La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/33

Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 33^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/33

«Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

Angela Manca, WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

Hanno ammazzato una persona perbene perchè aveva riconosciuto il boss latitante di Cosa nostra. Lo hanno fatto nella totale impunità, grazie alle coperture istituzionali. Le stesse coperture che hanno utilizzato per versare fiumi di sangue. Da Portella della Ginestra (1947) in poi.

- Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

LA MORTE VIOLENTA DI ATTILIO MANCA. La famiglia Manca, come tante altre famiglie italiane, merita uno spazio fisso sugli organi di informazione. Su queste vicende vergognose bisognerebbe aprire una "finestra" fino alla definitiva risoluzione del caso. Noi, insieme a pochi altri, ci siamo. E facciamo nostra la convinzione del poeta Pasolini. Continueremo a battere sempre sullo stesso chiodo. E, sicuramente, non ci fermeranno per stanchezza.

WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

 

- IL MASSACRO MAFIA-STATO: Attilio Manca è stato ucciso per coprire una latitanza

 

9. LE DICHIARAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

9.3 Giuseppe Campo

Con una missiva indirizzata all'autorità giudiziaria di Messina del 28 luglio 2016, Giuseppe Campo, collaboratore di giustizia da diversi anni, chiedeva di essere ascoltato intendendo rendere dichiarazioni in merito all’omicidio di Attilio Manca.

Il 27 settembre 2016, pertanto, innanzi ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia messinese, egli raccontava dettagli inediti sulla morte del medico, spiegando come, a metà dicembre 2003, fosse stato contattato da un barcellonese, Rosario Alesci, per conto di Umberto Beneduce. Quest’ultimo gli aveva proposto di uccidere un dottore che non aveva a che fare con l’ambiente mafioso ma che poteva dare fastidio in un processo in corso, ed aveva pochi giorni dopo ritirato la proposta.

Verso la fine del febbraio 2004, Alesci gli aveva poi riferito della morte del cugino di Ugo Manca, confidandogli che era proprio lui il medico che avrebbero dovuto uccidere e che di lui si erano invece occupati lo stesso Ugo Manca, Carmelo De Pasquale ed una terza persona di cui non ricordava il nome. Campo esprimeva i dubbi che all’epoca ebbe circa i motivi per cui Beneduce avrebbe chiesto proprio a lui, che mai prima di allora aveva commesso un simile atto, di commettere l’omicidio.

Di seguito le dichiarazioni di Campo: «...nel dicembre del 2003 Beneduce Umberto ... Beneduce Umberto mi fece contattare da Alesci Rosario, un barcellonese, praticamente. Venne lì a Venetico dicendomi che ... (...) che mi voleva parlare Beneduce di una cosa seria, Umberto (...) L’appuntamento fu in un bar fuori, diciamo così, il contesto di dove ci incontravamo prima, un po' fuori Barcellona, praticamente, dentro Barcellona ma al... in periferia, diciamo così, e quindi era un bar dove servivano anche ... c’erano i tavolini fuori, all’aperto, ci siamo seduti fuori e così via. Andai all’appuntamento, ci prendemmo qualcosa, un caffè... (...) in questo bar di Barcellona e dove lui mi disse, dici... (...) PM: e chi eravate ? Lei... CAMPO: io, lui, e c’era anche... (...) io, Beneduce Umberto (...) e ALESCI Rosario.

Quindi gli ho detto... gli ho chiesto cosa volesse e il BENEDUCE Umberto mi propose di fargli un favore, e gli ho detto «dimmi, di che cosa... se posso, dimmi di che cosa si tratta?» e mi chiese, praticamente, di... che ci... che doveva essere ucciso un... un dottore che nulla aveva a che vedere con l’ambiente mafioso, nulla aveva a che vedere... quindi non c’era risposta, e il motivo era che questo dottore gli poteva dare fastidio in un processo in corso. Lì io mentre parlavo con... (...) mentre parlavo con lui, onestamente, io riflettevo e ragionavo, mi facevo mille pensieri, però non davo a vedere a lui che io stavo ragionando e pensavo, e pensavo «come mai tu mi chiedi a me di fare questo lavoro che voi siete il non plus ultra dei... dei killer? Non sai se io ho fatto mai questo, se non ho fatto mai questo» e così via. Queste cose io nel frangente lo pensavo, e se non che, per non tirarmi indietro, egoisticamente, dico la verità, per non perdere punti agli occhi del personaggio, e io accettai, praticamente, gli ho detto «va bene, mi dici...» e lui mi disse «va beh, ci vediamo » dici «la prossima settimana» BENEDUCE «ti gu... ti mostro la foto, ti do quello che ti occorre, la pistola, questo... questo e quell’altro, una volta che fai questo lavoro » mi ha detto « mi dici... » m’ha detto, dici « non avrai più problemi di niente, tutto quello che... che vuoi, a dispo­ sizione tua »

