mafara per estorcere denaro ("…non ci sono stati mai dei progetti di sequestro, semplicemente che volevano spillargli dei soldi e questo me lo conferma Vittorio Mangano perché ho letto su un giornale che hanno fatto un attentato nella villa di Berlusconi, Arcore, e leggendolo sui giornali gli dico: Vittorio, ma che cosa è sto fatto? Mi fa, dice: no, è semplicemente per fargli uscire un po' di miliardi, che lui soldi ne ha tanti. Difatti non è che gli hanno fatto vero e proprio un attentato, hanno pigliato della polvere delle cave, questo per fare saltare la pietra, e questa bomba tipo bomba carta, piena di polvere, senza fare danni, glielo è andato a mettere un certo Francesco Mafara, quello che è morto strangolato insieme a mio fratello, ma non gli hanno creato danno, gli hanno affumato tutta... Gli hanno fatto diventare tutto il muro un pezzo di muro nero, tutto il cancello nero, poi non ho saputo più come è andata a finire. Ma come sequestro io ho sempre saputo che non c'è stato mai problema. Sì, una volta si era vociferato che c'era... Che non so precisare chi, c'erano i calabresi che volevano sequestrare qualcuno della famiglia Berlusconi, ma ripeto dottore, io non è che mi interessavo tanto. E allora ho saputo che è intervenuto Mimmo Teresi, tramite Stefano Bontade, e hanno fermato questa cosa di sequestrare, diciamo... Ed è avvenuto... Va bè, un po' di soldi ce li facciamo uscire. Ed è stato questo il fatto dell'attentato che ci hanno fatto, per evitare di fargli qualche sequestro... E Mimmo si è sbilanciato dicendoci che c'era questo problema, che Marcello Dell'Utri si era lamentato con Mimmo Teresi che volevano fare questo... Sequestrare qualcuno della famiglia Berlusconi e allora Mimmo Teresi, avendo l'amicizia con Marcello Dell'Utri, si voleva interessare per non fare disturbare diciamo la famiglia Berlusconi, per fare un piacere a Marcello Dell'Utri. Difatti Mimmo Teresi, Stefano gli dice: vai su nelle calabrie, parla con chi di dovere e digli che è una cosa che interessa a noi, che non si permettano di fare una cosa del genere. Ai tempi anche le famiglie calabresi a noi ci ascoltavano, ci davano credito, cioè erano molto vicine a noi anche le famiglie calabresi... Mimmo Teresi andò dai calabresi e gli hanno detto non c'è problema, stai tranquillo che non saranno più disturbati. Difatti Berlusconi non è stato più disturbato, dove facevano le telefonate per le minacce di Berlusconi, difatti non è stato più disturbato, cioè è finita cosi");

- che egli aveva intenzione di recuperare il denaro investito dal fratello ed a tal fine aveva chiesto a tale Bruno Rossi, detenuto con lui, di uccidere Vittorio Mangano, ma che il progetto, poi, non era andato a buon fine perché il predetto Rossi era stato trasferito in altro carcere ("…ero già io in carcere e allora ho conosciuto in carcere un ragazzo che mi sembrava molto serio, napoletano, un certo Guido Rossi se non sbaglio. In pratica volevo recuperare questi soldi e ho escogitato, dissi va bè, parlo con sto ragazzo, vediamo se può ammazzare Vittorio Mangano, perché naturalmente Vittorio Mangano era passato dall'altra barricata. Come facevo io a recuperare questi soldi se c'era Vittorio Mangano che poteva riferire a Totò Riina? Perché Totò Riina si informava dove c'erano dei soldi di mio fratello, Stefano Bontade, e se li pigliava. Allora ho parlato con questo Guido Rossi, gli dico: senti qua, mi puoi fare una grande cortesia? Di ammazzarmi Vittorio Mangano? Sto ragazzo mi fa, dice: certo, certo, lo faccio. Cioè, ho cercato di fare ammazzare Vittorio Mangano, cosa che poi ... Sto ragazzo è andato via dal carcere, che eravamo nel carcere di Vasto e non se ne fece più niente;

P.M. DI MATTEO: Allora, qualche spiegazione, intanto in che periodo siete stati codetenuti con questo Rossi?

