La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/53

Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 53^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.

La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/53
Il massacro di Attilio Mnaca

«Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

Angela Manca, WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

Hanno ammazzato una persona perbene perchè aveva riconosciuto il boss latitante di Cosa nostra. Lo hanno fatto nella totale impunità, grazie alle coperture istituzionali. Le stesse coperture che hanno utilizzato per versare fiumi di sangue. Da Portella della Ginestra (1947) in poi.

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LA MORTE VIOLENTA DI ATTILIO MANCA. La famiglia Manca, come tante altre famiglie italiane, merita uno spazio fisso sugli organi di informazione. Su queste vicende vergognose bisognerebbe aprire una "finestra" fino alla definitiva risoluzione del caso. Noi, insieme a pochi altri, ci siamo. E facciamo nostra la convinzione del poeta Pasolini. Continueremo a battere sempre sullo stesso chiodo. E, sicuramente, non ci fermeranno per stanchezza.

WordNews.it, 2022 (Per approfondimenti CLICCA sul link a sinistra)

 

- IL MASSACRO MAFIA-STATO: Attilio Manca è stato ucciso per coprire una latitanza

 

11.4 Il Convento di Sant’Antonio da Padova

Ai sopra citati dati vanno aggiunte le risultanze delle attività di indagine condotte sempre dalla 1^ Sezione del I Reparto del R.O.S. dei Carabinieri sulla figura di tale Giuseppe Di Fiore, soprannominato «Ciu­riddu», uomo d’onore e cassiere della famiglia mafiosa di Bagheria e anello di congiunzione tra questa e Bernardo Provenzano.

Alla fine del mese di novembre 2004 si realizzava una serie progressiva di interlocuzioni fra i maggiori esponenti della famiglia mafiosa di Bagheria (tra i quali Onofrio Morreale, Carmelo Bartolone, Salvatore Greco) che venivano seguite da uno spostamento, il 30 del medesimo mese di novembre, di Di Fiore verso la città di Messina come comprovato dalla cella agganciata quel giorno dall’utenza in uso al predetto. I militari del R.O.S. segnalavano poi come la cella comprendesse la zona di viale Regina Margherita, indirizzo di residenza del frate Ferro Salvatore Massimo (e del Convento di Santa Maria del Gesù). Per meglio comprendere le ragione dell’interesse investigativo da attribuire agli spostamenti di Giuseppe Di Fiore verso la città di Messina, appare rilevante riportare uno stralcio della conversazione intercorsa il 14 settembre 2004 fra due capimafia che si erano occupati della latitanza di Provenzano, Nicola Mandalà (indicato di seguito con la lettera N) e Francesco «Ciccio» Pastoia (indicato di seguito con la lettera C).

Que­st’ultimo – come scrivevano gli stessi militari dell’Arma commentando l’intercettazione – faceva espresso riferimento proprio al «Ciuriddu» e dal suo diretto coinvolgimento nella gestione delle comunicazioni scritte in favore di Bernardo Provenzano:
N – no, parrì... già prima... lo zio l’ha detto! ...e tu mi hai detto: «No, non può essere!» ...e io ti ho detto: «Vedi che è come ti dico io!»...

C – lo zio... incompr...

N – comunque... dico... lui che dice sempre che la...

C – ...incompr... e lui che ti ha detto?

N – no... non mi ricordo... ha detto una parola... ha detto una parola... che io ho capito che... gli aveva fatto avere un «pizzino» a... a Gino... non tramite noi! ...e io ti ho detto: «Vedi che gli ha fatto avere un “pizzino”!» ...e tu mi hai detto: «No, hai capito male!» ...e invece avevo capito bene! ...

C – va bè poi io glielo dico allo zio...

N – no, tu glielo devi dire... perché lui dice sempre che la strada che si fa... si deve fare sempre quella! ...

C – va bene...

N – però fa... che quando gli conviene a lui... lo vedi?

C – sì la strada è quella... è quella!

N – ora lui per farci... io te lo dico... io quello che penso io... anche se penso male... che lo zio gli ha voluto fare vedere a Gino... che tramite Onofrio... o... capito? Perché magari dice: «Gli ho voluto levare dalla testa che magari Gino... che siccome si appoggia con te... gli ha voluto fare capire con il paesano tuo è quello... lui deve...» io... io lo comincio a capire a questo cristianu! Omissis

C – se glielo devi dire, glielo devi dire tu... io non glielo dico... io questo gli voglio dire... gli dico: «Vedi che il pizzino glielo ha portato il «ciuriddu»!! a me... io non ho interesse... per tu saperlo perché... domani quello te lo dice a te... che mi ha detto a me... perché io è giusto che telo dico... può essere che si sono visti con lo zio? ...io sono convinto che lui già sa che è a BAGHERIA! ...io non gliel’ho detto mai e neanche... frase incomprensibile... quindi io già sono... sono convinto che Gino sa che lo zio è a Bagheria!