PM: ma dove lo doveva fare st’omicidio lei ?

CAMPO: lui il luogo non me... lui il luogo non me lo disse, dico la verità

PM: e lei non lo chiese ?

CAMPO: no, perché ci dovevamo vedere di nuovo, ci dovevamo vedere di nuovo, però il... il ... mi pa... no, mi pare che lui mi disse « un dottore di Messina » mi disse, non voglio ricordare male. Infatti l’ALESCI...

PM: ma non le fece il nome... non fece il nome ? Non disse chi era ?

CAMPO: no, no, no, no, no il nome no, non me lo disse. Infatti il Bene... il.. l’ALESCI, praticamente, si propose... (....) ...anzi lui era euforico l’ALESCI di questa cosa qua, e si propose come... come l’uomo che mi avrebbe portato la moto, e così via e eve... ed eventualmente il... Carmelo DE PASQUALE mi doveva fare da copertura, e va bene. (...) PM: quindi come rimanete ? Che vi date un appuntamento...

CAMPO: un appuntamento che mi faceva...

PM: ...a quando ? A un mese ?

CAMPO: no, no, a una settimana, la prossima Domenica, perché di Domenica era stato l’appuntamento, mi ricordo bene perché mi disse « ci vediamo la prossima Domenica », « va bene » (...) Cosa che poi non avvenne perché io andai... andai all’appuntamento... andia... siamo stati all’appuntamento, non ha... non ebbe prosieguo di questa cosa perché lui mi ha detto... m’ha detto, dici « sai » dici « Pinu » dici « sospendiamo il tutto pe... » il motivo in questo momento non me lo ricordo bene, che mi... (...)

PM: e dove vi siete incontrati ?

CAMPO: allo stesso posto

PM: allo stesso bar

CAMPO: sì, e praticamente lui disse che...

PM: chi lui ?

CAMPO: BENEDUCE che il fratello non era venuto no... perché doveva venire il fratello per portare le... (...) Fabio, che il fratello non era venuto perché il... questo lavoro si era so... era sospeso... questo fatto era sospeso in quel momento, non mi ricordo i motivi precisi, lo por... perché questi motivi, se non che, io dico la verità, per me è stata una bella notizia e...

PM: quindi c’erano lei... c’era lei, BENEDUCE...

CAMPO: BENEDUCE sempre...

PM: Umberto...

CAMPO: Umb... sì

PM: ..e ALESCI

CAMPO: e ALESCI. (...) Quando ho saputo invece io che si trattava di chi si trattava, del dott. MANCA e così via ? Perché poi l’ALESCI mi disse «hai saputo di... il fatto ?», «no»

PM: quando glielo disse ?

CAMPO: questo è stato intorno... verso la fine di febbraio

PM: di che anno?

CAMPO: del... dopo... era 2013 dicembre, 2014, un mese prima...

PM: 2013?

CAMPO: duemila... 2003, 2004

PM: ah, quindi questo fatto che le dice ALESCI...

CAMPO: nel 2004 (...) sì, perché poi io a marzo non c’ero più

PM: dove glielo dice ?

CAMPO: ogni giorno eravamo insieme a Venetico, praticamente, e gli ho detto.. gli ho chiesto di... di che cosa stesse parlando, e m’ha detto... onestamente, dico anche la verità, lui dice « io ero... » lui era contento, praticamente che dovevamo farlo noi perché la moto, doveva dimostrare... bu bu ba ba... e mi ha detto che... che era st... che era il me... il medico che ha curato PROVENZANO, che era st... stato in Francia, e che...