DICH. GRADO: Dopo 1'89, dopo 1'89, dottore, perché io sono stato arrestato nell'89, dopo un mese e qualcosa, due mesi circa mi portarono nel carcere di Vasto… Rossi è stato poco, all'incirca un anno e qualcosa, io ci sono stato quattro anni nel carcere di Vasto… andavamo al passeggio insieme, eravamo nella cella... Io ero messo nella cella a solo perché c'erano delle misure di sicurezza per me ed eravamo nella cella accanto, però tutti i giorni ci vedevamo o nella socialità o andavano al passeggio, ci incontravamo tutti i giorni;

P.M. DI MATTEO: Intanto le volevo chiedere se lei è certo che il nome di battesimo fosse Guido, perché nel verbale del 30 agosto... ;

DICH. GRADO: No, Bruno, Bruno, dottore, mi scusi, se non sbaglio Bruno Rossi… Dottore, per due ragioni io volevo fare ammazzare Vittorio Mangano, sia se potevo recuperare questi soldi, è giusto? E sia perché era un traditore come tanti altri che io ho ammazzato personalmente, perché si sono schierati dalla parte dei corleonesi, cioè mi faceva impazzire a me il pensiero che Vittorio stravedeva per Stefano Bontade e poi si è schierato con i corleonesi, questo dottore, per due motivi lo volevo fare ammazzare io, per il tradimento che ha fatto e per il fatto dei soldi... Io pensavo che non è che io avevo pigliato l'ergastolo, che dovevo fare quegli anni di carcere, uscivo, poi provvedevo come fare per recuperare quei soldi là, qualcosa l'avrei escogitata. Perché tanto per dire io conoscevo già... Disgraziatamente quella volta ho conosciuto il Marcello Dell'Utri e vedevo come potere fare per poterlo acchiappare, a dire senti qua, questi sono soldi di mio fratello, cerca di recuperare, questo, potevo fare anche questo;

P.M. DI MATTEO: Ma in quel momento era prevedibile una scarcerazione di Bruno Rossi da lì a qualche tempo?

DICH. GRADO: Sì dottore, sì, sì, doveva fare poco, non è che aveva tanti anni di carcere, la sua scarcerazione era imminente ricordo, a quello che mi diceva lui… gli ho detto devi usarmi questa cortesia, dice, io non è che non c'ho chi potrebbe farmi questa cortesia, ma siccome non voglio che la voce trapeli nell'ambito mafioso, perché tu sei fuori zona, non hai niente a che vedere con la mafia, se mi puoi fare questa cortesia. Mi ha detto: sì, si, non c'è problema... poi con Bruno Rossi, cioè, io sono uscito per un intervento chirurgico che dovevo fare, sono rientrato nel carcere dell'Aquila, non sono andato più a Vasto, nel carcere di Vasto, cioè ci siamo persi completamente, non avevo numeri di telefono, non avevo indirizzo, cioè la cosa è finita cosi... poi ho saputo che si stava mettendo a collaborare e non se ne è fatto più niente, si, che lui... Che ancora io ero in carcere a Vasto, si, lui mi ha detto ho deciso di collaborare e da quel giorno lì... Poi si (PAROLA INCOMPRENSIBILE) quando mi ha detto questo e la cosa è morta cosi");

- che le dichiarazioni sui viaggi di Mangano le aveva fatte per la prima volta in occasione di un colloquio investigativo avvenuto molti anni dopo l'inizio della sua collaborazione

P.M. DI MATTEO: Senta, un'ultima domanda, lei queste dichiarazioni sulle notizie che più volte le ha dato Vittorio Mangano sui soldi portati a Milano, consegnati a Dell'Utri per essere investiti nelle imprese di Berlusconi, rispetto all'inizio della collaborazione quando le ha fatto, signor Grado? Non in generale su Mangano, su Dell'Utri, su Cinà, ma queste in particolare sugli investimenti, su questi viaggi?

DICH. GRADO: Ah dottore, dottore, ascolti, sono andato a Roma per un altro interrogatorio, se non sbaglio il dottor Donadio, che ai tempi era vice del dottor Grasso, ci sono andato per un altro interrogatorio. Si parlava del più e del meno, siamo andati a finire il discorso su Vittorio Mangano, cosi, e ho fatto queste dichiarazioni dopo anni della mia collaborazione;

P.M. DI MATTEO: Si trattava di un colloquio investigativo?

DICH. GRADO: Si, si, sì...

