La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/22

Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 22^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/22

«Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

Angela Manca, WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

Hanno ammazzato una persona perbene perchè aveva riconosciuto il boss latitante di Cosa nostra. Lo hanno fatto nella totale impunità, grazie alle coperture istituzionali. Le stesse coperture che hanno utilizzato per versare fiumi di sangue. Da Portella della Ginestra (1947) in poi.

- Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

LA MORTE VIOLENTA DI ATTILIO MANCA. La famiglia Manca, come tante altre famiglie italiane, merita uno spazio fisso sugli organi di informazione. Su queste vicende vergognose bisognerebbe aprire una "finestra" fino alla definitiva risoluzione del caso. Noi, insieme a pochi altri, ci siamo. E facciamo nostra la convinzione del poeta Pasolini. Continueremo a battere sempre sullo stesso chiodo. E, sicuramente, non ci fermeranno per stanchezza.

WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

 

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6.2 I procedimenti sulla morte di Attilio Manca e l’imputazione a carico di Monica Mileti

Nell’arco degli anni, a partire dal ritrovamento del cadavere di Attilio Manca, avvenuto il 12 febbraio 2004, le indagini sulla morte del medico barcellonese hanno determinato l’iscrizione nel registro degli indagati di diversi soggetti. Il primo procedimento veniva iscritto nel febbraio 2004 a carico di ignoti. Interveniva una prima richiesta di archiviazione, a cui la famiglia di Attilio Manca presentava opposizione ed il giudice per le indagini preliminari respingeva la richiesta disponendo un supplemento di indagine.

Nel giugno 2005 veniva iscritto un secondo procedimento, questa volta a carico di Ugo Manca e di altri due barcellonesi, Lorenzo Mondello e Andrea Pirri, tutti indagati per il reato di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, procedimento che verrà archiviato nel giugno 2006.

Nel gennaio 2006, la Procura della Repubblica di Viterbo avanzava, nel procedimento nei confronti di ignoti, la seconda richiesta di archiviazione, anch' essa respinta, a seguito dell'opposizione presentata da parte della famiglia della vittima, nell’ottobre 2006.

Il 26 gennaio 2007, a seguito della decisione del Gip che aveva imposto al Pubblico ministero di proseguire le indagini, la procura della Repubblica chiedeva la riapertura delle indagini preliminari nei confronti di diversi soggetti per il reato di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, di omicidio colposo e di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto e disponeva l’iscrizione, nello stesso fascicolo, di nuovi indagati, tra cui il barcellonese Angelo Porcino e Monica Mileti (la donna romana che aveva visto Attilio Manca il 10 febbraio). Il Giudice per le indagini preliminari accoglierà la richiesta sei mesi più tardi.

Il 20 novembre 2009 l’Ufficio del pubblico ministero avanzava la terza richiesta di archiviazione delle indagini, alla quale si opponevano nuovamente le persone offese.

Il 30 novembre 2011 il Giudice accoglieva la richiesta di archiviazione presentata dalla procura della repubblica di Viterbo, limitatamente al gruppo di indagati facenti capo ai colleghi viterbesi della vittima, rigettandola invece per gli altri indagati e disponendo un supplemento di indagine, quello relativo alla ricerca di impronte sulle siringhe sequestrate in casa della vittima.

Il 31 maggio 2012 il pubblico ministero titolare dell'indagine disponeva la separazione delle posizioni di tutti i rimanenti indagati (Ugo Manca, Lorenzo Mondello, Andrea Pirri, Angelo Porcino e Salvatore Fugazzotto) da quella di Monica Mileti.

Nei confronti di quest’ultima, il 29 agosto 2012, la procura della Repubblica di Viterbo esercitava l’azione penale per il reato di cessione di stupefacenti e per quello di cui agli artt. 586 e 589 c.p., (per aver cagionato la morte, quale conseguenza non voluta di altro delitto).

Per questa seconda fattispecie, il giudice per l’udienza preliminare, il 3 febbraio 2014, pronunciava una sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, sicché disponeva il giudizio a carico della donna soltanto per il suddetto delitto ex art. 73 DPR 309/90. Con la sentenza emessa dal Tribunale di Viterbo in data 29 marzo 2017, Monica Mileti veniva ritenuta colpevole del reato di cessione di sostanza stupefacente e condannata alla pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione, sentenza riformata avendo la Corte di Appello di Roma assolto la donna con la formula «il fatto non sussiste».

Ma in epoca precedente, l’8 aprile 2015, la madre ed il fratello di Attilio Manca, assumendo che la morte del congiunto fosse dovuta ad un omicidio maturato in un contesto mafioso, avevano presentato una denuncia alla procura della Repubblica di Roma, competente per i reati di mafia commessi nel distretto della Corte di appello di Roma.

Il 10 febbraio 2018, la Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, chiedevano l’archiviazione delle indagini sulla morte di Attilio Manca ritenendo che «la molteplicità di ricostruzioni fattuali riportate in atti, riconducibili quasi esclusivamente a collaboratori di giustizia» non con­ sentivano «allo stato di risalire agli autori del presunto omicidio di Attilio Manca».

Inoltre, «l’ipotesi omicidiaria ad opera di appartenenti alla mafia in collegamento con Bernardo Provenzano, eventualmente presente nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto», si fondava su elementi che non erano «supportati da alcun principio di prova certa».

La famiglia di Attilio Manca presentava una nuova opposizione, ma il 17 luglio 2018 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma accoglieva la richiesta di archiviazione.

Il giudice riteneva tardive e indimostrate le dichiarazioni dei collabo­ratori di giustizia, infondata l’ipotesi dell’omicidio mafioso e, al contrario, fondata quella della tossicodipendenza e del conseguente suicidio di Attilio Manca, pur ammettendo che alcuni particolari specifici della vicenda non erano stati chiariti o del tutto chiariti.

 

L'INTERVISTA ALL'ON. STEFANIA ASCARI 

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L'INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA

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LE PRECEDENTI PUNTATE:

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/1

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/2 

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/3

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/4

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/5

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/6

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- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/21

 

 

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Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»