DIO ASSOLVE, IO NO

DOPO LA VERGOGNOSA LETTERA DELL'ERGASTOLANO MAFIOSO CARLO COSCO. Pubblichiamo l'intervento della testimone del processo contro la 'ndrangheta emiliana.

DIO ASSOLVE, IO NO
Il mafioso calabrese Carlo Cosco, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Lea Garofalo

Io, Silva Catia, testimone  nel maxi Processo Aemilia, un operazione scattata tra il 28- 29 gennaio 2015 (di una portata storica che portò al piu grande maxi processo per 'ndrangheta - il clan Grande Aracri -  al Nord con 240 persone indagate), desidero rispondere alla lettere all'assasino (non riesco a definirlo uomo) di Lea Garofalo, pubblicata dal giornale il Crotonese.

Sig. ergastolano, Lei  dichiara che in questo periodo di sua detenzione ha studiato, e ora persino frequenta l'Università... quindi sarà a conoscenza che esiste Google. Bene, ho chiesto a Google di farmi una ricerca...

Ecco, su di lei Google: Carlo Cosco è stato riconosciuto dalla giustizia come l'assassino di Lea GAROFALO sua ex compagna. La Cassazione ha confermato per lui la pena all'ergastolo, per l'omicidio della donna, il cui corpo venne trovato bruciato nel 2009. I resti della vittima furono trovati solo nel 2012. Lea voleva collaborare con la giustizia, per salvare la figlia Denise dalla criminalità mafiosa.

Google, dice tanto altro, che sicuramente lei sapra meglio di me, sempre che la sua memoria non sia all'improvviso svanita. La nostra memoria sarà sempre anche con Lea e tutti coloro che si sono rifiutati a una mente mafiosa.

Questo devono sapere i cittadini, queste sono le verità che tutti dobbiamo sapere.

Della sua vita ergastolana, della sua ritrovata fede, dei suoi tentativi offensivi, ingannevoli di invito al silenzio per non ricordare questa DONNA ne possiamo fare a meno. Non ci riguardano.

Ma non possiamo fare a meno ricordarle che lei ha tolto il diritto di vedere la madre alla propia figlia, quel dovere che lei sta invocando nella sua lettera. Il diritto di rivedere una madre, colei che ti ha dato la vita. Quella figlia, sua figlia, il volto della propia madre non potrà più abbracciarlo e baciarlo. Solo piangere  sulla tomba di un cimitero.

La fede? I dieci comandamenti, le leggi scritte da Dio, li ha letti?

Il comandamento n. 5: NON UCCIDERE. Lei lo ha fatto, la fede lo assolve? Anche questo non ci interessa. Noi valutiamo la giustizia terrena. Noi, testimoni di giustizia (per ora ancora in vita, ma siamo come morti che camminano) ricorderemo sempre, ovunque, a chi è stata tolta la vita da mano criminale mafiosa e proteggeremo sempre chi vorrà denunciare facendo in modo che la morte non arrivi prima.

Siamo liberi di richiede strade intitolate a loro, di fare eventi e manifestazioni, di far conoscere ai ragazzi delle scuole le loro storie, le loro tragiche vite. Mettiamo dietro alle spalle qualsiasi commento, anche minaccioso, di chi vuole il silenzio.

Noi, grazie anche a quei giornalisti che condividono le nostre battaglie usiamo la nostra mente per qualsiasi azione, nessuno ci potrà imporre la propia volonta. Ricorderemo Lea, donna, madre. Con tutto il nostro cuore.

Disprezzo per chi Le tolto la vita, un lupo non si trasforma in agnello. Mai.

Catia Silva

 

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UNDICI ANNI DOPO

 

PREMIO NAZIONALE LEA GAROFALO

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Il BANDO sarà reso disponibile a settembre. 

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Una strada per Lea Garofalo a Pagliarelle (Crotone)