DICH. GRADO: Dottore, io non è che sono andato dal dottore Donadio e abbiamo parlato... Mi ha chiamato, mi ha chiesto di Vittorio Mangano, non mi ha chiesto... di Dell'Utri. Non mi ha chiesto niente, è stata una mia cosa spontanea, che mi sono ricordato e ho fatto queste dichiarazioni al dottor Donadio, capito? Tutto qui” e ciò perché non aveva intenzione di parlare di politici ("Certo che c'è una ragione, dottore, perché la prima cosa che io ho detto nel mio interrogatorio, nel mio pentimento al dottor Michele Prestipino è stata quella lì: dottor Prestipino, lei mi deve... Sia a lui che ad altri Giudici che mi hanno interrogato: dottor Prestipino, lei mi deve parlare di tutto, di mafia, però non mi chieda di politici perché non ne parlo completamente, solo per questo non l'ho dichiarato allora, perché non ero intenzionato a parlare. D'altronde Dell'Utri faceva parte poi della politica, avrò sbagliato io a dire il nome di Dell'Utri, pazienza, pensavo che era una cosa... Pensavo che era una cosa che io era a titolo informativo, cosi, che si stava parlando con il dottor Donadio, è uscito fuori stu fatto di Dell'Utri, Vittorio Mangano... Ma io non volevo nemmeno parlarne, dottore Di Matteo..."), intendimento che mantiene tuttora temendo per la propria vita ("… Di politica io, ripeto, non ne volevo... Uomini politici non ne volevo toccare completamente perché ancora oggi con la mia età mi devo vedere ancora qualche festa, dottore, non è che a me mi preoccupa di morire, perché ormai ho la mia età. Ma anche da giovane io la morte non l'ho mai temuta e allora vorrei campare ancora qualche annetto per vedermi tutte le feste, dottor Di Matteo, per questo io non ho parlato mai e non parlerò mai di politica, perché voglio campare ancora qualche annetto tranquillo. Poi se c'è qualcuno che mi assicura, che mi mette la firma nel dire tu camperai ancora anni, e allora parliamo di altro, ma non è il momento di parlare per ora di politica. Se qualcuno me l'assicura che io camperò ancora dieci anni…;

GIT: Sì, però Grado, prima di passare avanti, perché vorremmo capire, noi dobbiamo valutare anche la sua attendibilità e vorrei capire l'ultimo discorso che lei ha fatto appena qualche secondo fa. Cioè lei vuol dire che volendo campare ancora, come lei ha detto, ancora tranquillo qualche anno, ad oggi non ha detto tutto quello che sa sui politici?

DICH. GRADO: Glielo dico io, dottore, glielo spiego subito, in pratica per quello che conosco io a livello... D'alto livello politico, cioè io so, e le prove lo hanno dato di tanta gente morta, io vorrei campare ancora qualche annetto tranquillo, non mi voglio fare ammazzare... Non mi ha ammazzato Totò Riina, che non è stato capace, non mi voglio fare ammazzare a livello di Stato. Dottore, lei queste cose le sa benissimo;

GIT: Cioè questo significa che lei ci sta confermando in questo momento che sa delle cose che riguardano tra virgolette politici e che ritiene di non poter dire temendo per la sua sicurezza personale, è così o no?

DICH. GRADO: Dottore, questo l'ho dichiarato o lo dirò sempre, non parlerò mai di politica... Ritengo... Mi scusi dottore, ritengo che non è il momento opportuno di parlare di politica, dottore, di uomini politici... Non è il momento opportuno").

Deve darsi conto, inoltre, che nel corso dell'esame del predetto dichiarante, al fine di vagliarne l'attendibilità, sono stati acquisiti i seguenti documenti:

- sentenza irrevocabile pronunziata dal G.U.P. presso il Tribunale di Palermo il 12 dicembre 2008 nei confronti di Grado Gaetano per la c.d. "strage di viale Lazio";

- sentenza irrevocabile pronunziata dalla Corte di Assise di Palermo il 28 aprile 2009 nei confronti di Riina ed altri per la c.d. "strage di viale Lazio";

- verbale riassuntivo delle dichiarazioni rese da Gaetano Grado il 7 agosto 2001, nel quale vengono riassunti i temi e gli argomenti sui quali il predetto ha riferito dall'inizio della sua collaborazione in data 25 settembre 1999. A pag. 14, riguardo a Mangano Vittorio e Cinà Gaetano, si dà atto che Grado ha riferito:

"dei rapporti di conoscenza con Vittorio Mangano sin dagli anni 1976/1977, quando egli ancora non faceva parte di nessuna famiglia mafiosa... ; dei numerosi viaggi effettuati con il Mangano presso la città di Milano, dove lui Grado si recava per andare a trovare il fratello Antonino; di come successivamente -verso la fine del 1980, l'inizio del 1981 - lui stesso Grado aveva nuovamente incontrato a Milano Vittorio Mangano con Nicola Milano... nel frangente, Nicola Milano aveva presentato formalmente come uomo d'onore Vittorio Mangano sia a lui Grado Gaetano che al fratello Grado Antonino; di quanto Mangano gli aveva riferito circa la possibilità di farsi assumere come stalliere ad Arcore nella villa dell'On. Berlusconi, in quanto se ne stava interessando il Cinà per il tramite del fratello di Berlusconi e dell'On. Dell'Utri; delle confidenze ricevute anche dal Cinà circa il suo intervento, per il tramite di Marcello Del1'Utri, al fine di far assumere il Mangano nella villa di Arcore dell'On. Berlusconi'';

-prime quattro pagine della trascrizione dell'interrogatorio reso da Gaetano Grado il 30 agosto 2012 allorché il P.M. sollecita il dichiarante a riferire quanto sa a proposito dei rapporti tra Vittorio Mangano, Gaetano Cinà e Marcello Dell'Utri, avendo la Procura Nazionale Antimafia comunicato, tramite la Procura Generale di Palermo, che nel corso di colloqui investigativi Grado aveva approfondito l'argomento e, conseguentemente, il P.M. chiede a quest'ultimo "se Vittorio Mangano anche aveva svolto un qualche ruolo per favorire investimenti dell'organizzazione mafiosa, investimenti a Milano, se l'aveva fatto direttamente... Se c'erano stati investimenti di Cosa Nostra che erano stati agevolati da Vittorio Mangano utilizzando questo fatto che lui si trovava a Milano";

-certificato del casellario giudiziale di Gaetano Grado, dal quale risultano, tra le altre, la condanna inflittagli dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 10/12/1990 per associazione mafiosa e violazione della disciplina sugli stupefacenti (anni 15 e mesi 6 di reclusione), la sentenza della Corte di Appello di Milano del 27/2/2002 con la quale Grado è stato condannato per acquisto, detenzione e trasporto illecito di sostanze stupefacenti (commesso fino all'ottobre 1995 in Spagna, Olanda, Varese ed altrove e poi ancora fino all'ottobre 1987 in Besano, Varese, Marchirolo e altrove) alla pena di anni 15 e mesi 6 di reclusione e, altresì, la sentenza del Tribunale di Milano del 7/5/2002 con la quale il medesimo Grado è stato ancora condannato per acquisto, detenzione e trasporto illecito di sostanze stupefacenti (commesso il 21/10/1996 in Milano) alla pena di anni 10 di reclusione.

Orbene, come già si è ripetutamente detto, l'esame in dettaglio delle dichiarazioni di un collaboratore di Giustizia presuppone che sia preliminarmente affrontato e sciolto il problema della sua credibilità, perché soltanto se è possibile chiarire e superare gli eventuali dubbi che si addensano sulla chiamata di correo in sé, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa, sarà possibile procedere alla valutazione della stessa unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità.

In altre parole, l'indispensabile presenza del requisito dell'intrinseca attendibilità della chiamata di correo, costituisce una premessa indefettibile affinché le accuse possano, poi, essere prese in considerazione dal giudice e poste a base della decisione.

Gli indici rivelatori della credibilità soggettiva del chiamante sono, tra gli altri, la spontaneità, la costanza, la coerenza, la precisione e la logica interna del racconto, nonché la mancanza di interesse diretto all'accusa, l'assenza di contrasto con altre acquisizioni e la mancanza di contraddizioni eclatanti o difficilmente superabili.

Ebbene, la Corte ritiene che le dichiarazioni rese da Gaetano Grado con riguardo ai fatti che interessano in questa sede (e, quindi, sostanzialmente quelle che delineano il ruolo dell'imputato Marcello Dell'Utri nei rapporti con l'organizzazione mafiosa "cosa nostra") non superino il vaglio della credibilità intrinseca e soggettiva.

