La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/36

Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 36^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/36

«Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

Angela Manca, WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

Hanno ammazzato una persona perbene perchè aveva riconosciuto il boss latitante di Cosa nostra. Lo hanno fatto nella totale impunità, grazie alle coperture istituzionali. Le stesse coperture che hanno utilizzato per versare fiumi di sangue. Da Portella della Ginestra (1947) in poi.

- Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

LA MORTE VIOLENTA DI ATTILIO MANCA. La famiglia Manca, come tante altre famiglie italiane, merita uno spazio fisso sugli organi di informazione. Su queste vicende vergognose bisognerebbe aprire una "finestra" fino alla definitiva risoluzione del caso. Noi, insieme a pochi altri, ci siamo. E facciamo nostra la convinzione del poeta Pasolini. Continueremo a battere sempre sullo stesso chiodo. E, sicuramente, non ci fermeranno per stanchezza.

WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

 

- IL MASSACRO MAFIA-STATO: Attilio Manca è stato ucciso per coprire una latitanza

 

9.6 Conclusioni sui contributi dei collaboratori di giustizia

A partire dal 2014 ben cinque collaboratori di giustizia hanno offerto notizie riguardanti circostanze collegate, più o meno direttamente, alla morte di Attilio Manca. Va rilevato al riguardo che si tratta di dichiarazioni provenienti da esponenti mafiosi, alcuni di spicco, uno di essi neanche appartenente a sodalizi criminali siciliani.

Le propalazioni «de audito» di alcuni collaboratori di giustizia (Carmelo D’amico, Giuseppe Campo e Giuseppe Setola) appaiono coinci­denti tra loro limitatamente alla matrice omicidiaria della morte di Attilio Manca e alla provenienza mafiosa barcellonese degli organizzatori del delitto.

Certamente esse non sono del tutto coincidenti, ma il dato potrebbe essere spiegato partendo da quanto rivelato da Carmelo D’Amico, un soggetto ritenuto attendibile e genuino nei diversi processi nei quali ha reso dichiarazioni in qualità di collaboratore di giustizia.

Il predetto ha affermato che l’omicidio di Attilio Manca sarebbe stato il frutto della collaborazione tra la cosca mafiosa barcellonese e soggetti estranei a Cosa nostra che avrebbero provveduto anche all’esecuzione materiale del delitto.

Invero, proprio tale circostanza giustificherebbe la difficoltà da parte degli affiliati di avere notizie in merito all’operazione. Esempi simili, nella storia giudiziaria italiana, ve ne sono diversi, uno su tutti è quello della strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992, in cui morirono Paolo Borsellino e gli uomini e la donna della sua scorta, un delitto che ha visto la collaborazione tra cosche mafiose e soggetti estranei ad esse.

Quanto alla tardività di alcune delle dichiarazioni esaminate, deve rilevarsi come dei due collaboratori che hanno riferito «tardivamente» sulla morte di Attilio Manca, uno (Carmelo D’Amico) ha offerto spiega­zioni convincenti della mancanza di tempestività delle sue rivelazioni sul punto.

 

L'INTERVISTA ALL'ON. STEFANIA ASCARI 

Omicidio Manca: «In questa storia ci sono anche gli apparati deviati dello Stato»

L'INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA

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LE PRECEDENTI PUNTATE:

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IL CASO MANCA, la seconda parte

IL CASO MANCA - Una storia tra mafia e Stato corrotto.

 

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TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»