Ecco la seconda edizione del Premio Nazionale LEA GAROFALO

CASOLI, dal 21 al 24 novembre 2023. LA TEMATICA DELLA 2^ EDIZIONE: “Gli esempi delle donne che si ribellano alle mafie per salvare i propri figli dal percorso criminale”.

Ecco la seconda edizione del Premio Nazionale LEA GAROFALO

Evento organizzato da Dioghenes APS – Ass. Antimafie e Antiusura, WordNews.it, Romanzi Italiani, Lo Scriptorium, in collaborazione con l’I.I.S.S. “Algeri Marino” di Casoli, il Comune di Casoli, il Gruppo Agende Rosse Rozzano e dintorni e il Movimento Agende Rosse “Falcone e Borsellino” Abruzzo.

 

LA TEMATICA DELLA 2^ EDIZIONE:

“Gli esempi delle donne che si ribellano alle mafie per salvare i propri figli dal percorso criminale”

In un Paese strano, senza memoria, è fondamentale ricordare anche con un Premio, quindi ogni anno, una Donna che è stata massacrata dalla schifosa ‘ndrangheta. Gli errori commessi in passato non devono essere più ripetuti. Questa Donna calabrese è stata stritolata dalla violenza criminale della mafia calabrese ma è stata anche abbandonata da uno Stato poco attento a tutelare i suoi cittadini. E le scuse ancora non sono arrivate. La testimone di giustizia compare ancora negli elenchi dei collaboratori. Una vergogna di Stato. Lea Garofalo è stata abbandonata ed isolata da tutti. Solo dopo la morte ha ottenuto rispetto e credibilità. Nel Paese “orribilmente sporco” bisogna aspettare la morte per diventare credibili. Tutto ciò non deve più accadere. Le persone vanno tutelate quando sono vive. Basta con questa inutile e dannosa ipocrisia italiota.    

Paolo De Chiara, Presidente Dioghenes APS, Ass. ANTIMAFIE e ANTIUSURA

 

Lea Garofalo è una fimmina calabrese, una donna che non ha girato la testa dall’altra parte, che l’ha alzata davanti ai mafiosi vigliacchi. Nasce il 24 aprile del 1974 a Petilia Policastro (Crotone) in un contesto di ‘ndrangheta. Lea è diversa. Ancora giovanissima ha la sventura di incontrare un guappo di paese, Carlo Cosco che sfrutta l’amore di Lea mentre si dedica a conquistare la piazza di spaccio milanese. Per Lea comincia l’inferno e si affida allo Stato. Nel 2002 incontra un magistrato e comincia a raccontare la sua storia. Rompe l’antico codice mafioso. Il 24 novembre 2009 a Milano viene allontanata da sua figlia e uccisa brutalmente. Oggi Lea è ricordata in molte piazze, città e scuole. È prossimo l’avvio dell’iter per dedicarle un plesso scolastico nel territorio di Rozzano (Mi) dove il gruppo delle Agende Rosse locale è presidio assai attivo di legalità.

Pino Cassata, Responsabile Scuole e Università Dioghenes APS, Ass. ANTIMAFIE e ANTIUSURA

 

Lea, una donna che ha saputo ribellarsi alla ‘ndrangheta pagando con la vita, è esempio di coraggio. Da Testimone di giustizia non posso non puntare il dito su chi avrebbe dovuto proteggerla e, come già accaduto, non ha fatto nulla. Lasciandola come un bersaglio di una vendetta già annunciata. Vendetta consumata per mano criminale. Una donna, che dopo essersi ribellata, ha “collaborato” con la giustizia ma senza essere stata mai una delinquente. Non ha barattato la sua “collaborazione” con gli organi inquirenti. Cosa che, invece, i collaboratori di giustizia fanno, assicurandosi protezione e sconti di pena. Ha trovato la morte. Uccisa da chi l’ha voluta punire e zittire per sempre. Se avesse trovato la giusta protezione, oggi, sarebbe tra di noi a gridare che la ‘ndrangheta fa schifo. 

Gennaro Ciliberto, Presidente Onorario Dioghenes APS, Ass. ANTIMAFIE e ANTIUSURA

 

L’esistenza di Lea Garofalo rappresenta una stella polare nell’indicare quanto sia importante per i giovani e, dunque, per la Scuola, analizzare l’attualità della sua biografia in una prospettiva storica, culturale e civile al fine di saper interpretare e collocare gli avvenimenti contemporanei e le loro cause in una cornice di significati consapevoli e il più possibile oggettivi. Occorre proporre agli studenti figure di riferimento esemplari come quelle di Lea - piena di coraggio, di volontà di difesa della verità e di ripudio degli atteggiamenti mafiosi - per stimolarne le capacità riflessive e critiche. Si tratta di trarre da queste attività non solo apprendimenti idonei ma soprattutto curare l'eccellenza del pensiero di ragazze e ragazzi, offrendo loro la possibilità di forgiare nuove e migliori idee sulla vita politica e sociale, attraverso l’incontro con casi esistenziali in cui l’etica del rispetto dei valori umani è stata messa duramente alla prova, uscendone più limpida e solida nonostante le crudeltà subite.