Rilevano, invero, in proposito, innanzitutto, alcune eclatanti contraddizioni, quale, ad esempio, quella relativa ai motivi per i quali negli anni settanta il dichiarante ha dichiarato di avere diffidato di Dell'Utri e rifiutato di avere rapporti con lo stesso.

Grado, in proposito, ha dichiarato che il motivo di tale rifiuto risiedeva nel fatto che Dell'Utri era "addentro" alla politica

P.M. DI MATTEO: Ma lei in quel momento, quando Vittorio Mangano le racconta per le prime volte di questi viaggi con tutto questo fiume di denaro consegnato a Dell'Utri e poi investito nelle società di Berlusconi, lei in quel momento al Marcello Dell'Utri lo conosceva?

DICH. GRADO: Personalmente no, però l'avevo visto più volte. Mi ricordo in particolare una volta, però Vittorio Mangano mi diceva: c'ha presentare un amico, sempre mi diceva così. Ma chi è questo amico? Marcello Dell'Utri. Vittorio, non lo voglio conoscere. Perché io ero, dottore, contrario alle persone che erano addentrati nella politica, non li volevo conoscere completamente. Mi ricordo un particolare, che un giorno siamo a Palermo io e Vittorio Mangano, in Via Ruggero Settimo, che siamo andati a comprare del vestiario, che ai tempi andava di moda da boutique Battaglia in Via Ruggero Settimo, lui mi guarda e mi fa: zu Tanino, sape, c'è Marcello Dell'Utri, venga che glielo presento. Gli ho detto: Vittorio, non ti permettere perché ti lascio qui e me ne vado. E non l'ho voluto ... Non ho voluto conoscerlo completamente;

P.M. DI MATTEO: In quel momento perché lei non consentiva a Vittorio Mangano l'effettiva presentazione di Dell'Utri?

DICH. GRADO: Ma dottore sia, per come ho spiegato, perché non volevo conoscere delle persone, cioè, che si interessavano per la politica e via dicendo, e sia perché non mi era simpatico") e richiesto di specificare ha fatto riferimento al ruolo di Dell'Utri in relazione al movimento Forza Italia nato soltanto negli anni novanta

G/T: Allora Grado, prima di andare avanti, visto che lei l'ha ripetuto di nuovo su questo fatto che per quello che lei sapeva allora Dell'Utri era addentro alla politica, ci vuole spiegare un po' quali erano le sue conoscenze all'epoca, ovviamente, dei rapporti di Dell'Utri con la politica? Perché era addentro alla politica? Chi glielo disse e a che cosa si riferiva, se sa qualche cosa. Mi riferisco ovviamente alle sue conoscenze di allora

DICH. GRADO: Senta dottore, la (PAROLA INCOMPRENSIBILE) della politica di... Se era già... Non mi ricordo se lui era... Cosa era non lo so, però ai tempi ricordo benissimo però che lui portava, aveva formato il partito di Berlusconi Forza Italia e ci interessava tantissimo in Sicilia per Berlusconi e cosi ho saputo io...").

Peraltro, neppure di fronte alla contestazione di tale evidente discrasia il dichiarante è stato in grado di fornire una spiegazione convincente, facendo questa volta un generico riferimento ad una attività politica del Dell'Utri in non meglio specificate competizioni regionali degli anni settanta

G/T: Allora Grado, siccome il fatto è cosi eclatante, che evidentemente c'è qualche cosa che lei ci deve chiarire. Lei sta facendo riferimento ora a Forza Italia e a Berlusconi, che come tutti sappiamo, sono dati di fatto più che...

DICH. GRADO: Dottore, guardi che Dell'Utri, oltre gli anni novanta di Forza Italia, Dell'Utri si era sempre interessato in politica e io lo sapevo questo qui... Anche a livello regionale, lui c'erano delle elezioni e si interessava per fare eleggere chi faceva comodo a lui

G/T: Elezioni regionali riferite a quale periodo, Grado?

DICH. GRADO: Gli anni... A cavallo degli anni settanta, dottore, che ricordo bene che Vittorio poi mi disse che lui si interessava pure... Che aveva dei vivai di calcio, cioè di giocatori e via dicendo").