Ultimo dato di interesse, quanto alla inchiesta di questa Commissione, è la accertata presenza a Messina dell’utenza in uso a Giuseppe Di Fiore anche in data 28 aprile 2004, due mesi e mezzo dopo la morte di Attilio Manca.

Sulla scorta dei sopra citati dati, i Carabinieri del R.O.S. di Messina richiedevano all’A.G. di Palermo, nella persona del dott. Michele Presti­pino, di valutare l’opportunità di emettere decreto urgente di intercettazione delle conversazioni telefoniche delle tre utenze in uso a frate Salvatore Massimo Ferro (due utenze fisse intestate una al Convento Sant’Antonio da Padova di Barcellona Pozzo di Gotto e l’altra al Convento Santa Maria degli Angeli di Messina; una utenza mobile intestata allo stesso Ferro).

Il 17giugno 2005 avevano inizio le operazioni di intercettazione, che si concludevano, per le due utenze fisse, il 13 luglio 2005, dopo neanche un mese,«in esecuzione del decreto di Revoca nr. 1537/05 emesso in data 11.07.2005 da Codesta A.G.».

Il 27 luglio successivo era la volta della cessazione delle intercettazioni anche sull’ultima utenza, quella mobile intestata a frate Ferro, «non essendo emersi, nel corso dei 40 gg previsti, elementi utili alle indagini... questo Comando non riteneva indispensabile richiederne la proroga delle operazioni». Pur nel doveroso rispetto della norma che tutela l’identità delle fonti, non può sottacersi la necessità di accertamenti che ne inquadrino la coltivazione, soprattutto nei casi di informazioni di estrema importanza o di impatto investigativo strategico. In particolare, in merito alla notizia della presenza del Provenzano nel citato luogo religioso, sarebbe stato opportuno acquisire la «Relazione di Servizio» attinente il debriefing della fonte.

L’escussione del gestore della fonte poi, avrebbe potuto fornire notizie importanti sulla sua coltivazione. In assenza della Relazione di debriefing, soprattutto per notizia di tale importanza e che diede vita a specifica attività investigativa, sarebbe stato opportuno escutere il Comandante del Reparto per individuare il gestoredella fonte.

Infine sarebbe stato altresì importante stabilire se solo un gestore aveva avuto accesso alla fonte e, in ogni caso, acquisire tutta la produzione informativa della stessa. Appare, poi, non di secondario rilievo la circostanza segnalata dai genitori di Attilio Manca in un esposto del giugno 2007, per la quale presso il Convento di Sant’Antonio da Padova di Barcellona, si era verificato nella seconda metà del 2005 un repentino, ed apparentemente inspiegabile, trasferimento di tutti i frati residenti in quel momento nella struttura.

Si tratta, invero, di un fatto in relazione al quale sembrerebbe necessario operare approfondimenti, interloquendo con l’Arciprete di Mes­sina per acquisire i dati dei trasferimenti dei religiosi negli anni 2004 e 2005.

Tornando al servizio di osservazione dei due Conventi frequentati da frate Salvatore Massimo Ferro, i Carabinieri del R.O.S. di Messina segna­lavano la presenza di veicoli intestati ad alcuni individui i cui cognomi richiamano soggetti di interesse investigativo riguardanti l’ambiente crimi­nale barcellonese.

Appare infine utile segnalare un dato di possibile interesse investiga­tivo che non si è potuto sviluppare completamente.

A seguito di un esposto presentato alla procura della repubblica di Messina dal difen­sore della famiglia Manca con il quale si rappresentava come la morte del medico fosse inserita nell'ambito di un contesto mafioso e si ipotizzavala sussistenza di una compagine associativa ex artt. 416-bis c.p. e 74 d.p.r.309/90, veniva aperto un procedimento nei confronti di Ugo Manca, Angelo Porcino e Lorenzo Mondello. Dall’analisi dei tabulati telefonici acquisiti nell’ambito del suddetto procedimento, così come elaborati dal consulente dell' ufficio del pubblico ministero, si evidenziavano due celle telefo­niche di potenziale interesse per via della loro localizzazione: «Barcellona, S. Antonio Vico Sesto Medi» e «Barcellona, Vico Sesto Medici 22», celle che verosimilmente coprivano la stessa zona, all' interno della quale deve ritenersi vi fosse il Convento di Sant’Antonio da Padova.