PM: chi era stato in Francia ?

CAMPO: il medico, che Provenzano era stato... detto da lui, mi diceva che PROVENZANO era stato un periodo anche a Barcellona, praticamente, breve periodo, e che ad occuparsi senza fare rumore di questa situazione era stato il cugino Ugo Manca, gli ho detto... io onestamente sono rimasto, ho detto « ma che stai dicendo ? Stai dicendo una sciocchezza ». Io a questo Ugo Manca non l’ho mai visto, non l’ho mai conosciuto, dico la verità, però lui mi diceva che era un ragazzo, tipo, che gravitava intorno alla malavita barcellonese e che era, diciamo così, affidabile, secondo loro e quindi era meglio così perché non si faceva rumore, perché se lo dovessi... l’avrei fatto io naturalmente dovevo sparare quindi il clamore c’era, questo c’era, e tutto il resto. E così ho saputo, all’epoca...

PM: ma Alesci le disse come Ugo Manca aveva ucciso il fratello... il cugino ?

CAMPO: lui mi ha detto... dico la verità, lui non... non mi ha detto come l’hanno ucciso però che mi... mi ha detto che l’hanno ucciso a casa, praticamente, che sono andati a Viterbo direttamente, che...

PM: ma chi era stato ad uccidere ? Quindi, Ugo Manca da solo ?

CAMPO: lui mi ha parlato... no, mi ha parlato di De Pasquale Carmelo, di Ugo e un a... del cugino mi ha detto del... il cugino che naturalmente ho saputo che fosse Ugo perché lui mi diceva... me l’ha detto prima, e lui mi ha detto suo cugino, Carmelo DE PASQUALE e un altro che non mi ricordo il nome, che erano in tre, che hanno dovu... che quando... che hanno dovuto fare questo lavoro perché avevano paura che gli avevano dato questo... che nessuno doveva sapere niente, nemmeno... (...)

PM: quindi quando lei... quindi, quando però Alesci Rosario le dice queste cose Attilio Manca era già morto ?

CAMPO: sì, dopo me l’ha detto (...)

PM: un’altra cosa e come le disse il fatto che era stato in Francia... questa cosa se ci può ripetere, quello... sempre cercando di ripetere le parole che le disse Alesci

CAMPO: lui quando mi disse che... quando mi... lui no... non pa... non mi parlò subito del... dell’uomo medico, del... no, mi... mi parlò della notizia, praticamente, del fatto che... che il... il fatto che è sta... che è stato ucciso, per esempio, Attilio Manca era l’ultima cosa per lui, no... non mi parlò del... dell’uomo Attilio Manca, lui mi parlò del fatto della... dell’im­ portanza de... del Provenzano che... della... che è andato... che lui l’ha curato anche qua, sia a Barcellona che in Francia, praticamente (...)

PM: ma se questo stava a Viterbo perché... come facevate voi ad ucciderlo ?

CAMPO: non lo so io

PM: non lo sa

CAMPO: a me di Messina mi hanno parlato, all’epoca, a dicembre

PM: a lei all’inizio BENEDUCE non le disse che doveva andare a Viterbo ?

CAMPO: no, no, no, no, no, no

PM: cioè era come se una cosa che doveva fare là

CAMPO: sì, come se era una cosa del luogo, sì (...)

PM: perché non fece il nome del dottore ?

CAMPO: perché io, praticamente, quando ho parlato fino a un certo punto che però poi... dico le verità, io poi ho avuto diciamo no... paura, timore per i... per i miei figli, per mia moglie, per... ho se... ci... 4 fratelli e 3 sore... e 2 sore... e 3 sorelle, diciamo così, l’ho vista questa cosa qua... probabilmente ho sbagliato, ho visto questa cosa qua molto molto molto molto grande e ingarbugliata e ho avuto paura, praticamente...

PM: PROVENZANO era libero quel periodo o era stato arrestato ?

CAMPO: sì, sì, sì, sì, libero era

PM: era libero ?

CAMPO: provu... probabile... e ho avuto paura, fra virgolette, di... dico le verità, perché dico la verità, di troppi misteri, troppi segreti, ci insegna la storia di tutte queste cose qua e parlando di un...