Altra significativa contraddizione ravvisabile nelle propalazioni del Grado è costituita dalla circostanza che il dichiarante, pur prendendo le distanze dai traffici di droga e dalla attività svolta dal fratello in proposito e pur manifestando assoluto sdegno per tale attività delittuosa a suo dire in contrasto con le regole di "cosa nostra" ("...ero contrario, io rispettavo la vecchia legge di Cosa Nostra, che nella vecchia mafia non esisteva il traffico di droga e chi si permetteva di toccarlo gli finiva bene per essere messo fuori famiglia. Poi, dopo gli anni settanta, si è rivoluzionato il mondo, chiunque faceva dei trafficanti di droga"), ha, però, poi, asseritamente tentato di recuperare per sé i proventi del traffico di droga investiti dal fratello a Milano ("In pratica volevo recuperare questi soldi e ho escogitato, dissi va bè, parlo con sto ragazzo, vediamo se può ammazzare Vittorio Mangano, perché naturalmente Vittorio Mangano era passato dall'altra barricata..."), così come, d'altra parte, aveva già riferito all'inizio della sua collaborazione, parlando, però, in quel caso, di somme custodite dalla cugina Rosa Contorno e ricevute tramite Rosario D'Agostino (v. pag. 17 verbale riassuntivo del 7 agosto 2001, acquisito col consenso delle parti).

Ciò, peraltro, a prescindere dalle risultanze del certificato del casellario giudiziale dal quale si evince che Grado è stato ripetutamente condannato a consistenti pene detentive per reati di traffico di stupefacenti (v. sopra le già riportate risultanze del certificato prodotto dalla difesa dell'imputato Dell'Utri ed acquisito ali 'udienza dell'11 giugno 2015).

Altro elemento, poi, che depone contro l'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni del Grado è costituito dall'enorme ritardo, rispetto all'inizio della collaborazione nel 1999, col quale il dichiarante ha riferito per la prima volta dell'attività di riciclaggio a Milano di ingenti somme da parte di Stefano Bontate ed altri esponenti mafiosi mediante i viaggi compiuti da Vittorio Mangano. Anche sul punto, Grado non è stato in grado di fornire una giustificazione convincente, facendo generico riferimento alla volontà di non parlare di "politici" ("Certo che c'è una ragione, dottore, perché la prima cosa che io ho detto nel mio interrogatorio, nel mio pentimento al dottor Michele Prestipino è stata quella li: dottor Prestipino, lei mi deve... Sia a lui che ad altri Giudici che mi hanno interrogato: dottor Prestipino, lei mi deve parlare di tutto, di mafia, però non mi chieda di politici perché non ne parlo completamente, solo per questo non l'ho dichiarato allora, perché non ero intenzionato a parlare. D'altronde Dell'Utri faceva parte poi della politica, avrò sbagliato io a dire il nome di Dell'Utri, pazienza, pensavo che era una cosa... Pensavo che era una cosa che io era a titolo informativo, così, che si stava parlando con il dottor Donadio, è uscito fuori stu fatto di Dell'Utri, Vittorio Mangano… Ma io non volevo nemmeno parlarne, dottore Di Matteo ... "), giustificazione che, tuttavia, stride col fatto che, in realtà, Grado ebbe a parlare dei rapporti con esponenti mafiosi sia di Berlusconi che di Dell'Utri già all'inizio della collaborazione (v. verbale riassuntivo del 7 agosto 2001 acquisito col consenso delle parti), così che non si comprende quale remora potesse avere a riferire anche degli investimenti fatti da esponenti mafiosi inviando denaro a Milano tramite Vittorio Mangano, del quale, peraltro, Grado aveva raccontato dei viaggi fatti insieme a lui per incontrare Grado Antonino in quella città.