Per avere certezze su questo dato, però, sarebbe stato necessario espletare, interes­sando le rispettive compagnie telefoniche, la perimetrazione delle celle sopraindicate.

Dall’elaborazione dei tabulati acquisiti nell’ambito del procedimento n.6458/11 sono emersi contatti tra le utenze di alcuni dei soggetti coinvolti nelle indagini sulla morte di Attilio Manca, nella diversa veste di indagati o di persone informate sui fatti, e di soggetti sconosciuti, i cui apparecchi cellulari agganciavano le citate celle di «Barcellona, S. AntonioVico Sesto Medi» o «Barcellona, Vico Sesto Medici 22». Di seguito si riportano alcuni esempi dei dati di traffico telefonico di cui sopra: Di Manca Ugo, Manca Francesca e Ginebri Guido si è già scritto diffusamente nei capitoli precedenti. Fugazzotto Nunzio è fratello di Fugazzotto Salvatore, di cui si è anche scritto in precedenza. Barresi Carmelino è lo stesso soggetto identificato nella riunione conviviale tenuta nei locali dell’azienda «Salamita» di cui si è trattato nel precedente capitolo. Una delle due utenze di Mondello Lorenzo, indagato nell’inchiesta sulla morte di Attilio Manca, nonostante avesse un traffico telefonico
mobile molto ridotto, agganciava spesso la cella telefonica «Vico Sesto Medici 22».

I sopra riportati contatti telefonici sono soltanto alcuni esempi, quelli che appaiono più di interesse: Mondello Benedetto, Barresi Carme­lino, Manca Ugo, Cattafi Rosario, l’onorevole Giorgio Merlo; «Pr. Cons. Mi.», sigla che sta a significare «Presidenza del Consiglio dei Ministri» e con la quale Mondello ebbe quell’unico contatto, sono tutti soggetti su cui si è già precedentemente scritto.

 

L'INTERVISTA ALL'ON. STEFANIA ASCARI 

Omicidio Manca: «In questa storia ci sono anche gli apparati deviati dello Stato»

L'INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA

- CASO MANCA. Ingroia: «L'Antimafia ha fotografato i fatti acclarati: un omicidio di mafia e di Stato»

 

 

LE PRECEDENTI PUNTATE:

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/1

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/2 

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/3

- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/4

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- La morte violenta per proteggere la Trattativa Stato-mafia/6

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Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia

- Senso di rabbia ed indignazione

IL MASSACRO MAFIA-STATO: Attilio Manca è stato ucciso per coprire una latitanza

 

 

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«Il gelataio Baiardo è il messaggero dei Graviano»

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Matteo Messina Denaro, parla Sonia Alfano: «La politica si occupi seriamente di lotta alla mafia»

Dopo l'arresto di Messina Denaro: «Faccia i nomi delle coperture politiche ed istituzionali che hanno garantito la sua latitanza»

ANTEPRIMA/1. Le parole della signora Manca (madre di Attilio): «Mio figlio non voleva diventare il medico della mafia. Si è rifiutato ed è stato ammazzato.»

 

IL CASO MANCA: vergogna di Stato

LA SECONDA PARTE (Video) IL CASO MANCA. Un Paese immerso nelle Trattative

- IL CASO MANCA, la seconda parte

Borsellino sul caso Manca: «Gli stessi assassini di mio fratello Paolo»

IL CASO MANCA, la seconda parte

IL CASO MANCA - Una storia tra mafia e Stato corrotto.

 

LA PRIMA PARTE (Video) Attilio Manca è Stato ucciso

- IL CASO MANCA. Le novità che potrebbero riaprire il caso

Morte di Attilio Manca, arriva l’assoluzione per Monica Mileti

Omicidio Attilio Manca: un pezzo di Trattativa Stato-mafia

Il massacro di Attilio Manca: la relazione (di maggioranza) sulla morte dell'urologo siciliano

Attilio Manca: la Relazione sulla sua morte

- Il massacro di Attilio Manca. Chi è Stato?

Attilio Manca suicidato per salvare Bernardo Provenzano

CASO ATTILIO MANCA: parla il collega Simone Maurelli

E se Attilio (Manca) fosse tuo fratello?

Caso Manca: i pentiti parlano, lo Stato tace. Intervista alla madre Angela

Attilio Manca: da chi è Stato "suicidato"?

 

- Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»

 

C'è un patto tra Stato e mafia? Per l'On. Aiello: «Non si vogliono guastare gli equilibri»

Cimarosa: «I figli non possono pagare gli errori dei padri»

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La sagra dell'ipocrisia

 

- A cosa serve commemorare?

30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia

Un Paese al contrario

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino «L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»