PM: e quali segreti e misteri ?

UPG: all’epoca non c’erano né misteri, né segreti

CAMPO: mi scusi io...

PM: che segreti... quali misteri... nel 2004... 

CAMPO: mi scusi, io nella mia testa... parliamo di PROVENZANO, 40 anni, 50 anni, che è in giro, che... che... che è libero, tutte ste cose qua, comu po' fari... cioè nella mia testa andavano tutte ste cose qua, pratica­ mente, e io in verità ho avuto paura, però allo stesso tempo ho avuto paura ma sono stato in questi anni combattuto in queste situazioni qua e per dire ho visto più volte la mamma in televisione pure quando ero libero che... che io pensavo « so queste cose qua, quella... » poi d’altra parte pensavo « possibile mai sono passati 10 anni e non si sa niente ? E non si arriva a niente ? » tutte queste cose qua. Questa cosa qua io mi sentivo respon­ sabile, però sono stato anche, lo dico, egoista perché, dico la verità, io avevo paura perché io la vedeva sta cosa cà... qua troppo grande, troppo gigante per quanto mi riguarda, troppo troppo troppo troppo... (...)

PM: ma come mai... non si è fatto mai la domanda, come mai una que... una questione così delicata si rivolgono a lei BENEDUCE Umberto...

CAMPO: sì certo che mi sono... mille volte me la sono chiesta

PM: cioè lei no... lei...

CAMPO: la mia deduzione era che io dovevo morire insieme a quello che dovevo ammazzare (...)

PM: ...lei era esperto di armi ? Ha mai utilizzato armi ? Sa... sa usare armi ?

CAMPO: io dico la verità, qualche volta... boh, ho fatto il militare, l’arma qualche volta l’ho usata, ma non ho mai sparato mai a nessuno, alla persona non ho ma...

PM: cioè lei non era un killer, mi pare di capire ?

CAMPO: no, no, no, però però però...

PM: ma lei qualche rapina che ha fatto ha mai maneggiato armi ?

CAMPO: sì, certo, sì, sì, io avevo anche quel... l’ho dichiarate queste cose qua, avevo una 357, una ma...

PM: tutte abusive ?

CAMPO: e certo, sì (...)

PM: ma lei quante armi aveva ? Ho visto che c’aveva un bel po' di armi là condannato, mi pare, no ? O no ?

CAMPO: un kalashnikov un...

PM: gli hanno trovato un kalashnikov pure ?

CAMPO: ce l’avevo io sì, poi quando me ne... l’ho lasciato, prati­ camente, a NDOJ Edmond. Poi avevo una 357, una... una 7.65, un canne mozze, praticamente

PM: quindi, diciamo, le armi comunque le sapeva usare e le aveva

CAMPO: sì, sì, però però...

PM: non ha mai sparato

CAMPO: mai mai contro la persona, mai mai

PM: e BENEDUCE lo sapeva sto fatto ?

CAMPO: però... no, però...

PM: BENEDUCE lo sapeva che lei aveva queste armi in quel periodo ? 

CAMPO: sì, penso di sì, del... del... del kalashnikov sì lo sapeva, anche perché lo volevano (...)

CAMPO riferiva inoltre di aver già reso dichiarazioni sulla morte di Attilio Manca, seppure in termini più generici, agli inizi della sua colla­ borazione, ad altro magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Messina, senza però citare il nome di Manca o le confidenze ricevute dall’Alesci.

L’interrogatorio a cui faceva riferimento il collaborante è quello dell’1 aprile 2004: «CAMPO: Dunque..., qualche..., e..., subito.., prima di Natale, pra­ ticamente. Prima de.., di Natale mi.., questo Umberto Beneduce mi manda a chiamare. Mi manda a chiamare dicendomi che mi doveva parlare di una cosa.., di un certa importanza. Va bè, e io sono andato, no ? Sono andato e mi sono presentato. E mi disse.., e mi ha fatto una proposta, se gli facevo un favore che era di una certa importanza.

P.M. CHILLEMI: Questo prima di Natale ha detto ?

