Novità sull'Agenda Rossa dopo 31 anni dalla strage di via d'Amelio?

I magistrati hanno trovato cinque nuovi testimoni che pare sappiano cosa accadde alla borsa di Paolo Borsellino.

Novità sull'Agenda Rossa dopo 31 anni dalla strage di via d'Amelio?

A Caltanissetta c'è un processo, arrivato in secondo grado, sul depistaggio delle prime indagini sulla strage di via d'Amelio. Gli imputati sono i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, tutti ex appartenenti al gruppo di lavoro Falcone-Borsellino guidato dall'ex capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera.

In primo grado era caduta l'aggravante mafiosa e aveva fatto scattare la prescrizione per Bo e per Mattei, mentre per Ribaudo era arrivata l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

È bene ricordare che il processo per il depistaggio cammina in parallelo alle indagini in corso a Caltanissetta sulla scomparsa dell'agenda rossa.

Ma adesso, dopo 31 anni dalla strage, arrivano 5 nuovi testimoni, tutti poliziotti.

Si tratta di Andrea Grassi, Armando Infantino, Giuseppe Lo Presti, Nicolò Giuseppe Manzella e Gabriella Tomasello.

“Ove non sia prestato il consenso all'acquisizione delle sit da parte delle difese, chiederemo l'esame dei 5 poliziotti”, ha detto il pg Maurizio Bonaccorso

(fonte 'Il Fatto Quotidiano').

Qualche mese fa i magistrati avevano perquisito le abitazioni della moglie e della figlia di Arnaldo La Barbera, indagate per ricettazione aggravata dal favoreggiamento alla mafia: i pm sospettano che le due donne abbiano avuto per anni la disponibilità dell'agenda rossa. Adesso la procura generale ha chiesto di acquisire le informazioni testimoniali dei 5 poliziotti che furono sentiti tra il 2006 e il 2019.

“La mattina del 20 luglio quando arrivai in procura, mi dissero che l'agenda rossa era nella stanza del collega assassinato, a cui erano stati apposti i sigilli dai magistrati di Caltanissetta”,

afferma Salvatore Pilato, all'epoca il magistrato di turno della Procura di Palermo, scritte nel libro “La strage. L'agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via d'Amelio” scritto da Vincenzo Ceruso. Raggiunto dal quotidiano 'La Repubblica' lo stesso Pilato afferma:

“Io non ho visto l'agenda rossa di cui mi dissero il giorno dopo la strage”.

Il decreto di perquisizione è legato alla pista dell'indagine che riguarda il colonnello Giovanni Arcangioli, fotografato sul luogo della strage con in mano la 24 ore di Paolo Borsellino.

Secondo l'ipotesi investigativa Arcangioli avrebbe consegnato la borsa ad un ispettore di polizia e poi sarebbe finita nella stanza di un dirigente.

Nella sentenza sul depistaggio la procura di Caltanissetta scrisse che La Barbera

“ha avuto un comportamento inqualificabile. Dapprima disse alla vedova che la borsa del marito era andata distrutta. Poi la restituì mesi dopo, negando la presenza dell'agenda rossa. All'epoca fu la figlia Lucia a discutere con La Barbera. A fronte dell'insistenza della ragazza, che usciva persino dalla stanza, sbattendo la porta il dottor La Barbera, con la sua voce roca, disse alla vedova che sua figlia necessitava di assistenza psicologica, in quanto delirava e farneticava. Un atteggiamento che rivelava non solo un'impressionante insensibilità per il dolore dei familiari di Paolo Borsellino, ma anche un'aggressività volta a mascherare la propria evidente difficoltà a rispondere alle domande poste, con grande dignità e coraggio, da Lucia Borsellino”

immagini prese dal web

 

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Nino Di Matteo

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