Costanza Cavaliere, dirigente scolastica, presidente ANP – Ass. Naz. Dirigenti Pubblici e Alte professionalità della Scuola per l’Abruzzo

 

Lea ha conosciuto la ‘ndrangheta da vicino: come tante donne, ha subìto la violenza brutale della mafia calabrese. Ha denunciato quello che ha visto, quello che ha sentito: una lunga serie di omicidi, droga, usura, minacce, violenze di ogni tipo. Ha raccontato la ‘ndrangheta che uccide, che fa affari. Che fa schifo!

È stata uccisa perché si è contrapposta alla cultura mafiosa, che non perdona il tradimento del “codice mafioso” – soprattutto - di una fimmina. A 36 anni è stata rapita a Milano per ordine del suo ex compagno, dopo un precedente tentativo di sequestro in Molise, a Campobasso. L’hanno brutalmente interrogata, malmenata e poi assassinata

 

La sua colpa? Voler cambiare vita insieme a Denise. Per la figlia si è messa contro il convivente, i parenti, il fratello Floriano. Rincorreva una nuova vita: senza minacce, senza intimidazioni, senza aggressioni. Non c’è stato il tempo. La reazione animalesca è arrivata e nessuno ha saputo offrirle aiuto.

Le mafie, sino ad oggi, hanno ucciso più di 150 donne. Solo grazie alle fimmine è possibile immaginare un futuro diverso per questo Paese, un futuro senza il puzzo opprimente di queste organizzazioni criminali, che possono tutto per la loro immensa potenza economica e militare. Per i loro legami secolari con la politica e le Istituzioni. Ma con Lea e con Denise non hanno potuto nulla.

Gli assassini sono stati condannati all’ergastolo. Al carcere a vita. Il clan Cosco è stato distrutto da due donne, che hanno avuto la forza e il coraggio di dire No.

Lea in vita si è sentita «una giovane madre disperata», stanca di chiedere aiuto, di chiedere protezione. Nessuno, come in tante altre occasioni, ha mai chiesto scusa. Nessuno ha mai telefonato alla madre di Lea, la signora Santina. Il suo memoriale è stato pubblicato solo dopo la sua morte. In questo strano Paese succede sempre tutto dopo. 

 

«Ho bisogno d’aiuto, qualcuno ci aiuti»

Signor Presidente della Repubblica, chi le scrive è una giovane madre, disperata allo stremo delle sue forze, psichiche e mentali in quanto quotidianamente torturata da anni dall’assoluta mancanza di adeguata tutela da parte di taluni liberi professionisti, quali il mio attuale legale che si dice disponibile a tutelarmi e di fatto non risponde neanche alle mie telefonate.

Siamo da circa sette anni in un programma di protezione provvisorio. In casi normali la provvisorietà dura all’incirca un anno, in questo caso si è oltrepassato ogni tempo e, permettetemi, ogni limite, in quanto quotidianamente vengono violati i nostri diritti fondamentali sanciti dalle leggi europee. Il legale assegnatomi dopo avermi fatto figurare come collaboratrice, termine senza che mai e dico mai ho commesso alcun reato in vita mia. […].

Dopo numerose minacce psichiche, verbali e mentali di denunciare tutti. Vengo ascoltata da un magistrato dopo un mese delle mie dichiarazioni in presenza di un maresciallo e di un legale assegnatomi, mi dissero che bisognava aspettare di trovare un magistrato che non fosse corrotto dopo oltre un mese passato scappando di città in città per ovvie paure e con una figlia piccola, i carabinieri ci condussero alla procura della Repubblica di C. (Catanzaro, nda) e lì fui sentita in presenza di un avvocato assegnatomi dalla stessa procura.

Questi mi comunicarono di figurare come collaboratore, premetto di non aver nessuna conoscenza giuridica, pertanto il termine di collaboratore per una persona ignorante, era corretto in quanto stavo collaborando al fine di arrestare dei criminali mafiosi. Dopo circa tre anni il mio caso passa ad un altro magistrato e da lui appresi di essere stata mal tutelata dal mio legale.