CAMPO: Prima di Natale sì. Ci siamo appartati, così, e.., e allora mi disse se potevo eliminare una persona. Bè io non gli chiesi né.., né il motivo e né chi fosse. Anche perché mi dice 'na cosa del genere, voglio dire, voglio capire. Ho detto.., gli ho detto: « Va bene, dammi 'na settimana di tempo per vedere.., è inuti.., non mi dire chi è, non mi dire.., non voglio parlare di niente – ho detto – fammi riflettere e vedo. ». Questo nel contesto, diciamo, di al.., di quelle altre cose che sopraggiungevano e abbiamo scritto prima, no ? E.., e me ne sono andato, ci siamo presi da bere.., e ce ne siamo anda..., e me ne sono andato. Me ne sono andato, 'sta cosa a me mi ha fatto riflettere tantissimo. M’ha fatto riflettere perché.., io mi facevo delle domande fra me e me. Ho detto scusa ma, dico questo qua è.., hanno la cosca, hanno questo, hanno quello.. (...) questa cosa poteva essere una cosa per vedere a che livello potevo essere io. (...) Sennonché io non sono andato come ho detto in quella settimana, perché non ero pronto io, non capivo, no.., non arrivavo a capire 'stu... (...)

CAMPO: (...) Sennonché un giorno invece mi decido. E vado. Mi decido e vado perché 'sta cosa, poi, praticamente..., la volevo capire tutta in fondo. Vado là, mi presento, ho detto..., « Oh, ciao Pino, così, così... » a casa sua, dice: « Dimmi. », gli ho detto: « Niente, ci prendiamo qual­ cosa ? ». Siamo usciti da casa sua, ci siamo andati in quel bar dove la prima volta ci siamo seduti.

AVV: A Barcellona ?

CAMPO: Sì. Ci ho detto: « Senti, per quel discorso là che noi abbiamo parlato – era di Venerdì, ho detto – per quel discorso che noi abbiamo parlato – ho detto io – non ci sono problemi, questo favore te lo faccio. ». (...) Mi ha detto, dice: « E dimmi come e quando. ». « No, dimmi tu quando. Come 'u dicu io'. ». (sorride) Gli ho detto. Dice: « Va bene, allora – dice – facciamo così, – dice – Domenica mattina – dice.., dice – Domenica mattina a te va bene ? – dici – ti faccio incontrare con mio fratello, con Fabio e lui ti dà la foto e possibilmente andate nella zona dove questo..». « No, – gli ho detto – Domenica mattina mi vedo con tuo fratello, mi dà la foto e poi me la vedo io. « . La Domenica mattina... Anzi lui mi disse: « Allora, caso mai – dice – se – dice – ti telefono Domenica mattina – dice – così ci vediamo. ». E io gli ho detto: « No, non c’è bisogno né di telefonare né di niente, perché se è Domenica mattina è Domenica mattina vedo.., vengo io. ». Sono ritornato, quando sono ritornato lui mi dice: « No – dice – sai Pino – dice – dobbiamo sospendere questa cosa – dice – perché – dice – ho un processo in questi giorni – dice – e quindi – dice – è una cosa che può portare a questa persona. ». (...) Però, diciamo, siamo rimasti che aspettavo sempre lui.

P.M. : Il BENEDUCE Umberto ?

CAMPO: Il BENEDUCE che mi mandasse quel ragazzo. (...)

CAMPO: Sono andato e lui mi disse che non se ne faceva più niente in quel caso.

P.M. : Questo Fabio ?

CAMPO: Lui, sempre...

P.M. : Ah, sempre Umberto.

CAMPO: Io a Fabio manco l’ho visto, veramente. (...)

P.M.: Questo quand’è stato questo appuntamento ? Quando eravamo ? Questa Domenica quand’era ?

CAMPO: Dunque, penso.., la metà di Febbraio, penso. (...) Perché io.., prima di Natale, quando lui me l’ha detto, io ho tardato un bel po'. (...)

P.M.: Febbraio Duemila e quattro ».

