TRATTATIVA STATO-MAFIA, per la Cassazione: «la minaccia mafiosa sarebbe stata rivolta al Governo da Brusca e Bagarella, con l‘intermediazione di Mangano»

A PUNTATE. Da lunedì pubblicheremo l'intera sentenza sulla Trattativa Stato-mafia, per capire meglio il punto di vista della Cassazione.

TRATTATIVA STATO-MAFIA, per la Cassazione: «la minaccia mafiosa sarebbe stata rivolta al Governo da Brusca e Bagarella, con l‘intermediazione di Mangano»
Cass. pen., Sez. VI, Sent. 10/11/2023 (udienza 27 aprile 2023), Presidente Fidelbo

La Corte di cassazione, Sezione VI, ha depositato le motivazioni della sentenza Trattativa Stato-Mafia.

«Entrambe le sentenze di merito concordano nell’escludere che le iniziative legislative del Governo e del partito di Forza Italia furono determinate o condizionate dalla minaccia mafiosa, in quanto costituirono libera espressione delle ragioni ideali di tale movimento, che, per risalente asserita vocazione garantista, da tempo si battevano contro alcuni provvedimenti adottati in funzione antimafia dai precedenti Governi».

«Secondo la ricostruzione operata nella sentenza impugnata, la minaccia mafiosa sarebbe stata rivolta al Governo da Brusca e Bagarella, con ‘intermediazione di Mangano, ma Dell’Utri si sarebbe limitato solo a riceverla, senza sollecitarla, agevolarla, divulgarla in alcun modo a esponenti di governo o, comunque, concorrere in alcun modo alla condotta di reato».

Sui ricorsi proposti da:

  1. Bagarella Leoluca Biagio, nato a Corleone il 03/02/1942;
  2. Cinà Antonino, nato a Palermo il 28/04/1945;
  3. De Donno Giuseppe, nato a Santeramo in Colle il 27/02/1963;
  4. Mori Mario, nato a Postumia (Slovenia) il 16/05/1939;
  5. Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo, nei confronti di Bagarella Leoluca Biagio, Mori Mario e De Donno Giuseppe, nonché dei non

ricorrenti

  • Subranni Antonio, nato a Termoli il 28/08/1932;
  • Dell'Utri Marcello, nato a Palermo il 11/09/1941;

avverso la sentenza del 23 settembre 2021 emessa dalla Corte di assise di appello di Palermo;

visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato generale Pasquale Fimiani e dei Sostituti Procuratori generali Tomaso Emilio Epidendio e Pietro Molino, che hanno chiesto, in parziale accoglimento dei ricorsi degli imputati e della Procura generale presso la Corte di Appello di Palermo, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla minaccia nei confronti dei Governi Amato e Ciampi, con effetto estensivo anche al non ricorrente Antonio Subranni, nonché di dichiararsi l'inammissibilità nel resto del ricorso della Procura generale presso la Corte di Appello di Palermo e il rigetto nel resto degli altri ricorsi; uditi i difensori delle parti civili e, in particolare, l'avvocato dello Stato Salvatore Faraci per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza della regione Sicilia, l'avvocato Ettore Barcellona per il Centro studi e iniziative culturali "Pio La Torre", l'avvocato Marco Ammannato per l'Associazione familiari vittime della strage di via dei Georgofili, l'avvocato Vincenza Rando per Libera Associazione nomi e numeri contro le mafie, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso proposto della Procura generale presso la Corte di Appello di Palermo, nonché l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi proposti dagli imputati e la conferma della sentenza impugnata con riferimento alle statuizioni civili; uditi i difensori degli imputati, in particolare, gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Federica Folli per Antonino Cinà, l'avvocato Luca Cianferoni, anche in sostituzione dell'avvocato Giovanni Anania, per Leoluca Biagio Bagarella, gli avvocati Vittorio Manes e Basilio Milio per Mario Mori e gli avvocati Francesco Antonio Romito e Vittorio Manes per Giuseppe De Donno, che hanno chiesto l'accoglimento del proprio ricorso e il rigetto di quello della Procura generale, nonché gli avvocati Tullio Padovani e Francesco Centonze, per Marcello Dell'Utri, che hanno chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato e l'inammissibilità e, comunque, il rigetto del ricorso della Procura generale, e, infine, gli avvocati Cesare Placanica e Gianluca Tognozzi per Antonio Subranni, che hanno chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, in subordine l'annullamento senza rinvio per non aver commesso il fatto e, in estremo subordine, la conferma della sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

 

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