Oggi mi ritrovo, assieme a mia figlia isolata da tutto e da tutti, ho perso tutto, la mia famiglia, ho perso il mio lavoro (anche se precario) ho perso la casa, ho perso i miei innumerevoli amici, ho perso ogni aspettativa di futuro, ma questo lo avevo messo in conto, sapevo a cosa andavo incontro facendo una scelta simile.

Quello che non avevo messo in conto e che assolutamente immaginavo, e non solo perché sono una povera ignorante con a mala pena un attestato di licenza media inferiore, ma perché pensavo sinceramente che denunciare fosse l’unico modo per porre fine agli innumerevoli soprusi […].  

Oggi e dopo tutti i precedenti, mi chiedo ancora come ho potuto, anche solo pensare che in Italia possa realmente esistere qualcosa di simile alla giustizia […].     

La cosa peggiore è che conosco già il destino che mi spetta, dopo essere stata colpita negli interessi materiali e affettivi arriverà la morte! Inaspettata indegna e inesorabile […].

Ora con questa mia lettera vorrei presuntuosamente cambiare il corso della mia triste storia perché non voglio assolutamente che un giorno qualcuno possa sentirsi autorizzato a fare ciò che deve fare la legge e quindi sacrificare se pur per una giustissima causa la propria vita e quella dei propri cari per perseguire un’idea di giustizia che tale non è più nel momento in cui ce la si fa da soli e, con metodi spicci.

Vorrei Signor Presidente, che con questa mia richiesta di aiuto lei mi rispondesse alle decine, se non centinaia di persone che oggi si trovano nella mia stessa situazione […].

Lei oggi, signor Presidente, può cambiare il corso della storia, se vuole può aiutare chi, non si sa bene perché, o come, riesce ancora a credere che anche in questo Paese vivere giustamente si può nonostante tutto!

La prego signor Presidente ci dia un segnale di speranza, non attendiamo che quello, e a chi si intende di diritto civile e penale, anche voi aiutate chi è in difficoltà ingiustamente! […] credo nella volontà delle persone, perché l’ho sperimentata personalmente e non solo per cui, se qualche avvocato legge questo articolo e volesse perseguire un’idea di giustizia accontentandosi della retribuzione del patrocinio gratuito e avendo in cambio tante soddisfazioni e una immensa gratitudine da parte di una giovane madre che crede ancora in qualcosa vagamente reale, oggi giorno in questo paese si faccia avanti, ho bisogno di aiuto, qualcuno ci aiuti.

Please!

Una giovane madre disperata (aprile 2009)

 

“La lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

Paolo Borsellino

 

IL PREMIO NAZIONALE a CASOLI (Chieti)

 

L’Associazione Antimafie e Antiusura Dioghenes APS vuole tenere viva la memoria nei confronti di Lea Garofalo, la fimmina massacrata e bruciata in un bidone dalla mafia calabrese a Milano il 24 novembre del 2009, attraverso il coinvolgimento degli studenti delle scuole italiane (di ogni ordine e grado) e con l’individuazione di personalità (“Testimoni” del nostro tempo) che si sono distinte tramite la loro professione e il loro impegno, dando un serio contributo alla lotta alle mafie e al contrasto della mentalità mafiosa.

 

Con il PREMIO NAZIONALE dedicato a Lea Garofalo, si intende valorizzare, attraverso le competenze delle scuole italiane, i temi legati alla educazione alla legalità, alla inclusione sociale e culturale.  

Senza dimenticare le azioni di donne e uomini che, nel silenzio generale, contribuiscono con azioni concrete ad una forma di resistenza attiva. Il coraggio e la passione rendono ancora viva questa battaglia da vincere. A tutti i costi.

Per questa ragione verranno premiate le opere realizzate dagli Studenti e saranno individuati i “Testimoni” del nostro tempo.

 

La II edizione del PREMIO, ideata ed organizzata da Dioghenes APS, con il contributo della testata giornalistica nazionale WordNews.it (in partnership con l’Ufficio Stampa Nazionale Lo Scriptorium e Romanzi Italiani) e in collaborazione con le Agende Rosse di Rozzano e dintorni, e il Movimento Agende Rosse “Falcone e Borsellino” Abruzzo ha come finalità la diffusione della storia di Lea Garofalo nelle scuole e nei territori italiani.

 

Soprattutto per non dimenticare le tante storie di donne e uomini che hanno avuto la forza e il coraggio di contrastare le mafie.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SCARICA IL BANDO DELLA SECONDA EDIZIONE DEL PREMIO NAZIONALE LEA GAROFALO

 

Tutto pronto per la 2^ edizione del Premio Nazionale Lea Garofalo

 

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