In data 8 marzo 2017 anche i Pubblici ministeri della Procura di Roma interrogavano Campo sulla vicenda della morte di Attilio Manca e, in questa occasione, il predetto aggiungeva alcuni dettagli: precisava che agli incontri avuti con Umberto Beneduce e Rosario Alesci era presente anche Fabio Beneduce. Campo, non seppe precisare le ragioni per le quali Alesci era a conoscenza dei dettagli della vicenda, tant' è che si limitava a ricondurla ai di lui contatti con tale Sam di Barcellona Pozzo di Gotto (verosimilmente Salvatore « Sam » Di Salvo, reggente della cosca barcellonese dopo l’ar­ resto di Giuseppe Gullotti).

Rispondendo a specifica domanda del pubblico ministero, il collaboratore ribadiva di aver riferito già nel 2004 che la vittima dell’omicidio era un medico ma, come si è visto, il dettaglio non risulta dalla trascrizione integrale dell’interrogatorio di tale epoca. Sull’attendibilità di Giuseppe CAMPO, è significativa la nota inviata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina alla procura della Repub­ blica di Roma in data 7 ottobre 2016: « ...Si evidenzia che il Campo ha più volte reso dichiarazioni in numerosi processi svoltisi in questo distretto senza mai sottrarsi all’impegno e confermando le dichiarazioni auto ed etero-accusatorie precedentemente rese ».

L’autorità giudiziaria romana non ha, tuttavia, condiviso tale valuta­zione per il ritardo con cui le propalazioni di Campo erano state fatte ai magistrati. Di contro Campo ha giustificato il ritardo con il timore di esporre la propria famiglia a rischi troppo elevati rendendo dichiarazioni riguardanti Provenzano nel 2004, e dunque, mentre il boss era ancora latitante.

È certamente vero che Campo già nel 2004 aveva raccontato ai magistrati della proposta di commettere un omicidio per suo conto avan­ zatagli da Umberto Beneduce e dei dubbi che, già allora, erano sorti nel collaborante circa le ragioni di quella richiesta. È altrettanto vero, però, che nella trascrizione integrale dell’interrogatorio del 2004, manca del tutto il riferimento al racconto di Alesci della fine del febbraio del 2004 e non vi è l’indicazione del medico, cugino di Ugo Manca, come la persona che Beneduce gli aveva proposto di uccidere. Se da un lato non appare ragionevole che un collaboratore di giustizia – ritenuto affidabile dall’autorità giudiziaria titolare dei procedimenti aperti anche sulla base delle sue dichiarazioni – scelga di dichiarare il falso, accusando di crimini efferati due persone (una delle quali ancora in vita), e di mettere così a rischio la sua posizione processuale e giudiziaria, dall’altro è effettivamente poco verosimile che, per compiere un delitto così delicato, venisse richiesta la partecipazione di un personaggio mai prima di allora resosi responsabile di azioni di tal fatta.

L’unica spiegazione, alla quale il collaborante stesso aveva pensato, potrebbe essere data dall’intenzione della famiglia barcellonese di elimi­ nare, poi, l’autore dell’omicidio di Attilio Manca. Campo riferiva inoltre di aver inteso, al momento della richiesta avanzata da Beneduce prima del Natale 2003, che l’omicidio si sarebbe dovuto eseguire a Messina. Sul punto, deve osservarsi che risulta che Attilio Manca sia rimasto diversi giorni nella provincia di Messina per le vacanze di fine anno, tornando a Viterbo solo il 6 gennaio 2004.

Sono però rimaste inspiegate, nonostante l’indicazione fornita dal collaboratore in merito alla esistenza di rapporti personali tra Rosario Alesci e Ugo Manca, le modalità attraverso le quali Alesci, personaggio di rango non altissimo nella gerarchia criminale barcellonese, potesse aver appreso dettagli così importanti sulle ragioni di un omicidio legato alla latitanza del capo incontrastato di cosa nostra. Rimane il dato dell’ennesimo collaboratore di giustizia, ritenuto fino a questo momento affidabile e genuino, che ha ricondotto la morte di Attilio Manca ad un omicidio trattato dalla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto e collegato alle cure mediche necessitate da Bernardo Provenzano. 

 

L'INTERVISTA ALL'ON. STEFANIA ASCARI 

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L'INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA

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LE PRECEDENTI PUNTATE:

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/1

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/2 

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/3

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/4

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/5

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/6

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/7

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/8

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/9

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Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»