Ma, d'altra parte, ad incrinare definitivamente la credibilità del soggetto, v'è, infine, la manifestata volontà di non riferire tuttora su fatti concernenti "politici" per timore della sua stessa vita ("…Di politica io, ripeto, non ne volevo... Uomini politici non ne volevo toccare completamente perché ancora oggi con la mia età mi devo vedere ancora qualche festa, dottore, non è che a me mi preoccupa di morire, perché ormai ho la mia età. Ma anche da giovane io la morte non l'ho mai temuta e allora vorrei campare ancora qualche annetto per vedermi tutte le feste, dottor Di Matteo, per questo io non ho parlato mai e non parlerò mai di politica, perché voglio campare ancora qualche annetto tranquillo. Poi se c'è qualcuno che mi assicura, che mi mette la firma nel dire tu camperai ancora anni, e allora parliamo di altro, ma non è il momento di parlare per ora di politica. Se qualcuno me l'assicura che io camperò ancora dieci anni…;

G/T: Si, però Grado, prima di passare avanti, perché vorremmo capire, noi dobbiamo valutare anche la sua attendibilità e vorrei capire l'ultimo discorso che lei ha fatto appena qualche secondo fa. Cioè lei vuol dire che volendo campare ancora, come lei ha detto, ancora tranquillo qualche anno, ad oggi non ha detto tutto quello che sa sui politici?

DICH. GRADO: Glielo dico io, dottore, glielo spiego subito, in pratica per quello che conosco io a livello... D'alto livello politico, cioè io so, e le prove lo hanno dato di tanta gente morta, io vorrei campare ancora qualche annetto tranquillo, non mi voglio fare ammazzare... Non mi ha ammazzato Totò Riina, che non è stato capace, non mi voglio fare ammazzare a livello di Stato. Dottore, lei queste cose le sa benissimo;

G/T: Cioè questo significa che lei ci sta confermando in questo momento che sa delle cose che riguardano tra virgolette politici e che ritiene di non poter dire temendo per la sua sicurezza personale, è cosi o no?

DICH GRADO: Dottore, questo l'ho dichiarato o lo dirò sempre, non parlerò mai di politica... Ritengo... Mi scusi dottore, ritengo che non è il momento opportuno di parlare di politica, dottore, di uomini politici… Non è il momento opportuno") e ciò, sia perché, quando, come si è visto sopra, per la prima volta ha fatto i nomi di Dell'Utri e Berlusconi, anche in riferimento alle attività di riciclaggio, quest'ultimo era ancora nel pieno della sua attività politica e ricopriva addirittura il ruolo di Presidente del Consiglio, così che il timore avrebbe dovuto essere allora ancora maggiore, sia perché la conclamata reticenza del dichiarante ancor oggi manifestata rende, di fatto, non credibile e, conseguentemente, non suscettibile di valutazione ed utilizzazione le dichiarazioni rese dallo stesso in questa sede, rendendo, nel contempo, irrilevante che con le sentenze prodotte dal P.M. sia stata riconosciuta per altri fatti delittuosi (d'altra parte, questi sì, prontamente riferiti nell'immediatezza della maturazione dell'intendimento collaborativo senza riserve o remore) l'attendibilità di Grado e sia stata concessa allo stesso la speciale attenuante prevista per la collaborazione.

Per l'impossibilità di valutare comunque utilmente le dichiarazioni di Grado, è stata ritenuta superflua la verifica di riscontri mediante la testimonianza di Bruno Rossi (stante che la fonte di conoscenza del predetto è costituita dallo stesso Grado) e mediante accertamenti investigativi su circostanze di fatto (ad esempio la co-detenzione con Rossi) che non consentono di sciogliere i dubbi sulla detta credibilità soggettiva.

 

 

Per approfondimenti:

PRIMA PARTE, giovedì 21 maggio 2020Il Patto Sporco: la sentenza dimenticata

SECONDA PARTE, domenica 24 maggio 2020, Stato-mafia: la sentenza

TERZA PARTE, lunedì 25 maggio 2020, Le tappe della Sentenza dimenticata

QUARTA PARTE, martedì 26 maggio 2020, La Sentenza: i Corleonesi

QUINTA PARTE, giovedì 28 maggio 2020, La Sentenza: i Collaboratori/1

SESTA PARTE, sabato 30 maggio 2020, La Sentenza: i Collaboratori/2

SETTIMA PARTE, domenica 31 maggio, La Sentenza: i Collaboratori/3

OTTAVA PARTE, martedì 2 giugno 2020, La Sentenza: i Collaboratori/4

NONA PARTE, sabato 6 giugno 2020, La Sentenza: i Collaboratori/5    

DECIMA PARTE, mercoledì 10 giugno 2020, La Sentenza: i Collaboratori/6

UNDICESIMA PARTE, venerdì 3 luglio 2020, La Sentenza: i Collaboratori/7